I fantasmi del New Hampshire

I fantasmi del New Hampshire Cuomo incoraggia indirettamente gli elettori a votarlo, Bush teme Buchanan I fantasmi del New Hampshire Parte la corsa alla Casa Bianca WASHINGTON DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Diverse famiglie di corvi volteggiano sul New Hampshire mentre stanno per aprire i seggi elettorali dai quali questa sera alle ventuno (3 del mattino per l'Italia) uscirà la nota chiave del lungo concerto elettorale che si concluderà il 3 novembre. I corvi della destra repubblicana sperano che una buona prestazione di Pat Buchanan lanci un avvertimento perentorio a George Bush, il loro Presidente reo di aver abbandonato le politiche reaganiane. I sostenitori di ciascuno dei cinque candidati democratici sono altrettante famiglie di corvi, che sperano, ciascuna, nella caduta degli altri quattro, anche se solo due, Paul Tsongas e Bill Clinton, possono ottenere un piazzamento decente. Ma, ben vigilanti su trespoli a portata di rapido volo, sono appollaiati altri corvi. Sono i candidati democratici tuttora fuori corsa, che non rinunciano alla speranza di essere chiamati a salvare in extremis il partito sugli scudi di una invocazione di massa, risparmiandosi i rischi e la fatica di quella «via crucis» chiamata «primarie». Si chiamano Lloyd Bentsen e, soprattutto, Mario Cuomo. «Mi dispiace di non essere in condizione di correre e mi dispiace di non poter essere con la gente del New Hampshire», ha detto ieri, in un'intervista telefonica, l'«Amleto dell'Hudson». In questo modo, Cuomo ha indirettamente incoraggiato gli elettori a votarlo, anche se lui figura come candidato iscritto solo perché qualche suo sostenitore ha preso l'iniziativa «non autorizzata» (ma mai sconfessata) di aggiungere il suo nome a quello degli altri contendenti. I sondaggi dicono che, mentre Tsongas è accreditato del 40% dei voti democratici e Clinton, in testa fino a due settimane fa, del 20%, Cuomo, nella veste di candidato «iscritto, ma non in corsa», potrebbe raccogliere il 6-7%. Non sarebbe abbastanza per suggerire l'idea del plebiscito popolare, del quale si comincerebbe a parlare se il governatore di New York arrivasse, in queste condizioni particolari, al 15%. Ma la strategia di Cuomo, ammesso ce ne sia una, non è quella di conquistare una quota dei delegati alla Convenzione di New York del 13-16 luglio, come «write-in candidate» nelle primarie dei diversi Stati. Innanzitutto, non tutti gli Stati consentono il meccanismo della candidatura «non cercata», ma poi il candidato che non corre è sempre in forte svantaggio rispetto a quello che fa campagna. Cuomo sembra piuttosto pensare a un ripescaggio secco da parte della Convenzione, preoccupata per la cattiva prova dei candidati in corsa, non facendosi nel frattempo dimenticare. E' una strategia rischiosa, perché presuppone, per avere successo, il ritiro spontaneo degli altri candidati. Ma Cuomo si tiene al riparo da possibili contraccolpi, continuando a ripetere, sia pure in modo ambiguo, di non essere in corsa. «Se avessi risolto il problema del bilancio del mio Stato - ha dichiarato ieri da casa sua adesso sarei in New Hampshire, starei facendo campagna. Sarei lì dalla mattina presto fino a notte fonda, se avessi un bilancio. Sfortunatamente, non ho un bilancio e per questo sono qui e non sono là», Cuomo non impedisce a nessu¬ no di tirarlo dentro, ma formalmente si tiene fuori, così, se andasse male, potrà sempre dire: «Non sono mai stato in corsa». Questo, naturalmente, irrita gli altri candidati democratici, che, però, non possono farci niente e, in questo momento, devono pensare a se stessi. Anche Bush, che negli ultimi giorni ha percorso il New Hampshire in lungo e in largo, deve pensare a se stesso. E' accreditato del 60% contro il 33% di Buchanan. Un risultato mediocre ma accettabile. Potrebbe però andargli peggio a causa degli indecisi. E sarebbe un brutto colpo. Paolo Passarmi

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