Schnitzler, dongiovanni in bicicletta di Anacleto Verrecchia

Schnitzler, dongiovanni in bicicletta La sorprendente vita del drammaturgo nei diari usciti a Vienna: da playboy a marito borghese Schnitzler, dongiovanni in bicicletta Ma la «fatale» Lou Salomé non riuscì mai a conquistarlo AVIENNA RTHUR Schnitzler aveva un volto bellissimo, da Cappella Sistina, e non fa meraviglia che le donne impazzissero per lui. Per contare le sue amanti ci vorrebbe almeno il pallottoliere. Nuotava, come già Byron a Venezia, «in un mare di puttane». Come facesse a tenerle a bada e a impedire che si sbranassero per la gelosia resta un mistero. E non si capisce neppure come egli, in mezzo a quel traffico erotico o sessuale, trovasse il tempo per scrivere. Era un insaziabile predone di alcove e passava da una donna all'altra con la stessa rapidità con cui il bombo passa da questo a quel fiore per succhiarne il nettare. Lo si può leggere nel secondo volume dei suoi diari, che abbraccia gli anni dal 1879 al 1892. Per non perdere tempo, il prode Schnitzler si era comperato perfino uria bicicletta, con la quale, sempre in vista di qualche sottana, attraversava Vienna da un capo all'altro, senza curar-' si della pioggia o del freddo, della notte o del giorno. Così divenne un campione, se non proprio della maglia gialla, quanto meno della sottana. A un certo punto, però, la bicicletta gli si sgonfiò. Meglio ancora: gliela sgonfiò la moglie. Il 26 agosto del 1903, Schnitzler, che fino a quel momento aveva recalcitrato dinanzi all'altare come il toro dinanzi all'ara sacrificale, sposò l'attrice e cantante Olga Gussmann, dalla quale aveva avuto un figlio. E siccome nessuno è mai riuscito a mettere in versi il matrimonio, ecco che anche Schnitzler perde in qualche misura il suo estro e da quel simpatico scavezzacollo che era diventa un rispettabilissimo borghese. Lo dimostra il terzo volume dei suoi diari, Tagebuch 1903-1908, Verlag der Oesterreichischen Akademie der Wissenschaften, uscito ora a Vienna. Per ironia della sorte, il matrimonio fu celebrato in una via di Vienna intitolata al filosofo secondo il quale sposarsi significa dividere i propri diritti e moltiplicare i propri doveri: nella Schopenhauergasse. E gli auspici non furono buoni. Il giorno prima, infatti, Schnitzler parla di Stimmung avversa. La mattina della cerimonia si sveglia addirittura con le paturnie e scrive di aver sognato che Olga lo tradirà o che l'ha già fatto. E subito cominciano i litigi. Lei, che ha vent'anni meno del marito, non vuole vivere alla sua ombra, ma fare una carriera propria come cantante e attrice. • . Il divorzio da Olga Di qui liti a non finire. Ancora oggi, a Vienna, la dama di solito non lavora: è l'eredità della feudale e patriarcale monarchia asburgica. Oltre i litigi coniugali, il diario registra continue preoccupazioni finanziarie. Tra una «violenta» discussione e l'altra, spesso il drammaturgo sbuffa: «No, così non va». Il 17 gennaio 1904 si comperò un «motocycle»: voleva forse tagliare la corda? Dovette invece restare e per diversi anni: divorziò da Olga solo il 26 giugno del 1921. Nel frattempo era nata la figlia Lili, che sposerà l'ufficiale della milizia fascista Arnoldo Cappellini e che morirà suicida a Venezia il 26 luglio del 1928. Questo suicidio, che fu un colpo mortale anche per Schnitzler, è rimasto sempre inspiegato, per quanto nulla sia così vicino all'animo viennese come l'idea della morte, volontaria o non volontaria. Il «motocycle», a quanto pare, non piaceva molto a Schnitzler, perché dice che non si arrischiava a mettercisi sopra. Preferiva la sua amata biciclet¬ ta, che faceva riparare regolarmente. Per il viaggio in Italia nel maggio del 1904, invece, si direbbe che abbia usato le ali. Si limita appena appena a registrare i nomi delle cose che vede e degli alberghi in cui pernotta. Qualche esempio: «Roma. Forum. Colosseo. Vincoli. Ristorante Umberto. Terme di Caracalla. Piramide di Cestio. Resto di colonne». Oppure: «Roma. Pantheon. Vaticano (statua). Lunch nel Grand Hotel». Poi in Sicilia: «A Monreale con Olga e il. dr. T.». O ancora: «Taormina. Teatro greco». Che è poi un teatro romano. Mai un commento o un'impressione personale. Da questo punto di vista Schnitzler rientra in quella grande schiera di turisti transalpini, che scendono in Italia con la pretesa d'impartire lezioni di estetica, ma poi si rivelano insensibili dinanzi a un tempio o a un ponte romano. Solo Pompei riesce a strappargli quasi un grido di meraviglia: «Enorme impressione». A Palermo, anziché descrivere l'incomparabile bellezza della Conca d'Oro, come ci si aspetterebbe da un artista, preferisce annotare quello che ha sognato la notte. Si era acquartierato nell'«Hotel des Palmes», lo stesso in cui, nel gennaio del1882, Wagner aveva terminato la partitura del Parfìsal. La città gaudente L'orizzonte culturale di Schnitzler, che passò dalla pratica medica al palcoscenico, non andava oltre le colline del bosco viennese, anche se il drammaturgo strizzava spesso l'occhio a Parigi. In questi diari non ci sono tracce di vaste letture, specialmente per quel che riguarda gli antichi: Qui abbiamo solo uno specchio della Vienna a cavallo dei due secoli, nello stesso tempo gaudente e malinconica. Come sempre, del resto. Strano che Lou Salomé, la Ninfa egeria o la Menade, come altri preferiscono chiamarla, che fece girare la testa a quasi tutto il mondo letterario dell'epoca, non sia riuscita ad aggiogare al suo carro anche Schnitzler. Questi, in una nota dell'11 maggio 1895, scrisse: «Lou diventa un po' femmina». Ma si vede che non lo diventò abbastanza, almeno per lui, perché in questo volume il nome di Lou viene registrato una sola volta, e senza alcun interesse. La cosa si spiega forse con il fatto che la Salomé fece presa soprattutto sui caratteri deboli, mentre dovette sempre battere in ritirata dinanzi a quelli forti, per esempio Tolstoj, Wagner e, a modo suo, anche Schnitzler. Più che un testimone della sua epoca, il drammaturgo, in questi diari, si rivela un eccellente cronista della vita viennese, che descrive con annotazioni telegrafiche ma molto efficaci. E' anche bello seguirlo nelle sue continue passeggiate nei dintorni della città. Parla continuamente di «spazieren». A piedi, questa volta. E la bicicletta? Non si sarà sicuramente arrugginita: ora che era sposato, essa gli sarà stata più che mai utile per qualche fulminea «puntata» e per non soffocare sotto il velo nuziale. I nomi di donne abbondano anche in questo volume, anche se egli ha dovuto smettere la casacca del diavolo per indossare la cravatta del marito. L'ultima annotazione dice: «Il 28 c'è stato l'immane terremoto di Messina». Così la notizia di quel disastro, nel dicembre 1908, fece uscire improvvisamente Schnitzler dall'orizzonte viennese e lo riportò con la mente, e forse anche il cuore, in Sicilia. Anacleto Verrecchia Liti coniugali e preoccupazioni finanziarie Il suicidio della figlia Lili Il ritratto della sua Vienna Schnitzler con la famiglia. A destra: Lili, la figlia suicida