Cocer, Cossiga costretto al dietrofront di Alberto Rapisarda
Cocer, Cossiga costretto al dietrofront Dopo le accuse al Parlamento, scontro con il governo. Ma il Presidente: non mi sono arreso Cocer, Cossiga costretto al dietrofront Non riceverà le rappresentanze sindacali ROMA. E' finita che Cossiga non riceverà al Quirinale né i Cocer di carabinieri e finanzieri, né il sindacato dei poliziotti. Aveva detto che li voleva incontrare, lo aveva ripetuto anche dopo che Andreotti gli aveva suggerito di lasciar perdere: «Credo che lo stesso presidente abbia annullato l'incontro». Ma ieri si è dovuto rassegnare. Andreotti ha riunito a Palazzo Chigi il suo vice, Martelli, assieme a Scotti (Interno), Rognoni (Difesa) e Formica (Finanze) e ha riconfermato il «no». E al Quirinale non salirà neanche il sindacato della polizia, il Siulp, per il quale non è necessaria alcuna autorizzazione del ministro competente. In questo caso è stato Cossiga a rinunciare «per cortesia». Ma deve aver avuto un qualche peso il fatto che gli stessi poliziotti avessero precisato ieri che sarebbero andati da lui «solo per un atto di educazione, ben sapendo che i nostri interlocutori restano il governo e il Parlamento». A tarda sera arrivava dal Quirinale il comunicato della resa. Cossiga annunciava che Andreotti lo aveva «invitato a soprassedere, ha cioè espresso parere contrario e non ha concesso il necessario consenso. Nel rispetto dei principi del regime parlamentare, il presidente della Repubblica si atterrà alle decisioni del governo». Una postilla che suona come un «obbedisco» detto assai controvoglia. A questo punto, bloccato da Andreotti sul fronte dei rapporti con i militari, Cossiga sembra molto più cauto sull'ipotesi di una crisi di governo se psi e pli non approvassero alla Camera la legge sulla obiezione di coscienza. Anzi, di crisi non ne parla più e fa capire anche che non ricorrerà alla Corte costituzionale per aprire un conflitto di attribuzione di poteri con il Parlamento. Anche perché, come ha fatto sapere ieri il presidente della Corte, Aldo Corasaniti, l'eventuale sentenza arriverebbe ben dopo le elezioni. La marcia indietro di Cossiga (lui avverte: «Non mi sono arreso») è stata brusca e sorprendente. E non è da escludere che l'aver insultato il Parlamento con la definizione di «zombi» (morto che cammina), lo abbia alla fine messo in una posizione assai delicata. Nessuno, tra quanti lo appoggiano, ha provato a difenderlo (solo Altissimo ha parlato di Camere in «coma profondo») e gli altri lo hanno coperto, in parti uguali, di accuse e ironie. Non solo. Ieri, sia i socialisti che i liberali hanno ufficialmente affondato l'operazione crisi di governo, annunciando a Cossiga che non hanno alcuna intenzione di drammatizzare il risultato del voto sulla obiezione di coscienza. «L'argomento dell'obiezione di coscienza non mi appassiona e non drammatizzeremo nemmeno un voto che veda divisa la maggioranza» ha assicurato il portavoce della segreteria socia¬ lista, Ugo Intuii. E i liberali, schieratissimi col «partito del presidente»? Anche loro non faranno nulla per innescare una paradossale crisi di governo a Camere già sciolte. «Se il problema riguarda il comportamento del Parlamento non esistono i presupposti di una crisi - garantisce il segretario liberale, Altissimo - perché nei lavori del Parlamento il governo è solo testimone». E con questo «disimpegno», socialisti e liberali si tirano da parte lasciando faccia a faccia Cossiga e Andreotti. E lo fanno senza riuscire a nascondere la sorpresa di trovarsi davanti ad un Andreotti aggressivo e determinato. L'aver voluto portare l'obiezione in Parlamento «è un inutile atto di guerra» osserva il capo dei deputati socialisti, Salvo Andò. Craxi si è limitato a ripetere che il Parlamento è sciolto, «c'è un governo che dovrebbe essere di ordinaria amministrazione» e ci sono i cittadini chiamati a votare per decidere chi dovrà governare. Il resto «sono delle beneamate chiacchiere». Ora bisogna vedere cosa succederà alla Camera mercoledì prossimo. Il pds ha invitato i partiti che non hanno voluto mettere sotto accusa Cossiga a «ricercare concordemente le vie utili a contrastare il perìcolo democratico incombente». Alberto Rapisarda
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