E Nilde letti strappa l'applauso dai banchi della dc

E Nilde lotti strappa l'applauso dai banchi della dc Là presidente della Camera parla sull'obiezione di coscienza, ma lascia intravedere possibili alleanze tra pds e de E Nilde lotti strappa l'applauso dai banchi della dc «Nemmeno io potevo ignorare le attese di larga parte del mondo cattolico» ROMA. In pochi minuti, nell'aula di Montecitorio, il presidente della Camera Nilde lotti ha tenuto una breve, elegante lezioncina di diritto costituzionale e soprattutto di politica. Che è piaciuta assai ai de p~esenti. Il tema era quello, controverso, dell'obiezione di coscienza. Lo svolgimento, però, è andato un po' oltre: come dar torto a Cossiga e nel contempo favorire una vera prospettiva di alleanze. A meno di due mesi dalle elezioni, all'avvio della campagna del Quirinale e in vista di un governo che prima o poi si dovrà pur fare, quegli applausi dai banchi democristiani qualcosa vorranno dire. Appena tre cartelle e sei righe, lette in tarda serata al termine di. un complicatissimo e rarefatto dibattito procedurale a base di «ratio» e «prorogatio». La pepita della lotti, naturalmente, si trova alla fine, quando smette di parlare in terza persona e rinforza le argomentazioni regolamentari a sostégno della legge con una valutazione che più politica di così non si potrebbe: «Voglio infine aggiungere un elemento che ha molto influito sulla mia riflessione e sulle conseguenti mie proposte. E' stata l'attesa di una parte significativa del mondo giovanile che esprime valori ideali e morali che meritano il nostro rispetto e la nostra attenzione». E ancora: «E' stata l'attesa di una parte molto larga del mondo cattolico che si è espressa con parole nelle quali io ho avvertito la preoccupazione che la legge dello Stato non fosse in grado di rispondere». Morale: «Di questo bisognava tener conto, ed anch'io come presidente di questa assemblea non potevo non tenerne conto». Quasi allegra nonostante il vestito scuro, meno brusca del solito («Onorevoli colleghi, un po' di pazienza...»), comunque fedele a quel cliché di regalità parlamentare che l'ha sempre tenuta al riparo dalle intemerate del Quirinale, la lotti ha sostenuto a tutto tondo la legittimità delle Camere a legiferare. Ha sfoderato un gioiellino di citazione dottrinaria di Meuccio Ruini. Ha constatato l'esistenza di una salda maggioranza sull'argomento. Ma, forse per la prima volta, ha lasciato anche intravedere al suo partito la concreta possibilità di terreni di accordo non tanto con il mondo cattolico - entità piuttosto vaga - quanto con la de. Rilevante il momento scelto - la fine convulsa della legislatura e, ancora di più, l'occasione dell'obiezione di coscienza. Il tono è quello di sempre: istituzionale, come dire sopra le parti, con la sicurezza di chi parecchie volte ha saputo schierarsi contro il suo stesso partito. Non sarebbe stato nello stile (accorto) della lotti, del resto, prendere di petto Cossiga e il partito del Presidente. Più semplicemente, è andata oltre. A prescindere dalla «quirinabilità» del personaggio, pure ribadita di recente da Occhetto e da un auto-accenno sulla «maturità dei tempi» per l'elezione di una donna a Capo dello Stato, che questa apertura sia venuta proprio da lei non sembra del tutto irrilevante. Classica figura da prima Repubblica, presidente della Camera da quasi 13 armi, capolista a Milano e a Reggio Emilia, unica della vecchia guardia comunista schierata davvero con il segretario del pds (senza poter essere definita neanche alla lontana «regina degli gnomi»), la lotti incarna forse il meglio di una superstite tradizione di duttilità, moderazione e realismo politico. Definirla «togliattiana», più che scontato, è paradossale. Comunque colpisce sentire come di lei, ad esempio, parla Giulio Andreotti. E viceversa. Diffìcile anche immaginarla, nei prossimi passaggi e nella legislatura a venire, ridotta a svolgere una sia pur prestigiosa funzione di notabilato. «Forse la lotti è stanca», diceva qualche tempo fa il capogruppo del pds Quercini. Ieri, per la verità, non lo sembrava affatto. Filippo Cecca rei li Il presidente della Camera Nilde lotti

Persone citate: Camera Nilde, Cossiga, Filippo Cecca, Giulio Andreotti, Meuccio Ruini, Occhetto, Quercini

Luoghi citati: Milano, Reggio Emilia, Roma