Droga il vertice di Babele di Franco Pantarelli

Droga, il vertice di Babele Summit in Texas, e Bush avverte: finiti gli assegni in bianco Droga, il vertice di Babele Il Sud America, no ai consiglieri Usa NEW YORK NOSTRO SERVIZIO Tutti hanno un proprio piano, alla Conferenza interamericana contro la droga cominciata ieri a San Antonio, nel Texas. George Bush per partecipare alla riunione con i presidenti di sei Paesi latinoamericani ha interrotto per un giorno il suo giro elettorale in California, ma i pessimisti sostengono che in realtà anche quella è campagna elettorale, perché sia il presidente americano, sia quelli di Messico, Colombia, Perù, Bolivia, Ecuador e Venezuela, non hanno da dire grandi cose sul piano della sostanza. Dei loro rispettivi piani, in effetti, si sa poco. L'unico dato comune è il no all'intervento americano nei loro Paesi. Il più duro è stato il leader peruviano Fujimori: assurdo parlare di consiglieri Usa o di interventi militari. I collaboratori di Bob Martinez, lo «zar della droga» americano che ha sostituito William Bennett, dicono che il progetto di Washington è di arrivare a dimezzare la produzione di cocaina entro il 2000. Ma non hanno voluto scendere nei dettagli perché «molte cose devono essere discusse e nessuno può dire quale sarà l'accordo finale». Il presidente colombiano Cesar Gaviria Trujillo, da parte sua, ha «rilanciato» sul progetto americano, dicendo che il suo piano è migliore perché prevede «la fine» del traffico di droga entro il 2010. E su tutti è piombato il presidente boliviano, Jaime Paz Zamora, dicendo che il suo, di piano, è ancora meglio perché prevede la fine della produzione di coca «entro 5 anni». II problema, si diceva, è che di questi piani nessuno ha spiegato nulla, per evitare che emergano troppo chiaramente le differenze. I critici di questa «parata» sostengono" che in quésto mòdo i vari presidenti vogliono garantirsi la possibilità di poter dire poi che ad essere accolte sono state principalmente le loro idee. Può darsi che sia vero, ma sta di fatto che fino a ieri sera per sapere di cosa, concretamente, Bush e gli altri stessero discutendo, bisognava basarsi sui vaghi accenni da loro fatti. Uno di questi accenni è di Bush, ed è un segnale di chiusura del portafoglio. «Stiamo facendo il massimo. Di assegni in bianco non ce ne sono più». E questo vuol dire che il piano per sostituire la coltivazione della coca con prodotti diversi ma remunerativi in Paesi come la Colombia, il Perù e la Bolivia, non avrà ulteriori finanziamenti. Un altro accenno è del colombiano Gaviria, che ha parlato della creazione di un centro continentale per «scambiarsi informazioni» e per mettere in piedi una più efficacie collaborazione giudiziaria. E un altro accenno ancora è quello del boliviano Paz Zamora. Il problema, ha detto, non è di indurre il governo degli Stati Uniti a spendere più soldi per incoraggiare le colture alternative alla coca, ma quello di «generare una corrente di investimenti privati». Insomma, se quelli che coltivano coca nelle vallate delle Ande disponessero di mezzi e soprattutto di un mercato per i prodotti alternativi, tutto sarebbe meno difficile. Il presidente peruviano Alberto Fujimori lo ha detto chiaramente: non posso repimere i coltivatori di coca perché questo significa condannarli alla fame. Nel piano americano, comunque, c'è anche un punto che riguarda europei e giapponesi, che secondo Washington dovrebbero anche loro contribuire alla lotta contro la droga, perché se è vero che il grosso del consumo rimane negli Stati Uniti (circa il 70 per cento), è anche vero che in Europa e Giappone è in aumento. Poiché a livello europeo delle azioni sono già partite (per esempio il coordinamento contro la «sicilian connection»), sembra chiaro che gli americani non parlano di partecipazione europea e giapponese alla lotta nel senso delle iniziative da prendere ma nel senso dei soldi da spendere. Quegli «assegni in bianco» di cui ha parlato Bush, insomma, dovrebbero essere altri a firmarli, perché gli Usa economico non sono in grado di farlo, ma anche perché è comunque interesse di europei e giapponesi trasferire anche la loro azione alla fonte, cioè al discorso delle produzioni alternative, che costano tanto. Franco Pantarelli