Bush basta cortesie ora picchio duro

Bush: basta cortesie, ora picchio duro Voto di protesta nelle primarie del New Hampshire, tra i democratici Tsongas batte Clinton Bush: basta cortesie, ora picchio duro Dopo l'umiliante successo, guerra aperta a Buchanan WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE E' stato doloroso il «calcio negli stinchi» che Pat Buchanan ha affibbiato a George Bush nelle primarie del New Hampshire. L'espressione è proprio di un propagandista del presidente, che, per ragioni di dignità, non si è spinto fino a questo punto. «Certo, avrebbe potuto andare meglio», ha riconosciuto Bush, commentando il 58% dei voti raccolti contro il 40% del suo sfidante della destra repubblicana. «Ma come chiamereste - ha poi cercato di reagire - il 18% di distacco se non una slavina?». Tuttavia, 10 sa anche lui che non è stata «una slavina» e che, al massimo, si può dire, come ha fatto il capo del suo comitato elettorale, che «una vittoria è pur sempre una vittoria». Ma una vittoria così modesta, per un presidente in carica contro uno sfidante, in fondo, solo simbolico, potrebbe trasformarsi in una sconfitta futura. Occorre, quindi, fare qualcosa. «Non ho intenzione di prendere nulla per garantito - ha dichiarato ieri Bush con l'aggressività di chi vuole anche autocaricarsi -. Mi rimboccherò le maniche e gli darò la caccia, lo affronteremo stato per stato». Bush rimpiange di essersi comportato, rispetto a Buchanan, da «sitting duck», anatra ferma da impallinare. Cambierà tattica. Non accetterà certo il duello televisivo che Buchanan gli ha lanciato, non solo perché così si abbasserebbe al suo livello, ma soprattutto perché «il ringhioso Pat», venendo dalla televisione, è del mestiere e potrebbe rivelarsi un osso troppo duro. Bush, però, smetterà di ignorarlo, come aveva invece fatto nelle scorse settimane. «Sono stato educato e gentile - ha detto ieri -. Continuerò a essere educato, ma sto pensando a quanto devo essere gentile». Nel suo quartier generale in New Hampshire, Buchanan ha trionfato dopo il voto. «Ve l'avevo detto che insieme avremmo fatto la storia», ha urlato, galvanizzandoli, ai propri sostenitori. «Oggi - ha detto abbandonandosi a immagini militaresche - le "brigate Buchanan" si sono scontrate dall'alba al tramonto con l'armata di Re Giorgio sulla linea del fuoco e sono lieto di annunciarvi che loro si stanno ritirando in Massachusetts». Quindi, adesso, le «brigate» dell'irlandese Pat continueranno la loro guerriglia e, per Bush, è sfumata la speranza di un ritiro precoce dalla corsa di quello che era partito solo come un candidato dimostrativo e quindi subalterno. Ma questo non significa che per 11 sanguigno Buchanan adesso la strada sia in discesa. La maggioranza abbondante degli elettori che hanno votato per lui ha ammesso, in interviste fatte subito fuori dall'urna, di non credere affatto alle sue ricette politiche e di non immaginarlo come presidente possibile. «Volevamo solo mandare un messaggio di insoddisfazione a Bush», ha detto il 55% degli in- tervistati. Adesso il messaggio è stato mandato. Parla di disoccupazione, di sfiducia per la ripresa economica mancata, di rabbia per le tasse troppo alte. Ma Buchanan, con cui ieri si è congratulato un altro candidato repubblicano fuori dalle righe, l'ex-capo del Ku Klux Klan David Duke, rappresenta altre cose. Si professa l'erede del «reaganismo ortodosso», ma è isolazionista, laddove Reagan era internazionalista, è protezionista, laddove Reagan era ultra-liberista. E il suo populismo di destra, tradotto in politica concreta, potrebbe aggravare invece che alleviare i problemi economici della gente che lo ha votato. E la gente lo sa. Inoltre, Buchanan difficilmente riuscirà a doppiare in altri stati, soprattutto nel Sud, il successo avuto in New Hampshire e, nel giro di pochi giorni, potrebbe già apparire un astro in rapido declino. Combattendo contro di lui, quindi, Bush dovrà combattere soprattutto contro se stesso, contro il deterioramento della sua immagine. In compenso, sull'altra sponda, quella democratica, continuerà per un pezzo a non avere avversari. Paul Tsongas si è affermato su Bill Clinton 35% contro 26%, ma è per lui un brutto segnale che il suo margine si sia ristretto negli ultimi giorni. Clinton si proclama ironicamente «il redivivo» per essere andato meglio del previsto. Adesso spera che il «super-martedì» del 10 marzo, quando voteranno 11 stati' tra cui parecchi del «suo» Sud, lo ricollochi in testa al gruppo. Ma resta un candidato ferito e la sua ripresa ha solo l'effetto di bloccare, per il momento, la discesa in campo di uomini più forti, come Richard Gephardt e Lloyd Bentsen, che si stavano già scaldando a bordo campo. Ormai, essendo scaduti i termini per la presentazione delle candidature in 24 stati, eventuali ripescaggi potranno esserci solo nella Convenzione di metà luglio. La pessima figura fatta da Mario Cuomo, che ha avuto solo il 3% dei voti, ha liquidato definitivamente lui e l'idea delle «writein candidacies», le candidature dal basso di uomini che però non corrono. Cuomo, pur non candidandosi, - aveva incoraggiato il gioco. I suoi sostenitori, che hanno distribuito volantini e pagato spot pubblicitari fino all'ultimo momento, erano sicuri di un 810% e speravano in un perentorio 15%. Invece è arrivato un disastroso 3%, solo un punto in più del difensore dei consumatori Ralph Nader, anche lui «iscritto dal basso». Paolo Passarmi Male anche il candidato-ombra Cuomo Il governatore dello Stato di New York ha ottenuto soltanto il 3% dei voti La sua stella pare ormai tramontata Con un secondo posto appena alle spalle di Bush , Pat Buchanan è stato la rivelazione di queste primarie «Un calcio negli stinchi a Bush», ha commentato lo staff presidenziale Un successo amaro per il presidente Bush, in New Hampshire ha vinto ma con stretto margine. A destra, il candidato democratico Bill Clinton con la moglie: Clinton è stato battuto da Tsongas DI OCCUPARSI TROPPO DI POLITICA ESTERA E TROPPO POCO DEL SUO PAESE DI NON AVER MANTENUTO LA PROMESSA DI REALIZZARE LA RIPRESA ECONOMICA A BREVE TERMINE j DI NON AVER FATTO NULLA PER MIGLIORARE IL SISTEMA SANITARIO NAZIONALE DI NON AVER MANTENUTO LA PROMESSA DI NON AUMENTARE LE TASSE DI ESSERE TROPPO MOLLE CON I GIAPPONESI Dl N0N AVER MIGLiORATO U^ni^nW^ ABBASTANZA IL SERVIZI0 /V^i Wt\ SC0LASTIC0, N0N0STANTE ^W^oJ AVESSE DETT0 Dl V0LER ESSERE "IL PRESIDENTE \^ DELL'EDUCAZIONE" ®M \ CHECOSA ' ,.""::.:£i y PI I AMCDIPAMI IN C0NCLUSI0NE: : S hlSSSSK^ 1 01AVER FATT0 PERDERE RIMPR0VERAN0 ^gg^'iSSS^ L A OIICU MENTRE SADDAM ^ ABUbM HA ANC0RA IL SU0 \

Luoghi citati: Massachusetts, New Hampshire, New York