UN VIOLENTO BLUES NEGLI ABISSI DI BOMA

UN VIOLENTO BLUES NEGLI ABISSI DI BOMA UN VIOLENTO BLUES NEGLI ABISSI DI BOMA LE borgate romane di Pasolini, quarant'anni dopo. Un film già visto? Purtroppo, no. I brandelli di storie che filtrano dai giornali e dalle inchieste tv lasciano intravedere i lampi di un degrado umano che è molto più drammatico di quel che vogliamo sapere e vedere, e che ovviamente non è soltanto romano. Ma se andiamo a rileggere Ragazzi di vita e Una vita violenta, al di là dell'ammirevole tenuta della pagina, scopriamo che lo scandalo degli Anni 50 assume oggi quasi i toni di un idillio rousseauiano, e che i «pischelli» pasoliniani, a confronto dei loro figli, sono degli sfortunati Tom Sawyer che le durezze della vita hanno appena tinto di ribalderia, senza intaccarne sostanzialmente la tenera pasta umana. Con II sole è innocente, Claudio Camarca, trentenne marchigiano, è alla sua seconda esplorazione degli abissi della capitale, a tre anni dalla prima, Sottoroma, esplicita sin dal titolo. Di questo mondo infero Camarca ha la conoscenza diretta e notturna che gli viene da una serie di inchieste giornalistiche condotte al seguito delle «volanti» della polizia. Gli orrori della prima linea gli sono dunque noti, e tuttavia il suo batiscafo non è quello del documentarista o del sociologo della «mondezza», ma quello del letterato che si è formato sulla linea «espressionista» della narrativa americana e su Celine, cui Sottoroma aveva pagato un esplicito tributo. Davanti all'enormità di quel che ha visto e di quel che sa, Camarca è giustamente convinto che la nuda cronaca non basta, e che occorre passare attraverso l'eccesso rivelatore del trattamento letterario; che, come appunto predica Celine, non i fatti contano davvero, ma l'emozione che i fatti innescano. Di qui la scelta di orchestrare una sorta di blues metropolitano, come suggerisce lo stesso autore nella dedica a Pier Vittorio Tondelli che lo scoprì in una delle sue antologie di giovani. L'allievo ha cercato di superare il maestro, come è giusto, per lo meno a livello di scelte stilistiche e di strategie narrative: il blues appare fortemente sincopato, «acido», pieno di percussioni e di dissonanze. Il romanzo ha un andamento corale. Poco importa che i ragazzi si chiamino il Teschio, il Moccioloso, Roscio, Kawasaki, Mezzacucchiara: il loro destino ha sbocchi segnati e prevedibili, le loro vicende si incrociano secondo una fatalità elementare. Sono cursori della droga, o «cavalli», cioè galoppini del «toto nero», il giro delle scommesse clandestine; travestiti o giovanissime prostitute che accettano per una dose di droga le pratiche più devastanti; all'occorrenza comparse di filmetti pornografici, o «marchettari» arruolati dai neri extracomunitari che hanno eletto a quartier generale le carrozze ferroviarie dei depositi di Stazione Termini. Vivono come baraccati nelle caserme cariate di periferie mediorientali, tra prati macilenti e marane fangose; hanno genitori assenti o trucidi; il loro linguaggio è ridotto a un turpiloquio ossessivo e disperato; unico sogno, la Golf a sedici valvole. La violenza che subiscono e che ricambiano è dunque un fatto meccanico, un cieco sopraffarsi di amebe. Non a caso l'unico elemento umano sembra rappresentato da un animale,.da un cane lupo allegro e soccorrevole. Se tale è la materia offerta alla pietà del lettore, Camarca ha cercato di rappresentarla dall'interno, adottandone i rit¬ mi, calandosi nelle viscere dei suoi reietti, nelle loro pulsioni distruttive, facendosi insomma lebbroso tra i lebbrosi, e consumando insieme a loro questa sorta di epopea dell'abiezione. Credo lo abbia fatto nella convinzione che non si può definire il centro, in questo caso la sostanza ultima dell'uomo, se non esplorandone i confini, ridisegnando la mappa delle terre estreme. Certo che dopo questo libro insieme iperrealistico e surreale la nostra idea della contemporaneità non resterà quella di prima. Ci appare fissato a una distanza siderale l'aforisma di Paolo Milano che Camarca ha posto in epigrafe: «Il fine ultimo dell'uomo è rendersi indegno della morte». Ma qui siamo, e qui bisogna saltare. Ernesto Ferrerò Claudio Camarca Il sole è innocente Garzanti pp. 188, L. 28.000 Claudio Camarca Esce da Garzanti il secondo romanzo dello scrittore marchigiano: «Il sole è innocente»