L'ultima battaglia del generale Markos di Domenico Quirico
L'ultima battaglia del generale Markos E' morto il capo dei partigiani greci L'ultima battaglia del generale Markos Nei feroci anni della guerra civile guidò il governo ribelle comunista n vecchio guerrigliero sarà sepolto con gli onori da deputato, metafora di una Grecia dove i sanguinosi ricordi della guerra civile hanno lasciato il posto a scandali popolati di ingloriose bustarelle. Markos Vafiadis, il leggendario «capetan'n Marku», primo ministro del governo comunista delle montagne, è morto ieri ad Atene all'età di 86 anni. Nell'85, dopo essere tornato in patria da un esilio durato 35 anni, aveva accettato di sedere in parlamento a fianco dei socialisti. Un modo per dire grazie a chi aveva cancellato con un perdono generale gli ottantamila morti di una feroce guerra civile. Ma voleva anche voltare pagina, una volta per tutte, lui che pure aveva sopportato sulla sua pelle tutti i drammi del movimento comunista senza mai abiurare. Lo avevano destituito, cacciato, accusato di essere una spia e un traditore, forse avevano pensato di ucciderlo. Ma quando, tornato in patria, aveva visto i suoi compagni sbranarsi in nome dell'ideologia, divisi in due partiti ferocemente impegnati a contendersi un misero dieci per cento di voti, aveva detto basta. La sua biografia è l'album di famiglia degli splendori e delle miserie di un rivoluzionario di professione. Povero orfano, aveva imparato, operaio nelle fabbriche di tabacco. Tabe del marxismo. Quanto bastava negli anni duri e grigi della dittatura di Metaxas, la replica greca di Mussoli- ni, per condividere il sogno comunista di palingenesi politica. Ma il suo destino non era quello del propagandista e del quadro, il «generale» Markos era un capobanda, un guerrigliero nato, un Garibaldi ellenico a suo agio col fucile in pugno e a disagio con le sottigliezze della politica. In montagna si era fatto le ossa combattendo contro tedeschi e italiani. Quando nel '46 decise che non era proprio il caso di dare l'addio alle armi, comandava 13 mila «andartes», partigiani decisi a impedire il ritorno dei vecchi padroni. I suoi santuari erano in Jugoslavia e in Albania. Stalin invece stava a guardare, nella spartizione di Yalta la Grecia era rimasta una zona grigia, divisa a metà con Churchill, la possibilità di estendere fino ad Atene i confini dell'impero rosso era più di una tentazione. Ma i veri nemici di Markos erano l'ottusità e il settarismo dei suoi compagni di partito. Nicos Zakariadis, un piccolo Stalin ellenico che eliminava i frazionisti con la stessa ferocia del suo padrone del Cremlino, voleva a tutti i costi marciare su Salonicco per ottenere una capitale per il suo governo provvisorio. E così Markos fu costretto a rinunciare alla guerriglia e andare al massacro contro le truppe del maresciallo Papagos. Il partito, rimasto orfano dell'eretico Tito, rinnegò il suo generale, gli tolse il comando e lo cacciò a Mosca, un esilio che assomigliava molto a una prigionia. Bollato col marchio di frazionista, Markos imparò la difficile arte di sopravvivere, dimenticando le stellette e le poesie che gli aveva dedicato Eluard. Aspettò il perdono riparando orologi. Domenico Quirico L'ex guerrigliero tornato dall'esilio era diventato deputato del ps Il generale Markos Vafiadis nel '47 quando comandava l'esercito rosso
Persone citate: Churchill, Eluard, Markos Vafiadis, Marku, Stalin
Luoghi citati: Albania, Atene, Grecia, Jugoslavia, Mosca, Salonicco, Yalta
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