IL PARTITO DEI MILITARI di Sergio Romano

IL PARTITO DEI MILITARI IL PARTITO DEI MILITARI GLI italiani vivono in un regime pseudopresidenziale. Quando convoca i comandanti dei corpi di polizia e i ministri competenti per le forze dell'ordine, Cossiga veste i panni di Mitterrand, attribuisce a se stesso un'autorità che corrisponde a quella del Presidente della Repubblica francese. Non è la prima volta. Accadde nella primavera del 1990 quando riunì al Quirinale i magistrati siciliani ed è accaduto ogni qualvolta egli ha dato precise indicazioni politiche sul modo in cui affrontare il problema jugoslavo, regolare l'obiezione di coscienza oppure - ma quella fu soltanto una «battuta di spirito» - aiutare De Benedetti a risanare la Olivetti. In questi ultimi mesi la tendenza si è andata accentuando. Quanto più si avvicinava la fine della legislatura e il governo zoppicava e ansimava, tanto maggiormente Cossiga assumeva - più spesso nella forma che nella sostanza - i toni e gli atteggiamenti del capo dello Stato in un regime presidenziale. Ma l'Italia non ha un regime presidenziale e le iniziative di Cossiga sono destinate, con qualche eccezione, a non produrre alcun risultato. La repubblica presidenziale che egli evoca con gesti e parole è quindi, in realtà, una repubblica pseudopresidenziale. Cossiga «recita» Mitterrand, ma quando cala il sipario e si spengono i riflettori della televisione, il potere torna dov'era: nelle segreterie dei partiti, in Parlamento e al governo. E' probabile che egli ne sia consapevole e che la cosa non gli spiaccia. Interpellato sul suo intervento per le forze dell'ordine risponderebbe forse che egli ha il dovere, come capo dello Stato, di vigilare sulle istituzioni che ne rappresentano la continuità e che sente particolarmente tale dovere nei momenti in cui lo scioglimento delle Camere restituisce la sovranità al popolo. Ma è possibile che egli si proponga un altro obiettivo: dimostrare che tutte le sue «buone» iniziative vengono sistematicamente frustrate dai partiti «cat¬ tivi». Non è importante, in questa prospettiva, che le sue proposte siano accolte. E' importante che egli possa apparire agli occhi del Paese come l'uomo che trova continuamente sulla propria strada la resistenza miope e ottusa dei partiti. Nasce così gradualmente un «partito del Presidente», composto da tutti coloro a cui egli lancia con i suoi interventi un segnale di comprensione e di simpatia. Di questo partito fanno parte - lo avevamo compreso sin dalla sua tiepida reazione alle sortite del Cocer - i carabinieri, le forze dell'ordine e, più generalmente, le forze armate. Insomma, si combattono da qualche tempo in Italia due battaglie politiche: quella che i partiti si fanno reciprocamente per spartirsi il prossimo Parlamento e quella che Cossiga sta facendo contro i partiti per creare il proprio. Sappiamo che la prima battaglia terminerà il 5 aprile; non sappiamo ancora quale sarà lo sbocco politico della seconda. Sappiamo tuttavia che di questo passo Cossiga rischia di essere non tanto il capo di uh nuovo partito quanto il presidente di un sindacato e, in particolare, del più pernicioso fra essi: un sindacato militare. La creazione di un partito del Quirinale sarebbe costituzionalmente stravagante, ma potrebbe anche corrispondere a un disegno politico per la rifondazione dello Stato. La creazione di un sindacato militare, invece, ne demolirebbe le fondamenta. Un episodio, ci sembra, dovrebbe indurre Cossiga a riflettere. L'invito all'ordine che egli ha lanciato dal Friuli alle forze di polizia - un gesto, questo sì, perfettamente conforme ai suoi compiti di Capo dello Stato - non ha impedito i cortei e i volantinaggi di ieri. Un vecchio socialista francese diceva cinicamente ai suoi compagni di partito: sono il vostro capo, quindi vi seguo. Non vorremmo che la stessa sorte toccasse al Presidente della Repubblica. Sergio Romano

Persone citate: Cossiga, De Benedetti, Mitterrand

Luoghi citati: Friuli, Italia