Sanremo :ecco tutti i padrini del Festival di Marinella Venegoni

Sanremo: ecco tutti i padrini del Festival Chi sono le personalità politiche e gli uomini di potere che «sponsorizzano» e «lottizzano» i cantanti Sanremo: ecco tutti i padrini del Festival Dopo anni di dominio democristiano, arrivano i socialisti SANREMO DAL NOSTRO INVIATO Girovagando per strada in questa fredda e luminosa vigilia di Festival può anche accadere d'imbattersi in una presuntuosa auto blu, ferma in un angolo nel bel mezzo dello strombazzante traffico sanremese. L'autista è muto in sussiegosa attesa, la passeggera bionda e graziosa questiona vivacemente al telefono cellulare, una grandiosa corbeille di fiori gialli e rosa buttata sul sedile posteriore disegna le quinte d'una favola metropolitana. La Diva in Riviera è Simona Tagli che al Festival '91 era vallettina di un concorsimi, Sanremo Folies e segnava i voti dei giurati sulla lavagna; ora fa la star di gran riguardo a «Piacere Raiuno», che va in onda da Sanremo per il Festivalone: la favola è diventata realtà, grazie ad alchimie note ed ignote. Sono queste a far correre qui, per il Festival, frotte di cantanti. Giovanissimi, maturi o decotti, hanno in cuore il sogno di farcela. Di diventare o ndiventare anche loro una signorina Tagli con auto blu, grazie alla gara crudele che da mercoledì 26 riempirà il video di Raiuno. Com'è noto, a Sanremo - almeno in questo dell'epoca pop - non hanno mai cantato personaggi veramente sulla cresta dell'onda: ci è venuta gente che magari lo era appena stata, e che c'è magari tornata subito dopo grazie alla manifestazione. La gloria è il Sogno di tutti. Ma ci sono anche altri obiettivi di respiro più modesto, per esempio vendere dischi o ricordare al mondo che si esiste; fini per i quali il Festival diventa il passaggio più di lusso che si possa desiderare. Quest'anno si sono dischiuse più porte del solito: le canzoni dei cosiddetti big non sono più 20 ma 24, quelle dei giovani non 16 ma 18; e cinicamente la prospettiva della gara, se ha allontanato qualcuno famoso, ha riavvicinato a Sanremo una bella schiera di personaggi che con l'attuale mondo della canzonetta e il suo mercato reale ha pochino da spartire. E piuttosto che niente, meglio allora un passaggio tv con rischio di eliminazione. Esso comunque riaprirà come per incanto la memoria del telespettatore e favorirà la possibilità di nuove scritture. Qualche soldo, un po' di successo, sono sempre meglio del silenzio. La faccenda, si capisce, è tristissima quanto umanamente comprensibile. A quelli come Barbarossa o Bertoli o i Tazenda, che sono nomi veri del mercato, il Festival offre ponti d'oro. La loro presenza, essendo ancorata a ciò che oggi la gente ascolta e canta davvero, offre una legittimazione al Sanremo. Ma tanti altri sono costretti a ricorrere al politi co o al cantante di fama. I nomi delle accoppiate circolano da anni. E la gestione corale del Festivalone preelettorale, fra Rai, Publispei ed Aragozzini, è stata generosa (bisogna invece dar atto ad Aragozzini di aver respinto con più efficacia questa logica da solo). Anche i sassi sanno per esempio che Flavia Fortunato, ora in coppia con Franco Fasano, è arrivata un giorno lontano sulla Riviera dei Fiori perché ce l'ha mandata Clemente Mastella, potente notabile de. E magari il caro Peppino Di Capri di cento belle canzoni d'un tempo passato ora potrebbe non essere qui se non avesse un impresario abile e temuto come il marchese Antonio Gerini, il grande accusatore di Aragozzini rimasto poi impigliato nelle maglie della sua stessa accusa di tangenti. Drupi, il tenero pellirossa di Pavia dal cuore d'oro, si dice sia mandato avanti addirittura da Forlani; mentre un'altra leggenda festivaliera è il legame stretto che unisce il calabrese Mino Reitano al potentissimo parlamentare napoletano Antonio Gava. Le potenti spinte dell'altro de Pier Ferdinando Casini avrebbero fatto miracolare Paolo Mongoli, che nel '70, 22 anni fa, cantò qui «Ahi! Che male che mi fai», cui deve tuttora la sua gloria. Fin qui, le spintarelle vere e presunte sono tutte di targa democristiana. Con Lina Sastri invece, stando ai «si dice» più mormorati, si passerebbe verso l'area socialista: il psi ha sempre trascurato il Festival, considerato appannaggio tradizionale della Balena Bianca, e questa della brava Sastri sarebbe - se poi confermata - una prima piccola breccia. Nella quale sarebbe passata anche Jo Squillo, se la sua canzone fosse stata inedita: la cantante milanese viene considerata molto vicina a «Milano Suono» di matrice socialista. In quanto al pds, ha appena lanciato una sacrosanta campagna per sottrarre il Festival al Comune di Sanremo e farne una Fondazione autonoma per strapparlo così al-' le grinfie del Potere; ma magari, se la manifestazione fosse a tre canali come la Rai, le sue grida di dolore si farebbero più flebili. Sorprendentemente, ha una rappresentanza indiretta Rifondazione Comunista, nella quale si riconosce Pierangelo Bertoli come in qualche modo si evince dalla sua indignata canzone in gara «Italia d'oro». Bertoli ha appena rifiutato una candidatura del partito per le elezioni, e dovendo tracciare una mappa dei cantanti del Festival catalogabili approssimativamente «di sinistra» il materiale umano a disposizione è scarso: Mariella Nava, Barbarossa, la napoletana Nuova Compagnia di Canto Popolare, e nulla più. Di un altro filone di potere si è servita l'antichissima e battistiana Formula Tre, presente nell'etichetta discografica dell'aiuto-organizzatore Carlo Bixio, che porta anche, fra i giovani, Lorenzo Zecchino. E poi ci sono, fenomeno in ascesa, i padrini artistici. Senza una canzone scritta con Antonello Venditti, senza la joint-venture fra la piccola etichetta del cantautore romano e la Five di Berlusconi, forse non sarebbe mai tornato qui Michele Zarrillo. Ma la sponsorizzazione di artisti di fama funziona soprattutto tra le file dei più giovani: la firma di Lucio Dalla su Bracco Di Graci che canta quasi come lui è una garanzia; ed è una garanzia il nome di Gino Paoli per Andrea Monteforte, il cui stile è assai simile al suo; in quanto ad Aida Satta Flores, la ragazza incide con l'etichetta dei vecchi e gloriosi Nomadi, che a Sanremo però non sono mai riusciti ad arrivare come protagonisti. Ovvio che certi cognomi valgano più di qualunque garanzia: Massimo Modugno, figlio di Mimmo, si presenta con una piccola etichetta appena fondata da La Falce, ex amministratore delegato della potente Sony Music; ma qualche padrinato politico spunta anche fra i teneri virgulti della sezione Giovani: Patrizia Bulgari sarebbe inviata speciale dall'ex ministro Misasi, Rita Forte avrebbe altre forti protezioni de. Tutte queste chiacchiere si consumano ogni anno all'ombra del Festivalone. Tutto è in regola, lo spettacolo può cominciare. Marinella Venegoni Il caso