Vescovi, ramoscello d'ulivo per Cossiga

Vescovi, ramoscello d'ulivo per Cossiga Il vicedirettore della sala stampa vaticana rinnova sentimenti «di stima e di rispetto» Vescovi, ramoscello d'ulivo per Cossiga «Mai fatta l'ipotesi di dimissioni» ROMA. Un passo diplomatico da parte del ministero degli Esteri, un ramoscello d'ulivo agitato dalla Conferenza Episcopale Italiana e e una rettifica del direttore dell'Avvenire Lino Rizzi. Tre gesti di pace per chiudere, almeno provvisoriamente, il contenzioso tra il Quirinale e l'Episcopato italiano. E per liberare il governo dall'imbarazzante «aut aut» intimato l'altro ieri sera da Francesco Cossiga: o con me o con i vescovi. A placare gli animi ha provveduto il vicedirettore della Sala stampa vaticana, monsignor Pennacchi™, dando assicurazioni al Quirinale che «né la Cei né altro organismo cattolico hanno mai avanzato l'ipotesi di dimissioni del Capo dello Stato italiano, verso la cui persona vengono rinnovati sentimenti di stima e di profondo rispetto». E' un modo per confermare anche in un momento di tensione quei rapporti di buon vicinato che, secondo monsignor Pennacchini, «caratterizzano ormai da lunghi anni le relazioni tra la Chiesa cattolica in Italia e le massime istituzioni dello Stato italiano». Ma il rappresentante della Sala stampa vaticana non ha nascosto la circostanza che «il governo italiano ha compiuto un passo diplomatico presso la Santa Sede». Cossiga non aveva forse chiesto a Palazzo Chigi di pronunciarsi sui presunti appoggi della Cei alle «espressioni d'invito al Presidente della Repubblica a dimettersi»? Ed ecco la missione di pace presso la Santa Sede immediatamente raccolta da un rappresentante del ministero degli Esteri. Tutto risolto, allora. Se non fosse per gli strascichi di un interrogativo ancora inevaso: chi ha effettuato il «passo diplomatico»? Tutto lascia supporre che il protagonista dell'affaire diplomatico sia stato il sottosegretario agli Esteri Claudio Vitalone, andreottiano di ferro. Ma il sottosegretario alla presidenza del consiglio Nino Cristoforo anch'egli della squadra andreottiana, ha precisato di aver appreso del «passo diplomatico» dalle agenzie di stampa e che nessuna comunicazione ufficiale è giunta a Palazzo Chigi. In serata, poi, dalla Farnesina si è voluto recisamente smentire «pressioni dirette del presidente Cossiga sul ministro degli Esteri Gianni De Michelis». Intanto il direttore di Avvenire Lino Rizzi ha voluto puntualizzare con un editoriale pubblicato oggi che nell'articolo del 23 febbraio scorso all' origine del putiferio «non c'è stata nessuna richiesta, neppure velata, di dimissioni del Capo dello Stato. Del resto, aggiunge Rizzi, «a quale titolo poteva essere formulata?». Dunque, secondo Rizzi quell'invito rivolto al Quirinale di un «passo giusto per restituire al Paese un'atmosfera meno convulsa» non era da intendersi come un appello alle dimissioni del Capo dello Stato, ma era «un invito a riappropriarsi di un ruolo super partes in un confronto politico particolarmente acceso che lo vede più protagonista che garante». Tra i vescovi italiani prevale il desiderio di mantenere l'assoluto silenzio sulla contesa che ha visto protagonista la Cei. Invece sul prossimo numero del settimanale dell'Azione Cattolica Segno Sette si accusa Cossiga di «snaturare la Costituzione». [p. bat.] Camillo Ruini (foto grande) Da destra: Francesco Cossiga e Giulio Andreotti Lino Rizzi direttore del quotidiano «Avvenire»

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