La Terra ultima occasione

La Terra ultima occasione In anteprima il rapporto mondiale ni pianeta: quali vie per salvarci La Terra ultima occasione 1mutamenti avvenuti a velocità imprevedibile sulla scena politica, con la-fine della guerra fredda, gettano lampi di speranza anche sulla scena ecologica. Si apre la prospettiva di un più ragionevole uso delle enormi risorse finanziarie destinate agli armamenti: un milione e 274 mila miliardi di lire nel '90, circa 200 mila lire prò capite facendo la media fra tutti gli abitanti del globo, compresi un miliardo di poveri che campano con meno di 300 mila lire l'anno. McNamara, presidente della Banca Mondiale, dice:-«E' giunto il momento di ima massiccia riduzione delle spese militari, a vantaggio del miglioramento dell'ambiente e delle condizioni di vita nei Paesi in via di sviluppo». E' pesante l'eredità di decenni consumati nella preparazione di ordigni distruttivi anziché nella buona cura della casa comune, trascurando le conseguenze di uno sviluppo economico incurante della fame dei più come delle leggi della biosfera. Ecco, in anteprima per l'Italia, alcuni indicatori tratti dalle 190 pagine di State ofthe World, rapporto sullo stato del pianeta pubblicato annualmente dal World Watch Institute di. Washington: la coltre di ozono che protegge l'emisfero settentrionale si è assottigliata con velocità doppia del previsto. La temperatura media della superficie terrestre è la più alta da quando viene registrata, ossia dalla metà del secolo scorso. Ogni giorno scompaiono 140 specie animali e vegetali. L'inquinamento degli oceani e l'alterazione della flora sottomarina provocano effetti a catena, sino a ridurre le popolazioni dei corani nei Caraibi. L'urgenza di destinare parte delle spese militari ai programmi di controllo demografico e di aiuto alle popolazioni col più alto tasso di natalità viene suggerita dalle statistiche. Benché Cina, India, Nigeria e Messico abbiano adottato politiche di pianificazione delle nascite, gli abitanti della Terra aumentano di 92 milioni l'anno e di questi ben 88 milioni nascono nei Paesi poveri, dove un miliardo di creature umane sono ai limiti della sopravvivenza. Un bambino su tre è malnutrito o alla fame. Un miliardo di adulti totalmente analfabeti. Milleduecento milioni di abitanti del pianeta privi di acqua che si possa dire potabile. Secondo l'Onu, basterebbe il 2 per cento delle spese militari di tutti i Paesi per dare a chi ne ha bisogno almeno acqua sana da bere, un minimo di igiene e di istruzione. Ma non sarebbe che un primo timido passo verso quella «rivoluzione ambientale» che il direttore del World Watch Institute, Lester R. Brown, ritiene indispensabile se si vogliono evitare il collasso dell'ecosistema, le grandi migrazioni verso i Paesi ricchi, la rivolta dei popoli poveri. «Non possiamo più separare la questione dell'abitabilità del pianeta da quella della distribuzione della ricchezza». Se il vento del disarmo nucleare porta promesse per il nuovo millennio, l'obiettivo indicato dall'osservatorio ambientale di Washington non è certo quello di distribuire il benessere su tutta la Terra ripetendo ovunque il modello di sviluppo dei Paesi ricchi. Modello die ha prodotto tanti guasti e che porterebbe ad alterazioni insostenibili nell'ecosistema, terra-oceani-atmosfera. Che cosa accadrebbe nel 2050, quando si saranno aggiunti altri 4 miliardi e 700 milioni di terrestri, al 90 per cento concentrati nel Terzo Mondo? Pensiamo al modello dei trasporti: si immagini la media di un'automobile ogni due o tre persone su tutto il pianeta. Vediamo il problema dell'alimentazione: in seguito allo sfruttamento eccessivo dei suoli, la produzione di grano diminuisce dal 1984 e viene in gran parte destinata all'alimentazione del bestiame allevato su scala industriale, mentre i cereali mancano nelle regioni ridotte alla fame. Nei Paesi ricchi, il consumo di carne è enorme al confronto con quelli poveri: 112 chilogrammi prò capite l'anno negli