Parola di cardinale, però falsa di Gabriella Bosco

Parola di cardinale, però falsa Polemica a Parigi su un saggio attribuito al gesuita Henri de Lubac Parola di cardinale, però falsa «I vescovi francesi del periodo di occupazione hanno le mani sporche del sangue dei loro preti» PARIGI A NCHE un cardinale è stali to falsificato. La prestiri giosa Revue des deux kMimondes è sotto accusa: nel numero appena uscito compare un testo sul collaborazionismo dell'episcopato francese sotto l'occupazione, a firma del cardinal de Lubac. Ma c'è chi contesta quella paternità. L'accusa, dunque, non è solo di arbitrio per la pubblicazione postuma senza autorizzazione dell'autore, come nel recente caso della Lezione sul neutro di Barthes pubblicata da Bernard-Henry Lévy. Il gruppo di storici guidato da René Rémond e Francois Bédarida, che è insorto contro il redattore capo della rivista Jean Bothorel, gli imputa un arbitrio ben più grave: lo accusa di «disonestà» per aver pubblicato il rapporto sui vescovi attribuendolo al cardinale senza aver prima fatto analizzare il testo da specialisti in grado di valutarne l'autenticità. Una Chiesa cieca e sorda Il teologo gesuita Henri de Lubac, scomparso in settembre, fu professore onorario di Teologia fondamentale e di Storia delle religioni alla facoltà di Teologia cattolica di Lione. Membro dell'Accademia di scienze morali e politiche dal 1958, venne fatto cardinale da Giovanni Paolo II nell'83. Il testo che pubblica la Revue des deux mondes, 17 cartelle di fitte denunce, fu scritto nel '44 e conservato sino ad oggi negli archivi del filosofo Jacques Maritain, cui venne indirizzato essendo egli ambasciatore di Francia presso la Santa Sede. Nelle prime righe leggiamo che l'autore si decise a redigere il grave mémoire «solo dietro un alto invito, al quale era impossibile opporre un rifiuto». Si entra poi subito nel merito, lo «scandalo» dei quattro anni di occupazione «durante i quali così spesso la Chiesa apparve soddisfatta, benché la giustizia fosse violata ovunque, le coscienze torturate, il cristianesimo schernito. La Chiesa di Francia apparve agli occhi di tutti approfittare odiosamente di una situazione odiosa». Più oltre: «E' un fatto che la maggioranza dei vescovi adottò un atteggiamento - si trattasse della stampa clandestina, del lavoro in Germania, del maquis eccetera - che condannava praticamente i cristiani resistenti, anche se non commettevano nessuna violenza, anche se non si ponevano sul terreno dell'opposizione politica». Le accuse sono di responsabilità diretta: «Ci furono drammi sanguinosi. Fatti che non sarebbero successi senza l'insolvenza dei vescovi. Molti di loro hanno le mani sporche del sangue dei loro preti». A proposito dei rapporti con il Vaticano, l'autore del mémoire accusa i vescovi francesi di aver volontariamente dimenticato l'universalità della Chiesa e l'unità dell'episcopato: «Essendo più vicino un altro potere, la popolatria di molti si mutò senza vergogna in petanolatria». E, ancora sull'inadempienza: «Nell'insieme la Chiesa di Francia ha, ufficialmente, taciuto di fronte al pericolo nazista (...). Questo silenzio è anch'esso un fatto troppo reale. Ha avuto conseguenze incalcolabili, tanto più che sotto la terribile oppressione che subivamo i vescovi erano i soli, se lo avessero voluto, a poter parlare». La conclusione: «Questo fenomeno noi l'abbiamo chiamato cedimento spirituale della Chiesa ufficiale in Francia». Non vale ad attenuare i contenuti del rapporto quel che l'autore tiene a precisare in chiusura: «Tutto quanto precede è, ne siamo consapevoli, unilaterale. Noi vogliamo questo mémoire strettamente confidenziale. Possiamo assicurare di averlo scritto senza passione alcuna». Rémond e Bédarida contestano l'autenticità del testo in base al fatto che l'originale si presenta sotto forma di dattiloscritto non datato né firmato. La menzione «Lubac» che figura a penna sulla prima pagina del mémoire fu Maritain ad apporta di suo pugno. Ma quando Jacques Prévotat - lo storico che per primo, nell'87, potè avere accesso al documento - ne sottopose alcune pagine al cardinale in persona, egli rispose che «non ricordava affatto di aver scritto il rapporto». Dichiarò tuttavia che vi ritrovava il suo stato d'animo dell'epoca. Mentre in un secondo tempo, quando Prévotat (novembre '88) gli presentò l'integralità del testo, il cardinal de Lubac ormai gravemente malato - fece rispondere dal segretario che non c'era «niente, né nello stile né tantomeno nel fondo dell'opuscolo, di comune con i testi che egli scriveva in precedenza nei clandestini Cahiers du Témoignage chrétien». In base a princìpi di critica interna, Rémond, Bédarida e Prévotat affermano che il documento dev'essere considerato «per lo meno un patchwork, un testo composito». Non negano che certi passaggi possano esse- re attribuiti al cardinale, «ma sicuramente non l'insieme». E ritengono che la Revue des deux mondes - la cui gestione è da due anni in mano a Marc Ladreit des Lacharrière, simpatizzante del Fronte nazionale «deformi il pensiero profondo di padre de Lubac», per una precisa strumentalizzazione. La rivista avrebbe pubblicato il documento non per l'interesse storico che comunque, riconoscono gli accusatori, esso comporta. Bensì per intervenire fattivamente in favore dell'ex miliziano collaborazionista Paul Touvier latitante dalla Liberazione, arrestato nell'89 e processato nel '91 per l'assassinio di sette ostaggi ebrei e di una coppia di anziani e per la deportazione di un partigiano. Un intrigo di destra? Al momento dell'arresto di Touvier, l'arcivescovo di Lione cardinal Decourtray incaricò una commissione di storici (di cui facevano parte sia Rémond che Bédarida) di indagare sulle insistenti voci secondo cui l'ex miliziano aveva beneficiato della protezione della Chiesa per tutto il periodo della latitanza. Il rapporto Paul Touvier et l'Eglise pubblicato poche settimane fa (Edizioni Fayard), afferma tali responsabilità. Le attribuisce però a singoli rappresentanti della Chiesa, nega qualsiasi strategia ecclesiastica volta a salvare Touvier. Per Rémond e Bédarida, l'iniziativa della Revue des deux mondes concertata proprio ora avrebbe lo scopo di «schizzare una difesa possibile dell'ex miliziano, riversando le colpe sui vescovi». Il caporedattore della rivista Jean Bothorel rifiuta perentoriamente le accuse di machiavellismo e si assume per intero la decisione e la responsabilità della pubblicazione. Gabriella Bosco Gli storici attaccano la «Revue des deux mondes»: non c'è alcuna prova che quel testo sia autentico li cardinale Henri de Lubac avrebbe consegnato il suo scritto al filosofo Maritain (a sinistra)

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