E' fragile la difesa di Mavilla

E' fragile la difesa di Mavilla Delitto Bodo E' fragile la difesa di Mavilla L'ex amante lo accusa, la moglie della vittima lo ha riconosciuto, tutto pare indicare in lui l'assassino del tappezziere Claudio Bodo. Ma Ignazio Ma villa continua a negare, cerca risposte plausibili alle domande del pm Maddalena e del presidente della Corte d'assise Caselli. Si rifugia in frasi come «non so spiegarmi perché», «non so cosa dire». Loredana Ghilleri, la sua ex amica, lo ha inchiodato: «Bodo mi aveva insultata dopo un incidente stradale. Ignazio voleva che si scusasse. L'ho accompagnato con l'auto. Non potevo immaginare che lo avrebbe ucciso». Mavilla ieri ha respinto tutto. Ha ricostruito davanti alla Corte quello che fece il 18 settembre '90, il giorno del delitto. Un racconto minuzioso, ma in cui mancano i riscontri: «Sono andato da mio cognato a Venaria, poi dal carrozziere, poi da alcuni autodemolitori della Falcherà, infine in un bar». Nessuno l'ha visto. «Mio cognato non era in casa. Dal carrozziere ho preso in prestito un'auto, ma non sono sicuro che mi abbia notato». Mavilla, difeso dagli avvocati Bissacco e Cristini, ha dalla sua la moglie: «Ignazio mi accompagnò da mia madre, poco prima delle 14». Bodo fu ucciso alle 13,50. Maddalena: «Perché è fuggito?». Mavilla: «Ho saputo che i carabinieri avevano chiesto di me. Mi sono spaventato e sono scappato». «Andai da un amico in Val di Susa. Quattro giorni dopo mio cognato mi avvertì che i carabinieri mi accusavano di un delitto. Non pensai di andare in caserma a spiegare che si sbagliavano. Mio cognato Gaetano (fu ucciso due mesi dopo ndr) mi consigliò di stare tranquillo in attesa che la situazione si chiarisse. Volevo costituirmi, ma la polizia arrivò prima».