Da turisti tra i segreti dell'ex Urss

Da turisti tra i segreti dell'ex Urss Le registrazioni dei Plenum non corrispondono ai resoconti, qualcuno li falsificava Da turisti tra i segreti dell'ex Urss Un giorno negli archivi delpcus, aperti da oggi MOSCA DAL NOSTRO INVIATO Nella splendida sala di lettura del palazzo che, all'inizio del secolo, al numero 12 dell'attuale (ancora per poco) via Kujbishev, costruì l'architetto Klein, hanno sistemato una decina di bacheche bene illuminate. Vetrine da cui occhieggiano «merci» più uniche che rare. Che fanno venire l'acquolina in bocca, però, a una schiera di «buongustai» del tutto speciali. Si aprono gli archivi del pcus. Documenti che nessuno aveva mai visto prima. Una piccola, piccolissima cernita di quasi 30 milioni di «files» su cui si scateneranno nei mesi a venire schiere di storici, giornalisti, diplomatici. Si vede la prima pagina del resoconto della riunione del Politburo del 10 aprile 1989, «sulle misure per stabilizzare la situazione a Tbilisi». C'è scritto «sovershenno sekretno», top secret. Qui si decise come fronteggiare la crisi dopo i nove morti che sconvolsero la Georgia e l'Urss. Il primo minigolpe contro la perestrojka. Poco più in là spunta una lettera del petroliere americano Armand Hammer. E' indirizzata a Gorbaciov in data 19 dicembre 1988. Il presidente della Occidental Petroleum si offriva come mediatore per aiutare l'Urss a uscire dal pantano di Kabul. Sotto un altro vetro c'è un nuovo top secret. E' la risoluzione del Comitato centrale che avrebbe dovuto restituire a Sakharov le onorificenze che gli erano state tolte. Le firme sono di Cebrikov, allora presidente del Kgb, e di Vadim Medvedev, «ideologo» del partito. Suggerivano di aspettare. Lì a fianco c'è un foglietto con una notazione («urgente»). E' Gorbaciov che, l'8 agosto 1986, scrive un appunto drammatico a Ligaciov, Sokolov (ministro della Difesa) e Nikonov (responsabile dell'Agricoltura) invitandoli a prendere misure urgenti per sai vare il raccolto agricolo. All'ai tro capo della sala una curiosa teca è interamente dedicata alle tessere del partito. C'è quella, storica, dedicata a Lenin, post mortem, nel 1926. Porta il numero 1, come quelle successive, fino all'ultima, stampata nel 1973. Originali questi comunisti: tesseravano Lenin ogni anno, anche dopo morto. Ma Stalin si era riservato il numero 2. E Breznev aveva fatto altrettanto. Krusciov, più modesto, si era preso il numero 4. Andropov il 17, Cernenko il 33. Bukharin si era accontentato dell'anonimo n. 163. E Gorbaciov, ormai nell'era della dissacrazione, si era annegato nella massa: numero 114.001. Chissà qual era il numero della tessera di Eltsin. Questa storia, del tutto nuova, è cominciata appunto con il decreto che il presidente Eltsin emise il 24 agosto 1991, sei giorni dopo il golpe. Decideva la nazionalizzazione di tutti gli archivi del partito e il loro passaggio sotto l'egida del Comitato per le questioni degli archivi presso il governo della Federazione Rus¬ sa. Un vero e proprio ministero, che ora - dice Rudolf Pikqja, il «ministro», aprendo l'affollatissima assemblea - gestisce qualcosa come 93 milioni di documenti, raccolti in tutta la repub- ' blica. Qui, nell'ex archivio del pcus, ne sono raccolti circa 30 milioni. Riguardano gli anni dal 1952 al 1991. «Non si potrà scrivere la storia degli ultimi decenni senza questi documenti», dice Remo Pusykov, nuovo direttore del Centro di Documentazione Contemporanea. Qui si trovano i protocolli delle riunioni della Segreteria del Ce del pcus, i documenti dei dipartimenti del Comitato centrale. C'è tutta la storia del Politburo, dalla rivoluzione in avanti. E, insieme, gli archivi personali di tutti i massimi dirìgenti del partito, inclusi i segretari generali. E c'è anche la parte sonora. Le riunioni degli organismi dirigenti venivano registrate. La sala stracolma ascolta in silenzio la voce di Gorbaciov che si dimette al plenum dell'aprile dell'anno scorso. Quella stentorea e ansimante di Cernenko; quella impastata di Leonid Brezhnev; quella acuta di Suslov; quella contadina di Krusciov. La gente ridacchia. Sembrano cose di un secolo fa e invece fanno parte della vita di tutti i presenti. Pusykov si limita ad aggiungere una piccola notazione: «Non pensate che i resoconti ufficiali, che allora pubblicavano tutti i giornali, siano identici a queste registrazioni. Tutt'altro». E tutti pregustano il momento in cui i segreti di tanti anni, che angosciarono la vita di milioni di persone, saranno svelati. Pikoja annuncia che, tra non molto, dovrebbe arrivare qui anche l'«archivio del Cremlino», cioè l'ex archivio del presidente dell'Urss, Gorbaciov. Ma questi 30 milioni di «files» non saranno tutti consultabili subito. C'è un enorme lavoro di sistemazione da compiere. Perché questo archivio non era stato pensato per la consultazione degli scienziati. «Serviva solo a scopi di apparato», spiega Pikoja. E quelli che potevano metterci il naso non erano nemmeno tutti i massimi dirigenti del partito. E poi quelle notazioni di «segretissimo» non possono essere tutte cancellate d'un tratto. Il Pcus era un pezzo di Stato e molti dei suoi segreti erano (e sono) segreti di Stato. Si procederà - in attesa di nuove leggi sugli archivi - a tre livelli. La gran parte dei «files» sarà subito «liberata». Quelli con un grado medio di segretezza verranno resi noti solo dopo il parere favorevole di commissioni di esperti. Quelli segretissimi potranno vedere la luce solo su decisione della speciale commissione parlamentare già al lavoro. Comincia una avventura che esalterà gli storici di tutto il mondo, ma che farà venire i brividi a molti, che in quell'archivio hanno lasciato le loro firme e sono ancora vivi. Poi sarà la volta degli archivi del Kgb. E allora ci vorranno i nervi saldi. Giuliette Chiesa

Luoghi citati: Georgia, Kabul, Mosca, Urss