Berlusconi, la pubblicità e i quotidiani; apologia di nonno Benito di Giovanni Giovannini

Berlusconi, la pubblicità e i quotidiani; apologia di nonno Benito AL GIORNALE Berlusconi, la pubblicità e i quotidiani; apologia di nonno Benito ta tv e i malesseri dell'editoria Apprendo dalla risposta di Giovanni Giovannini alla mia lettera alla Stampa pubblicata ieri che per il presidente della Fieg si ha ragione se si è in tanti (come gli editori), e che il fatto di essere soli (come il sottoscritto) dimostra che si ha torto! Questo infantile assunto, che è l'unico argomento con cui Giovannini mi replica, non richiede commenti. Io non voglio la «rissa»: le espressioni di Giovannini riportate nell'intervista pubblicata il 21 c.m. chiariscono a sufficienza chi abbia veramente scelto questo tipo di confronto. Non ho mai detto di voler distruggere la Rai e neppure che gli editori sono tutti sciocchi o in malafede: dico invece che gli editori, ora spalleggiati anche dai sindacati dei giornalisti, non sono certo obiettivi nell'attacco alla Fininvest, essendo tutti mossi da comuni interessi di bottega. E quindi la loro unione non fa certo la forza. Quanto al parere dell'autorità garante della concorrenza, esso non contiene alcuna conclusione, ma solo un invito al Garante per l'Editoria ad aprire un'istruttoria che, se vi sarà, la Fininvest affronterà in modo sereno e responsabile adducendo gli argomenti della realtà, del diritto, dell'economia, della ragione, della libertà: cioè proprio quelli che il vociare del variopinto «fronte unico» ignora o vuole interessatamente sottacere. Quel fronte non ricerca una «maggiore equità del sistema» come dice Giovannini, ma preme invece per soluzioni dirigistiche assai sospette, vista la natura e la vocazione dei suoi principali componenti, ed impensabili alla vigilia dell'ingresso dell'Italia nel Mercato unico europeo. Le vie da battere sono altre, ed in primo luogo una seria riflessione degli editori sulla ne¬ cessità, elementare, di aumentare le vendite dei loro giornali perché questi possano raccogliere più pubblicità. Nell'ultimo decennio, mentre la Fininvest ha creato dal nulla la televisione privata in Italia rispondendo a quello che alla prova dei fatti è risultata una forte richiesta del pubblico, i quotidiani italiani non hanno sostanzialmente accresciuto le proprie vendite, che ancora oggi si aggirano intorno ai 6 milioni e mezzo di copie giornaliere, all'incirca come dieci anni fa, contro gli oltre 20 milioni di copie dei giornali tedeschi e i 22 milioni di copie di quelli inglesi. Si industrino quindi gli editori italiani ad aumentare le loro vendite, e in tal modo aumenteranno anche i loro introiti pubblicitari. Riflettano inoltre sul fatto che oggi i quotidiani italiani, col basso numero di copie vendute, raccolgono pubblicità in misura assai maggiore di quella che viene raccolta dai quotidiani degli altri Paesi europei (per ogni milione di copie vendute i giornali italiani ricevono il 4,11% della pubblicità dell'area classica, contro, ad esempio, il 2,19 della Germania e 1' 1,97 della Gran Bretagna): la raccolta pubblicitaria dei giornali italiani è già dunque quasi doppia di quella media europea, cosicché non è neppure pensabile che possa ulteriormente aumentare se non crescerà anche il numero delle copie vendute. Le accuse alla mia televisione sono dunque puramente strumentali e si prestano a mascherare malesseri propri dell'industria editoriale, il cui rimedio non va però cercato nella demagogia e nella distorsione della verità. O, peggio, come fanno oggi gli editori (che credevo liberi imprenditori...) invocando interventi autoritari tesi alla artificiale compressione del mercato e dell'impresa. Silvio Berlusconi Milano Una Mussolini in Parlamento? In una epoca di permissivismo come l'attuale, si deve tollerare che, in Italia, si