«Lo Stato non c'è, spariamo noi»

«Lo Stato non c'è, spariamo noi» «Lo Stato non c'è, spariamo noi» In rivolta gli amministratori: dobbiamo armarci MESSINA. A Tortorici la sera, dopo le 20, lo Stato lascia le chiavi alla mafia. Nel paesino messinese, terra di pastori dal doppio cognome falso-nobiliare, sono soltanto 4 i poliziotti impegnati nel servizio d'ordine, «meno delle lettere che servono per scrivere la parola Stato», commenta un giovane. Eppure qui la mafia è di casa. E' da Tortorici che i clan catanesi e messinesi attingono per rinforzare i gruppi di fuoco. E' da qui che alla volta di Capo d'Orlando e S. Agata di Militello sono partiti i BontempoScavo, e i Galati-Giordano, le due famiglie mafiose rivali che hanno però interessi criminali in comune: le estorsioni. Ieri la prima bordata polemica arriva dall'amministratore di uno dei due paesi, Antonio Barbagianni, de, consigliere comunale di Tortorici: «Lo Stato, la polizia - commenta dopo l'attentato - qui esistono solo sulla carta. Il commissariato non può essere una bottega che apre e chiude a una certa ora. I mafiosi vanno tenuti sempre sotto controllo. Per questo la gente ha sfiducia. Va a finire che dobbiamo difenderci da soli. Se loro usano le ar- mi anche noi dobbiamo usarle. O ci difendete o ci date l'autorizzazione a sparare». La maggioranza dei cittadini ritiene debole la risposta delle istituzioni al dilagare della criminalità. Si fa sempre più strada il clima da Far West. Il sindaco di Tortorici, Sebastiano Lupica, 60 anni, confessa: «Ho paura per me e per la mia famiglia. Vado in giro da solo e senza scorta. Ho soltanto un'assicurazione sulla vita e per precauzione ho fatto inserire la clausola "per morte violenta". Allo Stato chiediamo molto di più, per quel che ci riguarda abbiamo messo a disposizione i locali per ospitare il presidio di polizia ma non hanno saputo fare altro che metterci una targhetta». Nei due Comuni colpiti dalla mafia è attesa da un momento all'altro la visita del ministro Scotti. «Vogliamo capire - si chiede Giuseppe Franchina della de di Tortorici - che Stato è quello che non sa difendere se stesso». Ieri il consiglio provinciale di Messina ha approvato uno stanziamento di 200 milioni in favore dei commercianti vittime degli ultimi attentati. Un segnale positivo per incoraggiare i ne- gozianti in guerra col racket. Infuocate le dichiarazioni del vice presidente della commissione regionale antimafia, Giuseppina Zacco La Torre: «Di fronte ad un governo regionale inesistente e ad un Parlamento ridotto ad una Piazza Affari, mezza Sicilia si trova sotto l'attacco delle cosche del racket». «Gli ultimi attentati - continua Giuseppina Zacco La Torre sono di una gravità inaudita. Quello che la mafia ha speri- mentato per Libero Grassi oggi intende farlo, e su larga scala, in quella parte di terra siciliana dove più forte è la risposta organizzata e civile della società». Per Tano Grasso, uomo-simbolo della lotta antiracket, la credibilità dello Stato si gioca su fatti come questi. «Se lo Stato spiega Grasso - riesce a difendere i commercianti e le persone in prima linea contro la mafia allora è uno Stato credibile. Cosa dobbiamo aspettarci ancora? Non lo so, certo è che questa spirale deve essere interrotta al più presto. Che la strada fosse in salita lo avevo ripetuto più volte». Non è certo una coincidenza che l'attentato contro il commerciante di S. Agata di Militello preceda di poche settimane il processo contro uno dei clan estorsori della zona, quello dei Maretta. Come nel processo di Patti, anche in questo caso i commercianti si sono costituiti parte civile, Per il de Giuseppe Campione, ex presidente della commissione antimafia regionale «questa è una risposta violenta delle famiglie mafiose alla volontà di liberazione degli operatori e dei cittadini». [n. s.J I negozio di S. Agata, sventrato

Luoghi citati: Messina, Patti, Sicilia, Tortorici