«Ti voglio bene argento» di Gian Paolo Ormezzano

«Ti voglio bene, argento» Per Tomba la felicità non viene solo dalle medaglie d'oro «Ti voglio bene, argento» «Epensare che stavo per ritirarmi» LES MENtJIRES. Alcuni Alberto Tomba hanno movimentato ieri la giornata di Les Menuires, in occasione dello slalom olimpico vinto dal norvegese Jagge su uno dei Tomba. Primo Tomba - Quello che fa la gara, sballa la prima manche finendo sesto, si rade, effettua una grande rimonta nella seconda, prende l'argento e dice, mentre migliaia di italiani urlano il suo nome, lo alzano su striscioni e bandiere: «Ho avuto problemi con gli sci, nella prima manche, per motivi di sciolina e di lamina troppo affilata. Il mio numero alto di partenza li ha complicati. Ho sbagliato subito, una curva e poi un'altra con frenata e sbandata, ho rimediato in parte nella seconda metà. Se avessi continuato facendo altri errori, penso che mi sarei ritirato: alla fine o per strada. E invece ho messo a posto gli sci e me stesso e ho fatto la seconda manche alla grande, pur non prendendo tutti i rischi. Ripensando a tutto, credo che un mezzo secondo di meno nella prima manche fosse largamente alla mia portata: e dunque che potevo vincere». Secondo Tomba - Quello che, dopo averci pensato su qualche secondo, sempre nella bolgia dell'arrivo, dice: «Sia comunque chiaro che sarei un pazzo a dire che l'argento non mi piace. Ho vinto qui un oro, ne ho vinti tre in due Olimpiadi, poi prendo un argento e dovrei lamentarmi? Mi sarebbero andati bene anche due bronzi. E poi il mio pettorale lo dice: 12, 1 e 2, primo e secondo». Terzo Tomba - Quello che si programma per l'immediato («A casa!») e quello che si programma per il prossimo viaggione, Giappone e poi America: «Dovrei partire martedì, partirò mercoledì, che lusso. Vado là a Morioka, vedo le piste dei Mondiali 1993, vedo il percorso del supergigante, se mi piace mi butto, comunque decido lì. Però un po' di velocità mi fa bene, penso che farò e vincerò un supergigante, lì o in Canada, e così sarete tutti contenti». Il problema più grave è per ora comunque quello di raggiungere il Sestriere, dove oggi c'è un appuntamento con la stampa. Quarto Tomba - Quello che si concede al frivolo. Domanda di un'americana, se davvero lui è protagonista di grandi eccessi sessuali, e come ha fatto a resistere qui. Lui: «Comincio domani. Ho due giorni per divertirmi, poi si riprende a viaggiare e gareggiare. Uffa, scherzo. Diciamo che mi rilasserò, divertendomi, ad aprile e maggio». A Jagge che, stimolato da un giornalista, dice di sperare «che anche Tomba faccia le code agli ski-lifts, come noi, e come non ha fatto qui», Albertone dice: «Senti, qui ci sono trentamila italiani e cento norvegesi, se io mi fermo ad una coda sono finito, mi massacrano di abbracci». Quinto Tomba - Quello dei buoni sentimenti, che dice: «Dedico questa medaglia ai tifosi venuti qui in massa, a Deborah Compagnoni sperando che non si secchi perché è d'argento, a mia sorella visto che l'altra l'avevo dedicata alla famiglia tutta e a Thoeni». E poi: «Il mio ski-man Arturo ha sbagliato a lavorare troppo le lamine, ma sono cose che capitano, e poi io dovevo accorgermi della cosa e segnalargliela in tempo». E ancora: «Spero che i tifosi siano comunque contenti, adesso andiamo tutti a bere. Sono felice, anche se, l'ho già detto, pensavo di ritirarmi: ma per fortuna ho anche pensato che questa è un'Olimpiade, e certe cose qui non si fanno». E infine: «Voglio bene anche a questo argento, e se voglio più bene all'oro del gigante non è per il valore del metallo, ma perché è stato più sofferto. L'oro nel gigante l'ho dovuto prendere, qui l'ho soltanto lasciato». Sesto Tomba - Quello che guarda agli altri, un po' da amico un po' da papa, e che dice: «Accola mi sembra proprio uomo da Coppa del Mondo e non da prova di un giorno solo. Jagge ha goduto, come tutti i norvegesi, di una pista che aveva poco pendio». Agganciamo alle sue parole quelle di Helmut Schmalz, direttore generale della squadra, a proposito di uno sconfitto, Girardelli: «E' venuto qui con la pretesa legittima di lottare per cinque medaglie d'oro. Soltanto un grande campione può fare questo. I suoi due argenti, grandissimi, dicono di quanto può valere anche un secondo posto». E quelle di Cino Marchese, capo della Struttura che presiede alla confezione ed alla presentazione del personaggio-Tomba: «E' il più grande di tutti. Come tutti i campioni ha dei problemi psicologici, non avesse vinto il gigante avrebbe vinto facile lo speciale, si è rilassato. Borg non ha mai vinto l'open degli Usa perché nella stessa stagione vinceva sempre Wimbledon». Il'tutto in una località occupata dalle truppe tombesche italiane paninare, sotto un cielo azzurro, un sole giallissimo, su tanta neve e tanti fogli di carta oleata. Gian Paolo Ormezzano Alberto Tomba impegnato nella prima deludente manche dello speciale

Luoghi citati: America, Canada, Giappone, Sestriere, Usa