Stati Uniti, 91 in Francia, 77 in Italia, 40 in Messico, 14 in Egitto, 2 in India. Nell'ex Unione Sovietica, il consumo di grano per l'alimentazione di bestiame ha superato quello per l'alimentazione umana creando scarsità di pane, pasta, farina. Più bestiame e meno foreste, eliminate per creare pascoli e campi destinati alla coltivazione di cereali per bovini, polli, maiali. In Brasile, 10 milioni di ettari di foresta amazzonica sono stati distrutti per fare spazio agli allevamenti più redditizi. Una delle conseguenze è la crescente estensione dei deserti. Tre quarti delle terre aride sono state desertificate dall'uomo. Per di più usiamo combustibili che creano la fascia di anidride carbonica con effetto serra e riscaldamento del pianeta, avveleniamo l'aria, inquiniamo gli oceani. La quantità di pesce nei mari costieri del Nord America si è ridotta di un terzo. «E' impossibile che tutti i popoli della Terra raggiungano il livello di vita della Germania o dell'Olanda», dice il ministro brasiliano dell'Ambiente, Lutzenberger. E' però evidente che i Paesi avanzati devono porsi qualche limite per ridurre le differenze abissali. Se ne parlerà alla conferenza di Rio de. Janeiro, indetta dalle"' Nazioni Unite a vent'anni da quella di Stoccolma che segnò l'ingresso dell'ecologia nella cultura di massa. Uno dei temi di confronto è quello dell'energia. Fino a pochi anni fa molti speravano nel nu- cleare. Poi l'orientamento è cambiato, tanto più dopo Cernobil (300 mila persone colpite da radiazioni). Ora emerge uno scenario alternativo, dominato nel rapporto World Watch da un nuovo protagonista, l'idrogeno, abbinato alle fonti pulite e rinnovabili, solare ed eolica. Prodotto con un semplice processo di elettrolisi, immettendo nell'acqua corrente elettrica, l'idrogeno può essere trasportato anche su lunghe distanze, come il metano. E' utilizzabile per alimentare motori di automezzi, per generare elettricità, per usi domestici. Non inquina l'atmosfera, non rilascia anidride carbonica. Autobus a idrogeno già circolano ad Amburgo in via sperimentale. Ci vorranno parecchi anni per arrivare al regno pulito dell'idrogeno. La fase di transizione può essere assicurata dal gas naturale. Le riserve accertate sono sufficienti per 95 anni nell'ex Urss, per 132 in Algeria, per 207 in Norvegia. Raddoppiando i consumi di gas naturale in tutto il mondo, le riserve sarebbero sufficienti per alcuni decenni, consentendo il passaggio all'idrogeno, al solare e all'eolico con progressivo abbandono di petrolio e carbone. Se nella parte profetica il rapporto sullo stato dèi pianeta può motivare riserve da parte degli scienziati, che credono sia possibile mantenere il vecchio modello di sviluppo con qualche correzione, le radiografie della realtà sono al di sopra di ogni discussione. Vediamo città o meglio conurbazioni caotiche nel Terzo Mondo. I dati sono spaventosi. L'area metropolitana più grande del mondo non è New York (era in testa nel '50 con 12,3 milioni di abitanti), né Tokyo ( 16,9 milioni di abitanti nell'80) ma Città del Messico, avviata ai 25 milioni di abitanti. Tra pochi anni San Paolo del Brasile arriverà a 22, Shanghai a 17, Calcutta a 15, Giakarta a 14: agglomerati informi, composti in gran parte di baracche. Il 75-90 per cento delle costruzioni è abusivo, tirato su alla meglio, senza acqua né fogne. Lester R Brown dice: «Se la società non si mobilita, la rivoluzione ambientale non riuscirà a decollare» e cita ad esempio di mobilitazione un missionario italiano, padre Antonio Polo. Nel villaggio andino di Salinas, Ecuador, ha creato una comunità che investe i profitti di colture e allevamento nella bonifica dell'ambiente, nella riforestazione, nei servizi sanitari e nell'istruzione. Altri sette villaggi andini hanno adottato il modello di padre Polo. «Salvare il pianeta non è uno sport da spettatori», conclude Lester R. Brown. 'Mario Fazio e n

Persone citate: Antonio Polo, Brown, La Terra, Lester R. Brown, Mario Fazio, Salinas