L'Olocausto in una bottiglia

L'Olocausto in una bottiglia Nuovi particolari sulle atrocità dell'occupazione nazista in Polonia L'Olocausto in una bottiglia Ecco il manoscritto scoperto per caso L A tentazione di citare il Manoscritto trovato a Saragozza è forte. Ma soltanto perché anche questo è un manoscritto vergato da un polacco. Per il resto è tutto diverso. Quello fu composto in francese, da un nobiluomo, all'epoca dei lumi. Questo in yiddish, da un ebreo, nei momenti più bui d'Europa. E poi qui il ritrovamento non è un artificio letterario. E' un manoscritto vero; murato in una scala 50 anni fa a Radom in Polonia: trovato per un caso fortuito. E' il racconto terribile delle persecuzioni naziste nar- ' rato dall'interno di una comunità ebraica polacca. Le comunità annientate Decifrato, tradotto in francese, il libro è stato pubblicato nelle settimane scorse a Parigi da Plon con il titolo Le livre retrouvé. Una storia incredibile, un libro bellissimo, un autore dalla straordinaria potenza: Simha Guterman. Negli anni tremendi fra il '39 e il '42, quando la Polonia veniva messa a ferro e fuoco dai nazisti, quando intere comunità ebraiche venivano annientate per rendere il Paese «Judenrein» (purificato dagli ebrei), quando sinistri convogli carichi di umanità sofferente viaggiavano verso i campi di sterminio e la vita di ciascuno valeva poco più di nulla, in quegli anni tremendi Simha Guterman, espulso con tutti gli altri ebrei dal ghetto di Plock, fuggito dal campo di concentramento di Soldau con la moglie e il figlio, nascosto su treni che viaggiavano di notte, riparato all'ombra di documenti falsi, sorretto da una fede incrollabile nella forza del ricordo, nel potere del libro, scriveva giorno per giorno la sua odissea. In preda a un furore che gli imponeva di riempire con una grafia minuta lunghe strisce di carta, affidava ai caratteri ebraici, al paterno yiddish, la memoria di quella passione. Poi, prima di lasciare un rifugio ormai diventato insicuro, prima di percorrere una nuova tappa della terribile via crucis che lo avrebbe portato a morire combattente nella rivolta di Varsavia del '42, Simha Guterman infilava le strisce di carta in bottiglie che murava o celava in nascondigli sicuri. Mai però senza avere prima chiamato a testimone il piccolo figlio Ya kov di sei anni: «Ricordati dei luoghi dove sono nascoste le bottiglie. Un giorno toccherà a te venire a cercarle e raccontare al mondo la nostra sofferenza». Il destino ha voluto diversamente. Negli anni confusi del dopoguerra Yakov è emigrato in Israele senza adempiere al voto paterno. Il destino però ha vo luto anche che una di quelle bottiglie nel 1978 finisse sotto i picconi di due muratori polac chi a Radom nella Polonia orientale. Conservato presso l'i stituto storico ebraico di Varsavia, il manoscritto è passato al vaglio di Yakov Guterman che ha riconosciuto nel manoscritto non soltanto l'opera del padre ma i propri disegni di allora. La storia raccontata da Simha Guterman? Quella terribile sempre uguale e sempre diversa dei milioni di ebrei immolati nei campi di sterminio. Un giorno d'estate del '39. Una strana quiete prima che si scateni il finimondo. E la narrazione non ha ancora preso il suo ritmo che già è terrore, già i tedeschi hanno invaso il Paese e a migliaia i profughi si gettano oltre la Vistola convinti che al di là si siano attestati i russi portatori di salvezza. Ma i sovietici si sono spartiti la Polonia con i tedeschi diversamente e la linea di confine è più a Est sul Bug, e sulle rive di quel fiume le frontiere ormai sono chiuse. Tutti ritornano sui loro passi e a Plock i tedeschi instaurano la loro legge: il ghetto, il lavoro forzato, i pestaggi e le uccisioni gratuite, lo «Judenrat», il consiglio ebraico dove i maggiorenti della comunità, descritti con una mano felicissima, diventano insieme vittime dei tedeschi e carnefici dei propri simili. «I russi arrivano» Grandi eventi e piccoli episodi si mescolano. L'affresco delle popolazioni che fuggono verso la Vistola, come gU ebrei dall'Egitto, è una scena di corale grandezza. La visita a Varsavia alla madre fra le case pericolanti del ghetto distrutto è un momento di dolente lirismo. Non manca la ribellione mescolata al senso di impotenza che emerge dalla descrizione della borghesia cristiana polacca fieramente antisemita e incosciente della tragedia verso la quale sta correndo il Paese. La tragedia si consuma anche sotto gli occhi del piccolo Yakov che in appendice al libro riprende la narrazione dove si ferma quella del padre, al momento della fuga dal campo di concentramento di Soldau. Mesi di paura, di vagabondaggi. Poi la separazione dai genitori, il rifugio a sette anni presso contadini polacchi sotto falso nome e fingendosi cristiano. . Ricorda Yakov: «Mi adattavo a quella vita di contadino orfano e di piccolo marrano polacco, non ero veramente triste anche se i miei genitori mi mancavano. Un giorno, nel tardo pomeriggio, cori un tempo splendido e mentre riportavo le vacche dai pascolo, vidi dall'altra parte di un torrente che dovevo attraversare una donna seduta di schiena. Ero sorpreso perché era vestita da città. Avvicinandomi ero sempre più emozionato e il cuore si mise a battere forte. Era mia madre! Piangeva! Andammo dai contadini ai quali disse che voleva portarmi via con sé, ma loro dicevano che mi volevano troppo bene, che dovevamo restare tutti e due, che le avrebbero trovato lavoro in cascina. Alla fine lei accettò. Ed è in campagna che abbiamo vissuto i primi momenti della liberazione. Una mattina una donna è entrata nella stanza come una bomba gridando: "I russi arrivano"». Sergio Trombetta Una borghesia cristiana duramente antisemita, la fuga dallager, Varsavia in rivolta 'KM; «È V." >•/« ••^/*£Mrt:' fj0 <S*r ' r 'jr-f >•***«* : C ">JT-^/* fi.? mi Itti ,<*'.»■>., «v- >)•«•*%*. |J*t»tf/w . » f4*r* A• A * * Simha Guterman con la moglie e il figlio Yakov. Dopo aver nascosto e murato i propri scrìtti Guterman disse al bambino: «Tornerai a prenderti». Invece lì hanno riportati alla luce dei muratori. In alto: uno dei disegni del piccolo Yakov. Sotto: una pagina originale del «Libro ritrovato»

Persone citate: Guterman, Sergio Trombetta, Simha Guterman