Varda: marito mio sei il mio bambino di Simonetta Robiony
Varda: marito mio sei il mio bambino La regista parla del film «Garage Demy» Varda: marito mio sei il mio bambino ROMA. Agnès Varda, uno dei nomi mitici della «Nouvelle Vague» francese, non trova le parole per spiegare perché adesso non può fare un nuovo film: «Non posso - dice secca -. Mi manca l'ispirazione, il desiderio, l'urgenza. E senza queste tre spinte, cinema non ne ho mai fatto». Agnès Varda, quella di «Senza tetto né legge», è arrivata a Roma per presentare il film che ha girato un anno fa sull'infanzia del regista Jacques Demy, suo marito per oltre vent'anni, morto l'anno scorso dopo una lunga malattia. La pellicola, presentata all'ultimo Festival di Cannes, si intitolava «Jacquot de Nantes», mutato in un più nostrano «Garage Demy» per paura che la traduzione letterale lo potesse far confondere con una storia di santi. La Varda racconta di non aver voluto fare nel suo Paese promozione alcuna per questo suo film speciale, intimo e amoroso: «Ho solo visto il film con i bambini delle scuole, rispondendo a tutte le loro curiosità. E mi ha fatto piacere che sia stato apprezzato in Francia proprio dai bambini, dalle mamme e dalle nonne, perché è la storia di una vocazione precoce, di una infanzia felice, e del grande amore per il cinema in cui è cresciuto Jacques». Una esperienza, quella della vocazione precoce, che lei ha imparato attraverso i lunghi e dettagliati racconti che Demy le ha sempre fatto della sua giovinezza. «Del cinema - afferma ridendo - non sapevo niente fino a 25 anni. La mia famiglia non mi ci portava mai. Avevo visto soltanto "Biancaneve", un personaggio che detestavo perché cantava sempre mentre faceva i lavori domestici e che Jacques, invece, per il medesi- La regista Agnè Varda mo motivo, amava molto rivedendo in lei sua madre e sua nonna. Non avevo condizionamenti di alcun tipo quando girai nel '54 "La Pointe Courte", il mio primo lungometraggio. Mi ricordo che Alain Resnais, siccome si svolgeva in un villaggio di pescatori, lo paragonò a "La terra trema" di Visconti, un nome che non avevo mai sentito. Di fronte alla mia ignoranza Resnais mi spinse a frequentare la cineteca per imparare qualcosa, ma, anche se da allora ho visto molto cinema, la mia libertà creativa l'ho conservata. «Libertà ed energia sono i soli elementi che abbiano trasformato un gruppo di giovani registi indipendenti nella scuola cinematografica della Nouvelle Vague! Non c'è mai stato niente altro che ci abbia unificato: mai una riunione, uno scambio di idee, un obiettivo comune. A trent'anni sono stata definita l'antenata della "Nouvelle Vague", ma di tutto questo non avevo consapevolezza alcuna!!». Molto grata alla Francia che ha permesso a lei e ai suoi compagni di strada di poter far ancora il loro cinema d'autore grazie a una legislazione fortemente protettiva, molto piena di voglia di vivere come quei dinosauri che a volte diventano rondini», la Varda ha una curiosa teoria pedagogica: «I bambini di oggi mi pare siano eccessivamente stimolati. Hanno troppi giocattoli per poter fantasticare. Credo si dovrebbe istituire per loro una stanza del silenzio, dove almeno per un'ora al giorno imparino a star da soli con la loro immaginazione a coltivare un sogno». Simonetta Robiony La regista Agnès Varda
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