Rockefeller, i nipotini hanno fretta

Rockefeller, i nipotini hanno fretta I rampolli della grande famiglia americana vogliono guadagnare più dei loro genitori Rockefeller, i nipotini hanno fretta Cambierà tutto, ma c'è il rìschio che il patrimonio s'impoverisca I Rockefeller vogliono ricominciare a crescere. «Un personaggio come il grande vecchio John D. _ non sarebbe più possibile oggi, ma non è detto che il mondo non ci perda»: così Raymond Cartier concludeva, alla fine degli Anni 60, un breve pamphlet sulla grande famiglia diventata miliardaria, per prima negli Stati Uniti, durante la guerra del '14-'18. Tra gli 8 pronipoti maschi e le 13 pronipoti femmine di John sr. (siamo alla quarta generazione) c'è ora un gran desiderio di riprovarci. In ogni caso domina la ferma volontà di riguadagnare il terreno perduto negli ultimi tempi. Il nome di famiglia è un poco impallidito in campo polìtico (Nelson è scomparso, il senatore John Jay ha rinunciato da tempo a correre per la Casa Bianca) ma, nonostante la vendita ai giapponesi di uno dei gioielli di casa, il Rockefeller Center, nel cuore di New York, è ancora sinonimo di ricchezze da capogiro e di magnificenza filantropica. Il clan ha creato e sostiene musei, università, fondazioni. Ma in questo momento gli eredi della dinastia hanno paura che i loro figli non possano più godere in futuro di quella qualità di vita e di quella influenza nel mondo non soltanto economico che è il blasone di famiglia. E' cominciato così, secondo il New York Times, un poderoso sforzo per incrementare un patrimonio valutato tra i 5 e i 10 miliardi di dollari. Molti tra i giovani rampolli hanno chiesto per prima cosa di mettere le mani sul proprio denaro: ora che il clima nel settore degli investimenti è in crisi, bisogna sperimentare nuove vie. Non senza pericoli. «Storicamente la nostra carta vincente - avverte David Rockefeller jr. - è stato preservare globalmente il patrimonio piuttosto che accumularne del nuovo». Per decenni i membri del gruppo hanno incassato interessi per miliardi e speso milioni a centi¬ naia. Negli ultimi tempi si è largamente investito in Asia, America Latina e Europa, puntando su un più alto e quindi rischioso ritorno del capitale, sempre però mantenendo ogni iniziativa sotto l'ombrello di una solida unione «corporativa». Sino ad ora tutti i Rockefeller hanno avuto eguali potere e prestigio e hanno abbinato ricchezza a mecenatismo. Se invece ogni generazione «spilluzzica» la fortuna famigliare, diventerà arduo per il gruppo mantenere il suo status. Normalmente ogni membro della famiglia fa donazioni annue per 50 milioni di dollari, mentre le fondazioni finanziate dal clan nel suo complesso distribuiscono 170 milioni. David jr., cinquantenne, è recentemente succeduto al padre alla testa del Rockefeller Financial Services, la finanziaria di famiglia. Dice: «Il problema è di non diminuire il patrimonio dei singoli. Ma riusciremo a trovare una nuova Standard Oil? Probabilmente no». Nel 1914 il vecchio capostipite «valeva» già più di un miliardo di dollari (quasi 14 di oggi) grazie V alla sua prima grande operazione finanziaria: con soli 4 mila dollari si era aggiudicato il business di una raffineria che trasformò nel potentissimo monopolio diventato la bandiera dei Rockefeller. Nel '34 il figlio John aveva organizzato in «trust» i vari rami del proprio impero che divennero proprietà dell'unica figlia e dei cinque maschi. Una struttura che resta ancora oggi il fulcro della fortuna familiare, ma che con la quarta generazio- ne decadrà e per la quinta sarà necessario una nuova organizzazione. Ce la faranno allora i Rockefeller, grazie soprattutto agli investimenti esteri, a incrementare la loro leggendaria panoplia? «La nostra vera paura non è di accumulare meno danaro di un tempo - conclude David jr. -, ma di averne meno da spendere. Senza qualche colpo fortunato assestato seguendo vie non tradizionali per aumentare le risorse, pochi miliardi di dollari non sono sufficienti per chi ha, come i Rockefeller, una visione filantropica del mondo...». Pecunia olet all'olfatto americano. Più che a quello europeo, [m. app.] II capostipite e il primo erede: i due John Davison Rockefeller, «senior» e «junior», a passeggio per New York in un'immagine degli Anni Trenta

Luoghi citati: America Latina, Asia, Europa, New York, Stati Uniti