Il vizietto in musical divertente e italiano di Sergio Trombetta

Il vizietto in musical divertente e italiano Successo di «La Cage aux folles» all'Alfieri Il vizietto in musical divertente e italiano TORINO. Era un bel rischio mettere in scena «La Cage aux folles». Perché, anche se questo è un'altra cosa, cioè un musical, e non la commedia originale, è talmente presente alla memoria di tutti il successo del «Vizietto» il film tratto dalla pièce di Poiret, che i confronti con l'interpretazione di Serrault e Tognazzi sarebbero stati inevitabili. E infatti ci sono, ma solo per un attimo, perché qui la squadra è talmente brava e sicura che dribbla in un amen il pericolo e prosegue sicura per la sua strada. Che è quella di divertire con brio, buon gusto, comicità e un pizzico di sentimentalismo dimostrando il sino ad ora indimostrato: che anche gli italiani sono in grado di mettere in scena un musical, cioè una commedia con I canto e danza, f E' il successo è garantito, co- I me si è pun- | tualmente ripetuto l'altra st sera all'Alfieri dove lo spettacolo presentato dalla Compagnia della Rancia ha debuttato e resta in cartellone sino al primo marzo. Giusto per gli smemorati si ricorda qui che la storia racconta di una matura coppia di omosessuali, Georges e Albin, molto ruolizzati, che gestiscono a Saint-Tropez un locale di varietà con travestiti. Della «Cage aux Folles» Albin (lo straordinario Gianfranco Mari) è la star acclamatissima, il cui pubblico generoso e fedele ha garantito negli anni la possibilità di tirare avanti la baracca e crescere Jean-Michel, figlio di Georges (l'ottimo Carlo Reali), nato da un momento di distrazione con una ballerina inglese. Le cose si complicano quando Jean-Michel annuncia di voler sposare la figlia di Dindon, un deputato ultraconservatore, tipo Le Pen, che nel programma elettorale vuole chiudere tutti i locali di travestiti. Per Gianfranco Mari e evin Moore l'incontro fra consuoceri Albin, madre putativa, deve scomparire per dare alla famiglia di JeanMichel una finta aria perbenista che rassicuri Dindon. Facile immaginare la serie di equivoci che si scatena quando, di fronte alla defezione della madre vera, Albin, abituata a Strass, lamé e piume di struzzo, si presenta ai suoceri in parrucca grigia e signorile tailleur. Alla resa dei conti trionfa la diversità, cioè il rispetto per se stessi e i sentimenti veri, mentre il moralismo di Dindon viene gustosamente spernacchiato. E non si sta qui a raccontare in quali vesti ci verrà presentato alla fine. Costruito come un back stage musical, cioè un musical sul mondo del musical, lo spettacolo ci presenta i numeri delle Cagelles, fantastico corpo di ballo composto da sei uomini e due donne che danzano e cantano con bravura, e si chiamano Hanna, Dermah, Mercedes e via scheccando, e si alternano alle uscite di Albin, per il quale piume e lustrini non sono mai abbastanza. Grazie al palcoscenico girevole ideato da Aldo De Lorenzo, la scena spesso cambia e ci mostra le piccole tragedie che si consumano dietro le quinte e in casa di Albin e Georges dove imperversa Jacob, un maggiordomo/servetta negra interpretato/a dallo strepitoso Kevin Moore. Successo incondizionato alla prima, alla quale hanno certo contribuito il fasto e il lusso dei costumi di Zaira De Vincentiis, le belle canzoni di Jerry Herman, la coreografia di Baayork Lee e la ritmatissima regia di Saverio Marconi, che fa qui il bis dopo il successo ottenuto lo scorso anno, per sé e per la compagnia della Rancia, con «A Chorus Line». Sergio Trombetta I f I | st Gianfranco Mari e K

Luoghi citati: Chorus Line, Torino