L'alfabeto di Carla di Angelo Dragone

L'alfabeto di Carla Dipinti acrilici della siciliana Accardi alla «Rocca» L'alfabeto di Carla Alcune opere in sicofoil dell'artista sono anche nel Museo di Rivoli Nella Saletta Rossa, invece, una mostra delle tempere di Garimoldi Il nome di Carla Accardi (Trapani 1924) da oltre trént'anni è diventato quasi «di casa» a Torino dove l'artista è spesso tornata con mostre personali o partecipe di importanti esposizioni, nell'area d'una certa avanguardia segnica cui i suggestivi suoi alfabeti hanno conferito impulsi inconfondibili. Ultimamente lo si è fatto anche al Castello di Rivoli il cui Museo s'è arricchito d'una serie di sue opere in «sicofoil», alle quali possono riallacciarsi i due pezzi del 1960 che alla galleria «Rocca 6» (via della Rocca 22, fino al 18 aprile) s'accompagnano ad altri dodici, recenti: il più ampio gruppo del 1990, da «Colore Beffardo e violetto», a «Rossonero» del '91. Definita da Gillo Dorfles come «una delle più coerenti manipolatrici di personali alfabeti», Carla Accardi - giunta a Roma poco dopo la metà degli Anni 40, fece parte del gruppo «Forma»: con Consagra, Attardi e Sanfilippo (da lei sposato nel '49), Turcato, Guerrini, Perilli e Dorazio. A distinguerla fu subito quella indecifrabile scrittura che s'era come «tolta dalle viscere, dal subconscio». Erano tracciati irregolari, intrecci, dapprima in un bianco e nero che alle composizioni dava, quasi, il senso di un ineluttabile rigore, mentre vi si poteva cogliere l'eco puntuale del gesto, più tardi associato dall'artista a dei colori preventiva¬ mente decisi. Non era, il suo, come il segno costruito d'un Capogrossi. Ma in quello straordinario groviglio segnico era invece faci le intendere l'annidarsi di un'energia segreta: messaggio ogni volta calibrato rispetto alla superficie che poteva esser quella d'un muro, d'una tela o d'una tenda in materiale trasparente: perché la persona stessa potesse farsene avvolgere. Scrisse più tardi l'Accardi: «Avere coscienza di dove provenivo, mi ha portato alla libertà di tirar fuori motivi ancestrali delle prime culture dell'umanità... Ho creato un alfabeto con tutti segni inventati da me, presi come da un inventario di mezzi di cui ero padrona. I rossi e i viola potevano avere effetti di provocazione ottica. Identificabili certe linee di forza, ma è soprattutto nella clonazione segnica che venne a svilupparsi, anche nel colore, una vera e propria pittura ambientale, ricca d'ogni segreta suggestione. Le «tempere su carta graffiata» esposte da Giuseppe Garimoldi, alla Saletta Rossa (corso Valdocco 4, fino al 29 febbraio) son quasi tutte dell'anno scorso. Riprendono le precedenti strutture segniche con tratti di estrema finezza e complesse imprimiture cromatiche: «corpi operati» (per dirla con Pino Mantovani), dove oggi s'aprono misteriosi boccascena, finestre, itinerari: arcani percorsi della mente, tra labirinti, faggeti e giardini di struggenti bellezze. Angelo Dragone «Bianconero» è il titolo del vinilico su tela eseguito dalla Accardi (datato 1991)

Luoghi citati: Rivoli, Roma, Torino