Nel ghetto la Pantera oggi predica la pace di Furio Colombo

Nel ghetto la Pantera oggi predica la pace INTANTO IN AMERICA Nel ghetto la Pantera oggi predica la pace C« NEW YORK E' un negozio, nel quartiere malandato di Atlanta che gli abitanti chiamano «West End», dove non spengono mai la luce. Le due vetrine d'angolo sono di vetro opaco. Sulla piccola porta centrale sono dipinte una mezza luna e una scritta in arabo. E' una «Sura» del Corano e parla della «luce di Dio che non si spegne». Non è un negozio, è una moschea. Potete vedere le scarpe allineate sul marciapiede: e già questa è una sorpresa, un fatto anomalo di cui tener conto. Non rubano qui, come in ogni città del mondo, come in ogni quartiere a rischio? «Non rubano, nessuno lo ha mai fatto, da quando c'è lui conferma una signora con i capelli bianchi che vive dall'altra parte della strada, a pian terreno. Mostra la porta della sua casa, che si può aprire da fuori girando la maniglia -. Non chiudo mai, da quando c'è lui». Chi ha esperienza di Atlanta sa che questa zona, a Ovest della ferrovia, è povera, criminale, pericolosa. «Non da quando c'è lui», insiste la signora. Lui aveva, prima della conversione, il nome di H. Rap Brown. Credo che molti, fra coloro che hanno seguito il «Black Power», ricordino questo nome, che ha riempito le cronache del militantismo nero tra la fine di Martin Luther King e la sanguinosa stagione delle Pantere nere. A me era accaduto di intervistarlo per la tv italiana nel 1968. Ai suoi occhi il mio rapporto amichevole con King non contava niente, la nonviolenza era una ingenuità da predicatore. «Verranno le armi e avremo giustizia», mi aveva detto col fervore dell'intellettuale che si converte alla causa rivoluzionaria e teme di essere preso per un teorico. Ha avuto ragione sul primo punto. Le armi sono venute, sono in mano a tutti. Nel film nero «Juice» (regista nero, attori neri, pubblico nero, storia di stragi quotidiane che esaltano platee di teenagers) l'eroe della storia è un adolescente che di¬ vide la vita con i suoi giovanissimi amici di quartiere fino a quando per caso si impossessa di una pistola. Da quel momento tutto cambia. Si verifica un pauroso corto circuito fra là forza del giovane che potrebbe cambiare il mondo (o almeno un po' del suo mondo) e la sola esperienza vera della sua vita: la televisione e il telecomando. Usa la pistola come un telecomando, per troncare una battuta, per interrompere la noia, per cambiare una situazione. Uccide senza far distinzioni fra i suoi amici, i ragazzi con i quali è cresciuto, i nemici occasionali, gli sconosciuti, che abbatte per caso, seguendo la traiettoria della pallottola. «Non qui. Qui nessuno uccide», mi ripetono nel quartiere nero e pericoloso di Atlanta. Mi fa guida Andrew Young, già luogotenente di King, che allora H. Rap Brown disprezzava come un «nero borghese». Young mi ha indicato la moschea. Alto, vestito di bianco, l'Imam è al fondo, sta predicando. Solenne, un po' teatrale, la voce afona di qualcuno che già una volta la polizia americana aveva dato per morto, l'Imam del quartiere desolato di Atlanta che nell'Islam ha trovato la legge ci annuncia che qui i bambini hanno la scuola islamica, che nessuno lascia la scuola prima del diploma. La polizia volontaria della moschea fa in modo che non succeda. Ciascuna famiglia - dice nel tono dolce e perentorio dell'autorità religiosa - sostiene la moschea e la scuola. La moschea protegge ciascuna famiglia. Viene incoraggiata la nascita dei bambini. Viene imposto ai padri di non lasciare le madri, anche se la gravidanza è stata «uno sbaglio». Dice: «Non è mai uno sbaglio». Si congeda abbassando gli occhi. Inutile cercare altre spiegazioni. La figura dell'ex leader rivoluzionario che mantiene ordine e pace dalla moschea-negozio governando dove nessuno governa offre per un istante la visione di uno strano futuro.. s Furio Colombo

Persone citate: Andrew Young, Martin Luther King, Rap Brown, Solenne

Luoghi citati: Atlanta, New York