Noi olandesi non rinunciamo alla lingua; a scuola l'ora di onestà di Au. Min.

Noi olandesi non rinunciamo alla lingua; a scuola l'ora di onestà LETTERE AL GIORNALE Noi olandesi non rinunciamo alla lingua; a scuola l'ora di onestà Nessun sacrificio sull'altare di Bruxelles La nuova divinità Europa è molto venerata. In tutte le lingue si canta l'inno della sua gloria, anche se si ha l'impressione che il suo culto richieda sacrifici linguistici. Si comincia a sentire il lamento dei popoli costretti ad «immolare l'idioma nazionale sull'altare di Bruxelles», per la realizzazione del nuovo Regno. Così la settimana scorsa l'Italia ha compianto l'Olanda e la sua lingua poco conosciuta, temendo il peggio anche per il futuro dell'italiano. Nonostante la fantasiosità della fonte da cui è partita la discussione sul «suicidio della lingua olandese» (l'articolo di un giornalista belga francofono del Dimanche Matin) bisogna riconoscere che la stampa italiana ha saputo riproporre la notizia in modo tale da suscitare giuste reazioni di perplessità e incredulità. Non è riuscita tuttavia a evitare una certa estremizzazione della questione: o continuare a parlare l'olandese o abbandonarlo completamente a favore di un'altra lingua. Il problema in Olanda è invece più articolato: parlare una lingua o più lingue, e in quali circostanze? Mantenere l'olandese come lingua esclusiva dell'insegnamento? Regolamentare l'intera questione per mezzo di una legislazione nazionale? Sorprendente è stata la quasi completa mancanza di smentite da parte olandese nel dibattito italiano. Ciò è spiegabile poiché non ci si aspettava l'improvviso interessamento italiano: il rapporto Van Gunsteren era già stato pubblicato un mese prima e aveva avuto poca pubblicità in Olanda. Il silenzio è anche comprensibile per il fatto che è difficile rispondere ai tanti luoghi comuni citati dalla stampa: perché negare che gli olandesi conoscono così bene le altre lingue, anche se ciò non e vero in assoluto? Come precisare poi che la lingua neerlandese non e solo un fluire di impronunciabili suoni gutturali? Come rispondere all'altro luogo comune relativo all'avarizia olandese, se non risparmiando al massimo le parole? Si tratta di un argomento così complesso, e ancora in sviluppo negli stessi Paesi Bassi, che è difficile fornirne un resoconto esauriente. In Olanda la discussione è appena agli inizi. I suggerimenti della commissione Van Gunsteren partono da tre constatazioni: l'olandese non dovrà mai perdere la sua posizione di lingua più parlata nella vita quotidiana, politica, sociale, economica dell'Olanda (e delle Fiandre); i Paesi Bassi non devono però rischiare di perdere gli agganci internazionali; la qualità dell'insegnamento universitario e della ricerca non dovrà impoverirsi per motivi linguistici. Visto che per il momento, secondo la commissione, non c'è una concreta minaccia, non si intende dare nessuna legislazione che prescriva l'uso dell'olandese nell'insegnamento universitario. Non manca chi interpreta questo dichiarato liberalismo linguistico come abbandono della propria lingua; invece è segno di vitalità e di fiducia. Probabilmente la reazione italiana di sdegno è stata più significativa delle contenute osservazioni espresse in Olanda sul rapporto citato: ha messo in rilievo alcuni valori essenziali, ha puntato il dito verso una certa propensione olandese alla noncuranza e ha inoltre dimostrato che le questioni di politica linguistica sono delicate e devono essere formulate in termini più positivi e trasparenti. Charles van Leeuwen docente di lingua e letteratura neerlandese all'Università di Bologna La vita di mio padre, Anf uso Le note biografiche relative a Filippo Anfuso indicate da Giuseppe Mayda non sono del tutto esatte. Nel 1920 Filippo Anfuso seguì la spedizione di Gabriele D'Annunzio a Fiume non in qualità di legionario, ma nella sua veste di giornalista ed inviato speciale del Mattino, della Stampa e L'Idea Nazionale di Forges Davanzati. Dopo