Torna negli Usa la fotomodella che uccise il playboy D'Alessio

Terry, addio prigione sognando la California PRIMO GIORNO PER LA BROOME Torna negli Usa la fotomodella che uccise il playboy D'Alessio Terry, addio prigione sognando la California BERGAMO DAL NOSTRO INVIATO Il primo giorno della sua nuova vita inizia alle 10 e 10 quando attraversa il cancello elettrico del carcere di Bergamo e sorride ai fotografi. Ha firmato per l'ultima volta. Ora è libera. Martedì partirà per la California con due valigie, parecchi ricordi e il cocker Moses. Ha imparato a convivere con il passato. Sa che i suoi ricordi gireranno per sempre intorno a quel 26 giugno 1984, due colpi di pistola nel silenzio dell'alba, il corpo massiccio di Francesco D'Alessio che si piega, arretra, cade. E lei immobile - davanti a quell'uomo-padrone sfigurato dal sangue - piena di cocaina, rancori, paura, con due proiettili in meno nel caricatore della sua piccola automatica. Ora Terry Broome cerca un futuro e secondo la legge ne ha il diritto. Capelli rossi a caschetto, guance colorate, occhi azzurri, f Spunta dalla scatola bianca del , carcere, attraversa il cortile. Si '. volta per salutare un uomo in divisa. Arriva al cancello, dice: «E' il più bel giorno della mia vita». Per avere ucciso Francesco D'Alessio, playboy milanese, uno che bruciava le sue notti tra i velluti dei night-club e la chiamava «cagna», Terry Broome ha scontato 7 anni e sei mesi. Poco, pensa qualcuno. «Esattamente quello che ha stabilito • la legge», dice secco il suo avvocato Jacopo Pensa. Quattordici anni di pena in primo grado. Un. dici e mezzo in appello. Uno con; donato. Due coperti dall'indulto. Nove mesi cancellati per la buona condotta. Libera. Di fare cosa? «Voglio tornare negli Stati Uniti». E poi? «Stabilirmi in California. Dove c'è caldo, sole, mare. Voglio lavorare». E' vero che si occuperà di vendite immobiliari? «Sì, era il mio antico lavoro». Per tre anni, qui a Bergamo, ha vissuto da semilibera: di giorno insegnante di inglese allo Shenker Institut, notte in carcere. Dal 14 febbraio, San Valentino, libera anche di notte, ma con l'obbligo di firma alle 9,30 del mattino. Ed eccola che arriva in taxi bianco, accompagnata da sua sorella Donna, nerovestita. Entra di corsa, dice solo: «Un minutino». Per le formalità ci vorranno in tutto 40 minuti. Ha l'aspetto di una giovane donna sportiva che ama il jogging e il nuoto, una che ha passato la sua infanzia nel verde del North Carolina con madre casalinga, pa- dre sergente, tre fratelli, una sorella. Della sua seconda vita da fotomodella, quella che l'ha consumata in un paio di anni togliendole tutto, dignità, affetti, libertà, conserva lampi di tristezza che affiorano in certi sguardi veloci. Per esempio quando dice: «Non voglio dimenticare. Semplicemente ricomincio». Cento volte ha raccontato la sua storia, nelle aule giudiziarie, a se stessa, alla sua amica e compagna di cella Vincenza Fioroni, ex Prima Linea, quella che le ha insegnato a ricostruirsi con la stessa lentezza (e amore) necessaria a fare un buon vaso di terracotta. Per tre anni, dentro al carcere, e poi fuori, in un laboratorio, Terry ha lavorato la creta per imparare a guardarsi indietro. A Milano ci è arrivata nell'aprile del 1984. Sua sorella Donna aveva già scalato qualche copertina di riviste femminili, lei invece faticava a farsi strada nei labirinti patinati di New York. Metà per delusione e metà per curiosità, salta l'Atlantico. Crede di trovare qui l'America e invece si ritrova sui divani notturni della Milano fasulla. Si ritrova nei giri feroci delle festicciole, del sesso con chi promette servizi fotografici, dei weekend con piscina. Confesserà: «Ho iniziato a usare cocaina a New York, ma è a Milano che sono diventata tossicomane». Terry fa le notti; beve, viaggia. Finisce tra le braccia del gioiel- liere Giorgio Rotti, faccia rotonda e rosa, catena d'oro al collo, cacciatore di fotomodelle, tavolo riservato al Nepentha. Finisce nel giro di Carlo Cabassi, immobiliarista, organizzatore dei fine settimana nella villa di Casorezzo. Finisce per incontrare Francesco D'Alessio, figlio di Carlo (re dell'ippica italiana), ragazzone dalla vita disordinata, ma costosa: 350 milioni di spese all'anno per occuparsi di donne e di cavalli. E' alla fine di una qualsiasi notte che avviene l'omicidio. Una notte che comincia con gli insulti e il litigio con D'Alessio, va avanti con musica, alcol, cocaina. La fuga in taxi. Il residence per recuperare la pistola di Giorgio Rotti. Il secondo taxi per andare a farsi giustizia, spalancando la porta di casa D'Alessio all'alba di quel 26 giugno. Sono passati appena due mesi da quando è scesa alla Malpensa. Ora le tocca salire le scale di San Vittore. «Ero terrorizzata. Pensavo che non sarei uscita mai più. Ero sola, distrutta dalla cocaina. E avevo ucciso un uomo». No, quella storia non finirà di scavarla. Eppure vista in questa mattinata di sole, pronta a infilarsi dentro al suo primo giorno di libertà vera, Terry Broome sembra essersi tolta un po' di tempo dalle spalle. Ha un sorriso ragazzino, gli orecchini che brillano. Prima di sparire dice: «Ciao a tutti». Pino Conias «Non dimentico quel sangue. Riprenderò a vendere case» La fotomodella americana Terry Broome all'uscita dal carcere (foto graride)" e ai tempi dell'arresto