Anche Dio deve cambiare di Ferdinando Camon

Anche Dio deve cambiare Il Papa e la schiavitù Anche Dio deve cambiare LA carica emozionale più forte, che basta da sola a stabilire la grandezza dell'uomo, nel viaggio Iche se concluso ieri, Giovanni Paolo II l'ha trasmessa dalla Casa degli Schiavi, chiedendo perdono agli africani in nome degli europei. Siamo nel 1992, mezzo millennio dopo la scoperta dell'America. Si tenta così una chiusura di quella incomprensione dell'Altro (il non-bianco, il non-cristiano), che con la scoperta dell'America si era spalancata. Il Papa ha paragonato la tratta dei negri allo Sterminio. In realtà la tratta fu cattura e deportazione, verso lavoro coatto, di forza umana servile, il cui valore non doveva mai superare il costo del mantenimento, essendo in tal caso più conveniente la soppressione. Lo Sterminio fu qualcosa di più, perché nella deportazione ai Lager erano comprese altre due finalità (l'afflizione e l'eliminazione della razza) che nello schiavismo restavano estranee, in quanto antieconomiche. Per il resto, l'opera di sottomissione e di sfruttamento del bianco-cristiano sui negri li idii i e sugli indiani si tradusse in un genocidio ancora più perfetto e completo di quello ebraico. Ma sottomissione degli indiani, tratta dei negri ed eliminazione degli ebrei restano tre nodi intrecciati sullo stesso filo, la cacciata dell'altro fuori di noi, dal nostro interno, e l'espansione dell'Io (europeo, cristiano) nel territorio dell'Altro, quindi una ulteriore riduzione dell'altro dalla faccia della Terra. Clb d Colombo vedeva gli indiani come una pagina bianca, nella quale riteneva suo compito scrivere la parola del Vangelo; gli indiani, come tutti gli uomini della Terra non ancora raggiunti dalla civiltà europea, gli apparivano «naturalmente» disposti alla conversione, imponendogli questo destino si realizzava il bene di cui avevano assoluto bisogno, a cui senza saperlo tendevano. Se resistevano e combattevano contro di noi vuol dire che non tanto volevano il nostro male quanto il loro proprio: potevano allora venir puniti, mutilati, fucilati o bruciati in quanto ogni punizione era un male molto minore della loro irriducibilità. Chi recalcitrava alla conversione cessava di essere uomo, retrocedeva allo stadio di oggetto vivente. Gli indiani avevano dunque questa scelta: o diventavano cristiani, o diventavano schiavi. Il 1492, presentato nelle scuole come lo spalancamene della storia sulla totalità del mondo, perché aveva messo l'europeo a contatto delle ultime razze sconosciute, in realtà non ha introdotto l'«altro» ma 10 ha annullato per sempre: l'Europa occidentale cristiana si è mostrata incapace di qualsiasi rapporto con l'altro che non fosse la sua assimilazione o h sua distruzione. L'altro deve diventare Io o sparire. E' impossibile non seguire in questa lettura Tzvetan Todorov, con qualche inevitabile ma parziale dissenso: secondo Todorov, conquistando il Nuovo Mondo 11 Cristianesimo introduceva l'alterità nel proprio corpo, perché Todorov legge la con¬ quista come una venuta (dell'altro in noi) e non come un arrivo (dell'Io nell'altro). La sua lettura va oggi portata più avanti: è certamente vero che la concezione religiosa cristiana ha una parte fondamentale nella riuscita della conquista, che fu un trionfo di pochissimi su tanti, perché il Dio cristiano non può conoscere altra fine alle sue lotte se non la totale vittoria: «Il Dio cristiano non è un'incarnazione che possa aggiungersi alle altre: esso è uno, in modo esclusivo e intollerante, e non lascia alcuno spazio agli altri dèi. Questa convinzione contribuisce notevolmente alla vittoria degli spagnoli: l'intransigenza ha sempre battuto la tolleranza». Sembra una conclusione, ma è soltanto una premessa. Anche gli ebrei, dopo lo Sterminio, si sono interrogati sulla loro religione e il loro Dio, che nella più totale indifferenza li ha accompagnati a morire di Sevizie a milioni. Se questo ha potuto accadere, si sono chiesti gli ebrei (Hans Jonas per tutti), allora bisogna ridomandarsi se è davvero onnipotente, onnisciente e buono: una di queste no: una di queste qualità deve mancare, altrimenti l'Olocausto non si spiega. Un Dio onnipotente è accettabile solo se non sa, o se è malvagio. Ma questo contraddice la sua natura. Allo¬ ra o non sa o non .può; Ma la conòr scenza fa parte della sua essenza. Resta l'ulti¬ ma ipotesi: non è' onnipotente. Fa quel che può, se il male è sterminato non riesce a contenerlo: l'Olocausto oltrepassa la sua forza, misura il Q Di i suo limite. Questo Dio impo tente è l'unico in cui si possa ancora credere: o questo o niente. Anche la civiltà che non ha patito il male ma lo ha inflitto, deve reinterrogarsi sul Dio che si porta dentro: un pentimento rhe non scenda in questa profondità non ha i meriti sufficienti per ottenere il perdo no. Se le vittime hanno cam biato il loro Dio togliendogli l'onnipotenza, gli autori della colpa dovranno cambiare il proprio togliendogli quell'unicità che alimenta l'incompa tibilità e l'intolleranza: egli non può più essere colui di fronte al quale tutti gli altri vanno eliminati con ogni mezzo. Il genocidio dei meso-americani, la tratta dei negri, l'O locausto degli ebrei dicono che anche il Dio dei cristiani deve cambiare. Dalla concezione cristiana dell'unicità nasceva il rapporto con l'altro basato sull'amo re. L'amore è stato una forza ambigua, a volte feroce. Amare il prossimo non significa fare il suo bene. Amare significa dare se stessi: non è difficile, diffìcile è accettare gli altri. Il cristiano amava anche la vittima sotto la quale attizzava il fuoco per salvarla. All'amore che invita a dare se stessi deve subentrare lo scambio che consente di ricevere gli altri, lo scambio dell'informazione. Lo scambio suppone che la verità non stia più da una parte sola, perciò l'informazione è un obbligo darla, è un obbligo rice verla. Può diventare l'obbligo morale dei nuovi tempi. Ferdinando Camon ||W Giovanni Paolo II

Persone citate: Giovanni Paolo Ii, Hans Jonas, Todorov, Tzvetan Todorov

Luoghi citati: America, Europa