essere stato in seguito direttore di un quotidiano tripo¬ lino, La Nuova Italia, Filippo Anfuso entra in carriera diplomatica per regolare concorso nel 1925 e non nel 1937. La nomina a capogabinetto del ministro degli Affari Esteri, Conte Galeazzo Ciano, interviene dopo che in anni di carriera egli ha coperto varie sedi all'estero. Il ministero degli Affari Esteri lo invia a reggere la reale Legazione d'Italia a Budapest all'inizio del 1941, sede in cui si trova ancora nel momento in cui il governo Badoglio accetta lo «Short Military Armistice». Mario Vigano ha recentemente pubblicato per i caratteri della Jaca Book un volume, Il ministero degli Affari Esteri e le rela¬ zioni internazionali della Rsi, dedicando ampio spazio alle note diplomatiche dell'ambasciata d'Italia a Berlino negli anni 1943-1945. Contrariamente al lettore di Torino, il procuratore generale, che giudicò Adolf Eichmann, indicava nella sua requisitoria durante il processo che ebbe luogo a Gerusalemme in anni non sospetti, e non nel corso di una campagna elettorale, puntuali apprezzamenti per l'attività dell'ambasciata d'Italia a Berlino (1943-1945), che sfidando l'ira tedesca «continua come prima •nei suoi interventi a favore degli ebrei». Consiglierei inoltre al lettore le opere che il conte Tolstoj e Jacques Bacque hanno dedicato al dramma dei cosacchi di Krassnov ed ai prigionieri di guerra tedeschi nei Lager francesi e russi, tutelati dagli organismi internazionali. Mussolini intervenne a favore degli internati italiani in tutti e due i suoi ultimi incontri con Hitler, a Klessheim il 7-10 aprile 1944 e poi a Rastenburg il 20 luglio dello stesso anno. (Vedi L'Italia in resa di Marco Picone Chiodo). Per quanto riguarda il delitto Rosselli, invito a leggere il libro Il cono d'ombra di Franco Bandini, che assai diffusamente ha voluto studiare le vicende giudiziarie di mio padre sia in Italia che in Francia, intervenute negli anni 1945-1949. Nei volumi della Navicella, Bibbia dei parlamentari italiani, si danno ulteriori informazioni sull'attività parlamentare dell'on. Filippo Anfuso, dal lontano 1954 finché la sua voce non si spense per sempre in aula nel 1963; in corso di dibattiti ed interrogazioni continuamente interpellò i governi dell'epoca e gli onorevoli Togliatti e Pajetta sul perché non fosse possibile ottenere maggiori indicazioni sulla sorte dei nostri prigionieri di guerra in Russia. Clarissa Anfuso, Roma Educhiamo i ragazzi alla nonviolenza Trovo sconcertante che uno Stato non trovi di meglio che demandare al singolo cittadino la risoluzione di una piaga che non si può certo combattere a pistolettate. Io una ricetta penso di averla e nel mio piccolo cerco di pragmatizzarla, avvalendomi del mio ruolo d'insegnante. Se soltanto lo Stato obbligasse quel 40% di ragazzi, che vengono sottratti a tale obbligo, a frequenta re la scuola e si occupasse sul se rio dell'educazione all'onestà e alla non violenza di tutti i bambini italiani, investendo noi insegnanti di maggiori responsabilità in proposito, s'impedirebbe alle troppe famiglie nelle quali regna l'ignoranza di allevare in assoluta libertà i futuri crimina li del domani. Tra due o tre lustri potremmo dire di avere sconfitto la mafia Non con una pistolettata, ma educando tutti i ragazzini e dico «tutti», all'amicizia, alla lealtà, all'onestà, anche se per far que sto sarà sacrificata qualche regola di grammatica. prof. Michele Palmieri Verzuolo (Cuneo) Chicco Testa e l'incubo di Achille Mi dispiace che Augusto Minzo lini (La Stampa del 19 febbraio) metta tra virgolette e come se si trattasse di un parere delibera tamente rilasciato le sciocchezze che ho la colpa di fargli ascoi tare. Quel che è certo è che un buono o cattivo risultato eletto rale del pds è questione che compete a tutti i militanti, dirigenti o no, del pds e non solo al suo segretario. E che per quanto mi riguarda ho naturalmente intenzione di fare tutta la mia parte. on. Chicco Testa, Roma deputato pds No comment. [au. min.]