«lo quella lettera l'avrei firmata» di Fabio Martini

«lo quella lettera l'avrei firmata» INTERVISTA «lo quella lettera l'avrei firmata» Natta: scoperta la truffa è sparito anche il cini cinismo LROMA UI l'aveva detto subito che c'era un suono falso in quella Ietterai L'aveva detto subito che gli storici non fanno gli scoop, ma ora che tutto è più chiaro, Alessandro Natta va oltre quel giudizio premonitore: «Ora che no potuto leggerla tutta quella lettera di Togliatti, beh posso dire che, oggi io la firmerei. Non mi sembra un documento barbaro, mostruoso, cinico. E' la lettera di un comunista, se volete di un comunista sfegatato, che dice però delle cose che erano nella testa anche di chi comunista non era». Da quando si è ritirato dalla politica - proprio un anno fa Alessandro Natta non ha fatto quasi più sentire la sua voce. La morte del pei - che non ha condiviso - gli ha tolto anche la voglia di polemizzare. Ma giorni fa quando è esploso il caso-Togliatti, non si è più tenuto. Lasciato per un giorno il suo ritiro di Oneglia, l'ex segretario del pei è tornato a Roma e ha raccontato ai giornalisti tutto il suo sdegno. Onorevole Natta, come ha saputo che la lettera di Togliatti era stata manipolata? Due giorni fa, di mattina presto, mi ha telefonato da Roma Giorgio Frasca Polara (capo ufficio stampa del presidente della Camera, ndr) e mi ha detto : hai letto La Stampai Bene, ora che ha potuto leggerla per intero quella lettera, potrà dare u giudizio che ha preferito non formulare una settimana fa? Certo. Il documento non riguarda soltanto i prigionieri italiani di quel terribile inverno del 1943, dopo la rotta dell'Arni ir, ma contiene anche altre considerazioni, per esempio sull'eventualità di una estensione all'Italia del fronte di operazione degli Alleati. E poi Togliatti dice a Bianco: non ti curare di Trieste, ora c'è una guerra che ha l'obiettivo di abbattere il fascismo. E gli dice: attento, che forse i confini del 1918 noi non li manterremo, perché di mezzo c'è stata questa catastrofe. Ma quella lettera resta un documento che fa impres sione, non traspare alcuna preoccupazione per la vita dei soldati italiani. O no? Io non dico che Togliatti fosse Gandhi. Aveva una concezione storicistica, valutava le cose del mondo con realismo. Ma a chi ha usato parole infamanti in questa polemica vorrei chiede re: quanti erano in Italia quelli che speravano nello sbarco degli Alleati? E si badi quella non era una carezza. Non è che gli Alleati ci portassero le caramelle o i biscotti. Portavano la guerra. C'era persino chi si augurava i bombardamenti pur di vedere il crollo del fascismo. Era una lezione altrettanto cinica, non meno grave di quello che diceva Togliatti nella sua lettera. Quando si discute di queste questioni si deve inquadrare il tutto storicamente. Ma lo storicismo esasperato non porta a giustificare tutto? La verità è che non si possono leggere episodi di 50 anni fa con gli occhi e la sensibilità di oggi. Ora siamo più teneri e ci impressioniamo molto di più e questo è un bene. E epa al è il suo giudizio sullo storico Franco Andreucci? Dico che quello che non è tollerabile è la cialtroneria. Uno storico serio può scrivere un libro, anche feroce, ma dopo aver studiato i documenti. Andreucci ha scoperto il documento e ha subito telefonato in Italia: una di- namica originale, non tro va? Sì, certo, ma non è lui, badi. Andate a vedere chi sono questi personaggi che hanno manipolato. Vedete chi è Bigazzi. E anche Camarlinghi. Sì, è stato comunista, ma mica tutti i comunisti sono inappuntabili. Non è un titolo. Ce ne sono anche di infami. E a Occhetto che si era sentito «agghiacciato» cosa dice? Secondo me in situazioni tempestose - come quella dell'ex Urss di oggi dove si può comprare di tutto - ci vuole prudenza e quindi è buona regola, per un uomo politico, fare immediatamente la riserva: valuterò, ci penserò. Ma io dico: può un Presidente della Repubblica imbarcarsi in termini del tipo, traditore, assassino? Ma pensi ai fatti suoi. E questo vale anche per altri politici. Si è ripetuto in questi giorni: c'è stato il Togliatti di Mosca, costretto ad «adattarsi» per il bene del pei e poi c'è il Togliatti italiano, il «genio» come l'ha definito lei. Due Togliatti, ma negli Anni Trenta il comunismo era, tragicamente, uno solo Una persona si deve valutare nella sua interezza, non a spicchi. Ma in ognuno devi valutare il contributo essenziale. Prima di tornare in Italia, Togliatti certo giustifica la condanna di Bucharin, ma è un uomo che non può agire alla luce del sole, secondo le sue idee. Dopo agisce come un uomo Ubero che opera col suo nome, non più con nomi clandestini. E' lì la grandezza di Togliatti. Togliatti gran cinico: per lei che l'ha conosciuto bene, uno stereotipo o una verità? Intendiamoci Togliatti era un politico. Eravamo in periodi più duri, c'erano meno tenerezze. Io non l'ho mai visto piangere e oggi piangiamo un po' di più, anche ai congressi... Oggi tutti si chiamano per nome, ma io Berlinguer lo chiamavo sempre Berlinguer e lui mi ha sempre chiamato Natta. Era un'epoca diversa. Eppure, un giorno Togliatti l'ho visto commosso. Era il 1963, ero andato nel suo ufficio. Stava leggendo le lettere di Gramsci alla famiglia. Mi disse: sono stato suo compagno di università, ma non pensavo che avesse una situazione così tragica in famiglia, quel conflitto così duro con il padre. Bene, quel giorno Palmiro Togliatti era sconvolto. Fabio Martini «Andreucci, Bigazzi e Camarlinghi erano comunisti? Non mi stupisce Anche tra noi possono esserci degli infami» L'ex segretario comunista Alessandro Natta: «L'avevo detto la prima lettera mi suonava falsa»

Luoghi citati: Bianco, Italia, Mosca, Roma, Trieste, Urss