«La mafia è dentro lo Stato» di Francesco La Licata

«La mafia è dentro lo Stato» Presentata la relazione conclusiva dell'Antimafia dopo 4 anni di lavoro «La mafia è dentro lo Stato» Chiaromonte: ma nessuno ci ha dato retta ROMA. «Si rafforzò in noi l'opinione che la mafia non era soltanto una forza che agiva contro lo Stato, ma che operava al tempo stesso dentro le Istituzioni e dentro lo Stato». Così scrive Gerardo Chiaromonte, presidente della commissione Antimafia, nella relazione conclusiva sull'attività di quasi quattro anni. Una denuncia esplicita, riferita prevalentemente al periodo in cui la Commissione si insediò, scontrandosi con la generale disattenzione nei confronti dei problemi legati alla criminalità organizzata. Un bilancio non tutto «nero», quello di Chiaromonte, ma duro nella denuncia esplicita di avere, in più d'una occasione, predicato al vento. «Spesso - dice il presidente - abbiamo dovuto registrare elementi di delusione e persino di frustrazione». Le frecciate di Chiaromonte sono indirizzate principalmente al governo, che ha dato l'impressione di «non prendere nella giusta considerazione le nostre relazioni». Ma non risparmiano neppure quanti, come per esempio il Consiglio superiore della magistratura in occasione della denuncia sugli arresti domiciliari «facili» a Napoli, alle segnalazioni dell'Antimafia non hanno fatto seguire «una qualche rigorosa iniziativa». «Per un lungo periodo della nostra attività - incalza la relazione di Chiaromonte - ci è sem- brato di premere inutilmente su un muro di gomma». La constatazione del senatore raggiunge punte di amarezza più elevate, quando le inadempienze descritte vengono messe in relazione con il lungo periodo di generale arretramento delle forze sane rispetto al problema della mafia. L'allusione è rivolta a quanto accadde a Palermo, all'indomani del «processone» a Cosa Nostra, definito da Chiaromonte «un punto alto nella lotta contro la mafia». Subito dopo, afferma Chiaromonte, «si sviluppò un'offensiva su diversi piani tesa a far tornare indietro la situazione». La relazione non fa mistero di queste tappe a ritroso: le sentenze del giudice Carnevale, «l'offensiva per svuotare i pool» e lè manovre «all'interno stesso delle strutture e dei corpi dello Stato». Tutto ciò mentre l'Alto commissario Sica denunciava che «una parte grande del territorio delle regioni meridionali era ormai occupato dalla delinquenza organizzata». La convinzione di Chiaromonte è che «alle nostre indagini non venivano date risposte soddisfacenti». Questioni molto delicate (come quelle «da noi sollevate per gli appalti della base Nato di Isola Capo Rizzuto o per quelli relativi alla centrale termoelettrica di Gioia Tauro») «sono state lasciate cadere e sono ancora irrisolte». Riferendosi, poi, ai numerosi sopralluoghi compiuti nelle zone maggiormente esposte al rischio-mafia, il presidente della Commissione parlamentare confessa: «Abbiamo toccato con mano, nelle diverse parti d'Italia, e denunciato, l'inadeguatezza e i limiti dell'azione di contrasto». Quindi Chiaromonte rivendica a «questa Commissione l'aver sollevato con forza le questioni relative alla situazione di Milano e del suo hinterland, o quella di Roma e del Lazio». E rivendica anche il merito di aver posto l'attenzione sui problemi degli appalti, della trasparenza degli uffici pubblici, della commistione mafia-politica, del riciclaggio del denaro «sporco». «Siamo stati noi a denunciare - scrive Chiaromonte come la criminalità organizzata sta investendo il denaro guadagnato con il traffico della droga e con altre lucrose attività illegali, in attività legali e in varie imprese immobiliari e finanziarie». «Solo negli ultimi tempi - osserva il presidente - abbiamo avuto la sensazione che qualcosa cominci a muoversi in direzione positiva». Chiaromonte fa esplicito riferimento alle iniziative di Scotti e Martelli e, in particolare, all'istituzione della Dia e della Dna. Ma nello stesso tempo suggerisce a Scotti di continuare nell'azione che ha portato allo scioglimento di 24 amministrazioni locali. Invita il ministro a dare «piena e rapida» attuazione alla legge sulla rimozione di amministratori e consiglieri comunali sospetti, «anche nelle grandi città». E accusa «esponenti locali dei partiti» e ((perfino membri del governo» che hanno osteggiato ((vivacemente» i provvedimenti di scioglimento firmati dal ministro dell'Interno. Chiaromonte conclude la sua relazione auspicando per la prossima legislatura una nuova commissione Antimafia, ma senza i poteri d'inchiesta, riservati all'autorità giudiziaria. Francesco La Licata

Persone citate: Chiaromonte, Gerardo Chiaromonte, Isola Capo Rizzuto, Sica