possa candidare alla Camera dei Deputati anche una signora che porta il cognome Mussolini e che vanta discendenza diretta dal Ca¬ po del Fascismo: e questo in omaggio al corretto principio democratico che consente l'elettorato attivo e passivo a ciascun cittadino della nostra Repubblica. Per inciso, non so quale impatto provocherebbe, nella opinione pubblica mondiale, una candidatura di un parente diretto di Adolf Hitler al Parlamento della Germania unificata...). Quelle che ritengo invece non ammissibili sono le affermazioni della predetta signora la quale propugna - fra i suoi obbiettivi elettorali - la rivalutazione della figura di suo nonno Benito, cosa che, qualora eletta (e lo sarà senz'altro, per tanti motivi), dovrebbe necessariamente tentare di ottenere a Montecitorio, in ossequio a queste stesse promesse elettorali. Le nefandezze compiute dal regime fascista sono ancor oggi troppo vive negli animi e nei corpi (vedansi, oltre alle mutilazioni, anche i numeri impressi indelebilmente sulle carni degli scampati ai lager tedeschi ove essi furono inviati dall'Ovra) degli italiani, perché affermazioni di tal fatto possano essere ammesse impunemente: o forse è stata abolita, in Italia, la legge che vieta e condanna l'«apologia di fascismo», di cui le parole della signora Mussolini sono un implicito (e nemmeno troppo...) esempio? dott. Gustavo Ottolenghi Sanremo L'operaio Arduino e le liste nere del pei Scrivo a nome di Antonio e Bruna Arduino, figli di Gaspare, il cui nome figura a pag. 4 del vostro giornale del 9 febbraio, nel contesto dell'articolo: «Spuntano le liste nere del pei». Le notizie, tratte da un periodico, fanno riferimento ad un elenco di persone distinte in «spie e provocatori», «persone sospette», «espulsi per tradimento», ecc. Sono elenchi che, si vuole, sono stati reperiti negli archivi del Komintern. La biografia di Gaspare Arduino si può così riassumere: nato nel 1901, lavorò sempre come operaio a Torino; militante del pei dal 1921, per questi motivi subì 18 arresti (erano le retate preventive del regime). Non fu mai funzionario di partito, né un dirigente nazionale o internazionale. La sera del 12-13 marzo '45 fu prelevato da un drappello delle Brigate nere con le figlie Vera di 19 anni, Libera di 22, militanti nei «Gruppi di difesa della donna» e altre tre persone che si trovavano casualmente nella sua abitazione. Nella stessa notte tutti furono fucilati. Non si intende negare né giustificare la responsabilità di chi ha usato sistemi e metodi persecutori e calunniatori (se il documento è autentico). Ma a più di 50 anni dai fatti, il pubblicare indiscriminatamente dei nomi, con accuse del genere di quelle indicate, gravemente offensive per la persona cui sono attribuite, quantomeno nell'ambiente sociale di cui fece parte, è metodo che sembra esulare da una corretta informazione. Tanto più quando si tratta di un semplice militante su cui le indagini storiche non si cureranno di fare luce ed i famigliari non avranno la possibilità di contrastare quanto asserito, se non con la loro memoria e quella dei prossimi amici. avv. Bianca Guidetti Serra Torino Ma intanto le auto blu restano Mi spiace dover tornare sul l'argomento delle «auto blu», ma la risposta data dall'on. Costa su La Stampa del primo febbraio alla mia precedente lettera non fa che riconferma re quanto i cittadini pensano e constatano. Per applicare nuove tasse bastano pochi giorni, per toccare i «benefit» degli onorevoli ci vogliono anni, e poi si parla che «tutti» devono fare sacrifici. Perché intanto i signori politici non danno l'esempio? Quanto alle auto blu, è chiaro che sino a giugno tutto sarà come prima o peggio di prima, perché in clima elettorale tutti scorrazzeranno da un capo all'altro del Paese in barba a tutti i concetti di «economia». Marcello Mulassano Oderzo (Treviso)