Sul Moby bomba da terroristi di Renato Rizzo

Sul Moby bomba da terroristi Trovate tracce di Semtex, esplosivo che firmò molte stragi Sul Moby bomba da terroristi «Forse un patto criminalità-eversione» E il giudice ordina una nuova perizia LIVORNO DAL NOSTRO INVIATO Sulla tragedia del Moby Prince s'allunga, in queste ore, un'ombra terribile. E' un'ombra che aleggia su tutto l'intrico di «certezze quasi certe» e di «prove» quasi provate. E le schiaccia di nuove paure e le carica di nuove domande. Quest'ombra ha un nome: Semtex. Due sillabe che evocano altre immagini di disastri e di morte e inseriscono nell'inchiesta sul traghetto bruciato una parola sinora soltanto sussurrata: terrorismo. Il Semtex è il micidiale esplosivo che ha «firmato», tra l'altro, in Italia, l'attentato al rapido 904 fatto deragliare in galleria il 23 dicembre dell'84 tra Firenze e Bologna, nel quale rimasero uccise sedici persone e 264 furono ferite. Ora questo stesso composto di origine cecoslovacca figura fra le tracce di esplosivo rilevate sul Moby Prince dagli esperti della Criminalpol. «E' una scoperta - dice Luigi Di Franco, il giudice che dirige le indagini sul rogo del Moby - che disegna, oggi, uno scenario più inquietante: ci troviamo di fronte ad un atto nel quale sono stati utilizzati strumenti più sofisticati di quanto potessimo pensare». E' teso, il magistrato: «La pista politica, mai del tutto scartata, prende ora più fiato» e incomincia ad addentrarsi «in quella commistione tra terrorismo e criminalità organizzata» che, non solo nel nostro Paese, ha scritto pagine angoscianti. «Non documenterò su questi episodi e cercherò, attraverso nuove consulenze e prove sperimentali, di cogliere eventuali rapporti e somiglianze con altri attentati». Ma, fin d'ora, Di Franco ammette che «anche se il terrorismo è in buona parte finito ha lasciato alle sue spalle una serie di cani sciolti». Poi dà un colpo di freno: «E' notorio che esiste una galassia di organizzazioni terroristiche le cui radici possono essere anche fuori d'Italia, ma è prematuro immaginare cose di questo genere dietro la vicenda del Moby Prince: non è, poi, così difficile trovare il Semtex nel nostro Paese, anche se il suo commercio è, ovviamente, illegale». La sigla inquietante di questo esplosivo che,-dal 1975, è stata la firma del partito del terrore in uno stillicidio di attentati, compare a pagina 30 della perizia redatta dal dirigente della sezione esplosivistica della Criminalpol, Alessandro Massari: nell'elenco dei sette componenti della carica piazzata sul Moby spiccano, accanto a gelatine dinamiti «ad uso civile», la pentrite ed il P4 che, miscelati, danno origine a questo composto «presente soprattutto in esplosivi militari e plastici da demolizione». Un cocktail di elementi che, secondo il generale Ignazio Spampinato, che ha curato la perizia proprio nell'indagine sull'attentato al rapido 904, non è casuale: «Chi compie un atto del genere sa perfettamente che, mescolando certi prodotti, renderà più difficile l'analisi da parte degli inve- stigatori». Ma le tracce di Semtex non sono un punto di arrivo delle indagini: costituiscono solo un nuovo interrogativo. E' difficile collegare l'esplosione alla rotta impazzita del Moby Prince e alla sua collisione con la petroliera Agip-Abruzzo. Pur non trascurando un particolare «nuovo ed importante» che richiama «azioni terroristiche», il legale del sindacato marittimi e di alcuni famigliari delle vittime, Alfredo Galasso, sostiene: «La tragedia nasce dalla concomitanza di vari fattori e di varie responsabilità. Non ci si può dimenticare, ad esempio che, quella sera, la capitaneria di porto di Livorno era presidiata da una povera recluta. Il che significa che era efficiente come la portineria di un palazzo di domenica». Poi, con la consulenza del comandante Enrico Petagna, perito navale, Galasso ribadisce che il traghetto prima di andare incontro alla morte ha avuto sicuramente un'avaria causata da un guasto all'impianto elettrico: «In base ai nostri accertamenti il Moby si è trovato di fronte ad un evento improvviso quando, ormai, era a meno di un chilometro dall'Agip-Abruzzo. Il comandante ha virato d'una trentina di gradi, poi ha tentato di rimettere la nave in rotta, ma il timone non ha risposto». L'«evento improvviso» potrebbe essere stato lo scoppio di una bomba che ha seminato il panico in plancia? «Difficile ipotizzarlo, anche perché il luogo dell'esplosione non è direttamente in corrispondenza della zona comando. Pensiamo, piuttosto, ad un natante troppo vicino perché il radar del traghetto riuscisse ad inquadrarlo». C'è chi, in queste ore, ha avanzato il sospetto che il misterioso ostacolo potesse essere un sottomarino. «Fantasie», risponde il comandante Petagna. Ed ecco l'avvocato Galasso, coadiuvato dal collega Bruno Neri, tornare sul tema delle responsabilità: «Qualunque sia stata la causa di questa tragedia, sarebbe colpevole non ricordare che quella sera, a bordo del Moby c'era, sì, un capitano esperto, ma anche marinai incapaci di governare un'emergenza. E che dire del comandante dell'Agip-Abruzzo che ha concentrato sulla propria nave tutti i soccorsi pur rendendosi conto di non essere stato speronato da una barchetta? Lui parlava alla radio e, intanto, sul traghetto la gente moriva». Renato Rizzo I famigliari delle vittime accusano Navarma e soccorsi Sulla banchina del porto di Livorno lo sconforto e il dolore dei parenti delle vittime bruciate sul traghetto Moby Prince poco dopo lo scontro con la petroliera dell'Agip Abruzzo

Persone citate: Alessandro Massari, Alfredo Galasso, Bruno Neri, Enrico Petagna, Galasso, Ignazio Spampinato, Luigi Di Franco

Luoghi citati: Abruzzo, Bologna, Firenze, Italia, Livorno