Più di centomila stelle sono già nella réte del satellite Hipparcos

Più di centomila stelle sono già nella rete del satellite Hipparcos NUOVA MAPPA DEL CIELO Più di centomila stelle sono già nella rete del satellite Hipparcos LE 8 agosto 1989 partì, dalla base spaziale di Kourou (Guyana francese) un Ariane-4 con a bordo il satellite astrometrico Hipparcos. Il razzo europeo espulse il satellite e lo collocò, come previsto, su di un'orbita provvisoria fortemente ellittica. Ma Hipparcos, per diventare operativo, avrebbe dovuto essere trasferito su di un'orbita circolare geostazionaria a 36.000 km dalla Terra, mediante l'accensione del suo motore principale d'apogeo. Accensione che fallì. Fortunatamente, tra il 7 e l'i 1 settembre, i tecnici di Darmstadt, riuscirono a innalzare il perigeo dell'orbita a circa 540 km e a stabilizzare l'apogeo a 36.000 km, immettendo così Hipparcos su un'orbita di sicurezza. Con queir operazione si salvò il satellite da una sicura fine, ma molti dubbi restavano circa la riuscita scientifica della missione perché, attraversando periodicamente le fasce radioattive di Van Alien, che circondano la Terra a varie altezze, il satellite avrebbe subito un forte deterioramento dei pannelli solari. Inoltre, a causa del nuovo periodo orbitale, di 10 ore e mezzo, e quindi non più sincrono con la rotazione terrestre, non sarebbe stato possibile ricevere con continuità i segnali del satellite da una sola stazione ricevente. Questo problema, per fortuna, venne subito risolto; l'Agenzia spaziale europea chiese che venissero attivate almeno 3 stazioni per fornire una copertura quasi continua nella ricezione dei dati provenienti da Hipparcos. Diedero la loro disponibilità, anche se in maniera non sempre continuativa, ed in tempi diversi, le stazioni di Odenwald (Germania), Perth (Australia), Goldstone (California) e la stessa Kourpu da cui partì l'Ariane-4. Con l'appoggio di queste stazioni, Hipparcos incominciò la sua missione operativa, nella insolita orbita, a partire dalla metà di novembre del 1989. Lo scopo della missione era quello di osservare dallo spazio, con un piccolo ma sofisticato telescopio a specchi, circa 120.000 stelle, al fine di determinare la parallasse (o distanza), moto proprio e posizione di quegli oggetti con una precisione molto spinta (si veda Tuttoscienze dell'8 marzo 1989 nel volume XV della raccolta). Con il passar del tempo si constatò che il degrado dei pannelli era minore del previsto. Questo fatto trovò sempre più conferma nel corso di questi ultimi due anni, in cui il satellite ha continuato a lavorare in modo esemplare, tanto che le stime fan pensare che la missione possa durare quasi 4 anni: le ultime notizie in merito sono comparse nella nota informativa dell'Esa del 7 gennaio, dove si afferma che ci sono fondati motivi per credere che tutti gli obiettivi scientifici si possano raggiungere. Purtroppo, i tempi con cui si potranno ottenere in Italia i risultati della missione saranno strettamente connessi ai tempi con cui l'Agenzia Spaziale Italiana (Asi) erogherà i finanziamenti ai vari Istituti coinvolti: è ormai consuetudine, per i ricercatori italiani, lavorare su progetti spaziali con mezzi inadeguati, in quanto i relativi fondi per strumentazione e contatti scientifici, indispensabili per una corretta gestione della ricerca, arrivano dall'Asi costantemente in ritardo. E così l'Italia rischia di risultare meno competitiva rispetto ad altre nazioni europee coinvolte nei medesimi progetti, poiché il successo scientifico di una missione spaziale dipende, anche, dalla tempestività con cui vengono forniti i mezzi agli istituti di ricerca per il conseguimento dei risultati. Tralasciando gli aspetti burocratico-amministrativi che legano i Centri di ricerca all'Asi, il gruppo di astrometria dell'Osservatorio di Torino dovrebbe vedersi prossimamente impegnato nell'analisi degli oltre 14.000 sistemi di stelle doppie e multiple che fanno parte del programma osservativo del satellite. Si tratterà di verificare con il locale data-base, contenente un discreto numero di cataloghi stellari, se i preliminari parametri astrometrici dei sistemi doppi e multipli, ottenuti da una catena di programmi standard, che lavorano in automatico sui dati del satellite, sono consistenti o no. In effetti, potrà succedere che alcune stelle doppie o multiple diano risultati completamente errati, in quanto il generico modello matematico studiato prevede che queste abbiano moti relativi tra le componenti trascurabili e luminosità pressoché costanti per tutta la durata della missione. Nella realtà, invece, non è raro trovare oggetti dotati di moti elevati e luminosità molto variabili. Per tali casi, si adotteranno nuovi modelli matematici che tengano in conto le diversità riscontrate. Potrà inoltre succedere di dover analizzare casi in cui stelle singole sottoposte a particolari test riveleranno una natura duplice. Per questi sistemi doppi di nuova scoperta ci vorrà una verifica osservativa da Terra e, se l'esito sarà positivo, si potranno applicare programmi specifici per l'estrazione dei da ti astrometrici. Renato Pannunzio Osservatorio astronomico di Torino

Persone citate: Goldstone, Renato Pannunzio, Van Alien

Luoghi citati: Australia, California, Germania, Italia, Torino