«Pago il pizzo, non è reato»

«Pago il pizzo, non è reato» L'elogio del racket davanti ai giudici al processo di Brindisi «Pago il pizzo, non è reato» Un negoziante: così difendo l'attività BRINDISI NOSTRO SERVIZIO «No, pagare il "pizzo" non è reato - confessa il commerciante rispondendo alle domande del pubblico ministero - ma una forma di difesa, un modo per tutelare la mia attività». Nell'aula del tribunale fino ad allora sonnacchiosa si leva un brusio di stupore. I giudici si guardano l'uno con l'altro, ma il negoziante conferma con un cenno del capo. Ha detto proprio così. Mentre la Puglia insorge contro il racket (Taranto, San Vito dei Normanni, Altamura, schierate apertamente nella battaglia ai taglieggiatoti attraverso movimenti coraggiosi che spesso sono guidati da donne), Vincenzo Zizzi, brindisino, titolare di un negozio di ferramenta a Latiano, parla del racket come di un'assicurazione indispensabile, molto meglio di una normale polizza o di un contratto stipulato con un istituto di vigilanza. La sua testimonianza ieri mattina nel corso del processo che, a Brindisi, vede sul banco degli imputati ventinove persone, presunti affiliati alla Sacra Corona Unita, la quarta mafia, e accusate di associazione a delinquere di stampo mafioso finalizzata al traffico di droga, al contrabbando e alle estorsioni. Come molti suoi colleghi, Vincenzo Zizzi è stato chiamato a deporre per confermare o smentire di aver subito le pressioni del racket. E lui, non soltanto ha confermato. Ha quasi elogiato la funzione del «pizzo». I soldi pagati agli istituti di vigilanza? «Quattrini sprecati, non evitano le bombe». Alle domande dei p.m. Michele Emiliano e Nicola Piacente, Zizzi ha replicato parlando apertamente dei suoi ottimi rapporti con Cosimo Capodieci, uno dei capi del racket, l'uomo che con il suo pentimento e un memoriale meticoloso ha ricostruito l'attività di un troncone della Sacra Corona Unita fino al 1989. E in quelle pagine c'è anche il nome del commerciante di Latiano, descritto come uomo disponibile, puntuale nel pagamento delle tangenti. Divennero amici, Capodieci e Zizzi, e la loro amicizia proseguì anche al di là delle estorsioni, proprio il contrario di quel che sta avvenendo a San Vito dei Normanni, sempre in provincia di Brindisi, dove una donna ha confessato, aprendo un caso di risonanza nazionale, di esercitarsi con le armi pur di difendersi dalla malavita che minaccia anche i suoi figli. No, il commerciante di Latiano va controcorrente. Ha ammesso senza neppure un cedimento di avere egli stesso cercato Capodieci, il boss di provincia, per pagare il «pizzo»: cinque milioni l'anno. «Non l'avessi fatto, avrei dovuto pagare a qualche altro per difendere il mio lavoro. Finora nessuno mi ha toccato. E io vivo tranquillo». Tonio Attino

Persone citate: Cosimo Capodieci, Michele Emiliano, Nicola Piacente, Tonio Attino, Vincenzo Zizzi, Zizzi