Tutti contro Carnevale
Tutti contro Carnevale Tutti contro Carnevale Dopo la sentenza sui catanesi «Solo per lui la mafia non esiste» TORINO. Corrado Carnevale «nemico dello Stato», «imperatore dei cavilli». Il presidente della prima sezione penale della Cassazione «ne ha fatta un'altra, troppo grossa». Sono indignate, a Torino e a Roma, le reazioni alla sentenza che l'altro ieri ha quasi annullato il giudizio della corte d'assise d'appello torinese sul «clan dei catanesi». Sessantuno omicidi e 8 morti ammazzati tra i parenti dei pentiti, 4 sequestri di persona, traffico di eroina e cocaina, riciclaggio, racket delle estorsioni: non basta questa «antologia criminale» per affermare l'esistenza di un'organizzazione mafiosa? Indignati e sconcertati i giudici, scandalizzati i politici. Il procuratore aggiunto della Repubblica Marcello Maddalena, nel pool antimafia a Torino, commenta che «una volta tanto» è d'accordo con il ministro della Giustizia Martelli: «Bisognerà rivalutare la legittima difesa privata». E Luciano Violante, vicepresidente dei deputati del pds, a', ministro scrive una lettera aperta: «Lei conosce gli errori più gravi della prima sezione penale di Cassazione e del suo presidente. Ma nessuna iniziativa è mai stata assunta nei confronti di Corrado Carnevale. Che cosa rende intangibile questo potente magistrato? Se questa scandalosa situazione permane, la stessa procura nazionale antimafia rischia di diventare puro strumento propagandistico e di potere». Caro Martelli, conclude Violante, «la sua inerzia non ha giustificazioni»: «Lei rischia di diventare politicamente responsabile della crescente impunità della mafia». Sul fronte politico si muove anche Luigi Preti, presidente del consiglio nazionale psdi. La sentenza della Cassazione, dichiara, «è una vera e propria irrisione che umilia governo e cittadini onesti»: «Uno Stato che non riesca a mettere da parte certi magistrati che operano contro di esso è destinato a cadere, a lasciar posto all'anarchia». Per Martelli, ieri, ha risposto l'ufficio stampa del ministero. Il ministro della Giustizia, è scritto in una nota, si riserva valutazioni e iniziative. Prima vuol leggere le motivazioni della sentenza, e lo farà appena sarà depositata. Quelle motivazioni, è vero, ancora nessuno le conosce. Lo sottolineano anche i giudici torinesi, protagonisti degli anni dello «strapotere catanese». Ma al convegno nazionale «Criminalità organizzata e superprocure», che in questi giorni affolla di toghe illustri Palazzo Lascaris, sede della Regione Piemonte, si apre una breccia persino nella riservatezza di Francesco Marzachì, procuratore aggiunto della Repubblica e presidente dell'Associazione magistrati: «Un saggio re di Napoli - dice Marzachì - si affrettò a ridurre i balzelli quando seppe che, dopo l'ultimo aumento, il popolo non protestava più ma rideva. Di fronte alla sentenza di Carnevale non resta che ridere, ridere a crepapelle». E il procuratore generale della corte d'appello Silvio Pieri commenta: «Come si fa a mettere in dubbio lo stampo mafioso dell'organizzazione catanese? Si va davanti a un notaio per costituire una banda mafiosa? Da quel che sappiamo, c'è da rimanere senza parole». A Palazzo Lascaris, Magistratura democratica distribuisce da ieri un comunicato: «Vent'anni fa i processi di mafia non si iniziavano, ma il quadro è cambiato. E' rimasta soltanto la Cassazione di Carnevale a dirci che la mafia non esiste. Noi non ci riconosciamo in questa immagine di magistratura. Non è solo un confronto giurisprudenziale, è diversità culturale: che oggi rivendichiamo e affermiamo». E alle cinque di ieri pomeriggio, quando arriva da Milano la notizia dell'ergastolo confermato al mandante dell'omicidio Caccia, procuratore ucciso a Torino nelì'83, qualcuno al tavolone del convegno sorride. Francesco Saluzzo, pm, ricorda che l'uccisione di Bruno Caccia fu un'intimidazione mafiosa allo Stato. Poi si fa interprete d'un sentimento diffuso: «Stesse fonti di prova, a Milano e per Carnevale. Oggi abbiamo una valutazione giusta, all'indomani di quell'altra, esilarante». Qualcuno ironizza: per Caccia, bisogna comunque aspettare la Cassazione. Eva Ferrera
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