CRONISTA DEI SENTIMENTI NELLE CASE DI BERLINO EST di Primo LeviBruno Ventavoli

CRONISTA DEI SENTIMENTI NELLE CASE DI BERLINO EST CRONISTA DEI SENTIMENTI NELLE CASE DI BERLINO EST LBERLINO EI lavora a Torino? La città di Primo Levi. E' uno dei maggiori scrittori del nostro secolo. Ha saputo parlare del nazismo con una leggerezza e un'umanità davvero estreme». Anche Irina Liebmann ha fatto dell'umanità, dell'uomo singolo, il baricentro del suo libro-reportage appena uscito in Italia Condominio berlinese (Theoria, pp. 206, L. 24.000). La scrittrice ce ne parla nel suo appartamento di Berlino Est, «l'Est è più bello, l'Ovest è più comodo». Nata nel '43 a Mosca, da un emigrante tedesco, ha sempre vissuto nella Ddr, prima a Lipsia, poi a Berlino. Due fighe, divorziata, era una degli esponenti nella giovane letteratura Ddr. Ora è apprezzata anche nella nuova Germania, perché il suo passato non ha ombre. Irina Liebmann ha esplorato un quartiere popolare di Berlino (Prenzlauer Berg) per un documentario televisivo. «Delusa dal mezzo tv, ho deciso di scrivere un libro. Avrei voluto farne un romanzo, poi ho capito che sarebbe stato meglio metter giù le storie come me le avevano raccontate, fedelmente». Condominio berlinese è diventato così la cronaca, talvolta toccante, talvolta banale, della vita quotidiana ai tempi del Muro. Un resoconto secondo lo stile «oggettivo» caro negli Anni 70 a molti scrittori, dalla Schubert alla Kò- nigsdorf, che sostenevano (parole di Maxie Wander): «La vita di ognuno è sufficientemente interessante per essere raccontata» e scendevano in mezzo alla gente. La Liebmann incontra 29 inquilini, osserva le targhette sulle porte, si introduce discretamente negli alloggi. Talvolta ricostruisce il passato, la Repubblica di Weimar, il terrore nazista («all'improvviso ce ne fu uno in ogni casa»), i bombardamenti. «Erano colloqui a ruota libera, senza schemi. Prendevo ciò che la gente mi diceva, senza controllare se era vero». Perché scavare dietro il socialismo reale? «Volevo capire come la vita della gente incrociava la storia. Dietro le facciate uguali delle case, le storie sono uniche. Ogni essere umano è un fatto irripetibile. Non cercavo l'eccezionale, volevo la normalità. Perché la vita non è mai così bella o così brutta, come si possa pensare». Irina Liebmann annota i particolari con una cura quasi maniacale. Ha tralasciato,solo i particolari più intimi «e gli argomenti politici per non rendere 3 mio libro una delazione». Nella Ddr della onnipresente Stasi, dove anche i figli tradivano le madri, non c'era diffidenza verso un estraneo cronista? «No. Anch'io mi sono stupita della loro gentilezza e del loro coraggio. Quasi tutti volevano raccontare. Forse perché i berlinesi sono molto curiosi. Forse perché avevano bisogno di fidarsi». , Un installatore di telefoni spiega che le mance sono un cardine nella Ddr. C'è un'arte per chiederle e per darle. I giovani si sposano per ottenere una casa più grande, le madri divorziano per ricevere un sussidio. Lavori in nero. Anni per una Trabant. Espedienti. Manovre per aggira-, re la burocrazia. La liebmann racconta l'arte di sopravvivere. «Nei confronti dello Stato c'era un atteggiamento ambivalente. La gente sapeva che il costo della vita era artificialmente basso, che guadagnava troppo per ciò che faceva. Ma era anche critica per le libertà mancanti». La geografia di Berlino è cambiata: e la vita quotidiana? «Il Muro è caduto, ma l'Est è rimasto Est. Prima i tedeschi erano divisi da una barriera, ora da sospetti e pregiudizi. Nella ex Ddr sono arrivati i negozi, ma anche povertà, paura, violenza. Berlino ha un pessimo governo, privo di idee, senza soldi, non all'altezza della riunificazione. Vorrei che si ritrovasse l'atmosfera culturale di Berlino Anni 20». La Liebmann sta tornando su Berlino. Scrive un nuovo romanzo su questa città, con il grande affresco di Dòblin «Berlin Alexanderplatz» in mente («il più bel libro della nostra letteratura»). In Condominio berlinese aleggia l'odore delle patate arrosto, del carbone. La Liebman racconta la superficie delle cose ma arriva inaspettatamente al cuore della gente: «Trovavo rassegnazione, passività, pazienza. Durante i colloqui perdevo forza e curiosità. Era terribile capire che per alcuni la vita era terribile. Quando i discorsi diventavano tristi, mi veniva in mente il profumo rassicurante del pane, e andavo a comprare qualche dol ce per consolarmi. Poi anche questa alchimia finì». I dialoghi anonimi (le perso ne sono solo iniziali) si scalda no. Ci sono lampi di umanità, sogni, ricordi, stanchezze. Appare il volto umano del socialismo. Al fondo della Ddr, dietro gli invincibili campioni dello sport, dietro gli slogan di Honecker, c'è qualcosa di vero, perché banale. La signora G. liscia stoffe pesanti, guarda una finestra e dice: «Si ha sete di amore anche se si è vecchi» e scuote i suoi riccioli biondi, spruzzati di grigio. Bruno Ventavoli La scrittrice Irina Jjiebmann