Alesi finale in crescendo

Con le scarpette rosse Milano ritorna al mito Basket: per la sfida storica con Varese Con le scarpette rosse Milano ritorna al mito Domani la Philips cambia calzature per rinverdire i fasti del Simmenthal MILANO. Tanta rabbia in corpo per ima «mezza vittoria», quella sull'Estudiantes Madrid, che trasforma quasi in un miraggio il secondo posto nel girone B del Campionato europeo di club. Ad allontanare l'obiettivo è stato un canestro a tempo scaduto, segnato da Juan Aisa e convalidato dal commissario della Fiba Radomir Shaper, jugoslavo. Ma la Philips deve smaltire in fretta la tensione nervosa per far posto ad una festa: il ritorno delle gloriose «scarpette rosse». Domani contro Varese, nella riedizione di uno degli scontri che hanno fatto la storia del basket italiano, Milano riproporrà uno dei suoi simboli. Ci sarà una passerella di campioni del passato, da Pieri a Masini, da Gamba a Kenney, da Vianello a Skip Thoren, fino ai tradizionali rivali Ossola e Flaborea, ex dell'Ignis. Non potrà esserci Bill Bradley, forse il più grande talento apparso sulla scena milanese, che giocò una stagione da straniero di Coppa con l'Olimpia e portò l'allora Simmenthal al primo titolo europeo. Adesso è senatore negli Stati Uniti, gli impegni politici prevalgono sui ricordi: ha mandato una simpatica lettera, dispiaciuto di non poter partecipare ad una serata «sicuramente eccitante». Le «scarpette rosse» hanno rappresentato un mito, un modo di fare e vivere lo sport. Per circa vent'anni hanno contraddistinto il basket milanese, almeno quello dell'Olimpia. La loro immagine è legata quasi indissolubilmente al Simmenthal, lo sponsor più famoso, quello delle grandi sfide con l'Ignis. Ma la loro nascita risale ai tempi della Borletti, agli sgoccioli della carriera di Cesare Rubini come giocatore (prima di trasformarsi in allenatore e poi direttore tecnico). Adolfo Bogoncelli, il «papà» dell'Olimpia, aveva costruito una squadra con qualcosa di nuovo. Nello spirito - quello di Sforza, ad esempio, che abitava a Bergamo, si alzava alle 5 di mattina, andava a lavorare alla Borletti, poi si allenava e tornava a casa a notte fonda - ma an¬ che nel look. La divisa era rossa, con maglie addirittura di seta, una «sciccheria» per quell'epqca. Anche le tute erano diventate rosse, altra novità, visto che era quasi di rigore il blu. Bogoncelli una volta disse a Rubini, suo braccio armato in campo: «Sarebbe bello avere anche le scarpe rosse». Facile a dirai, un po' più difficile metterlo in pratica. Ma Rubini, durante un viaggio in Usa, provò un paio di scarpe di tela rossa, le comprò e le portò a Milano. Erano delle «ProKeds» e scatenarono l'entusiasmo, tanto che Bogoncelli e Pagani ne fecero arrivare per tutta la squadra. Poi Rubini riuscì anche a convincere la ditta italiana Superga a fabbricare una scarpa di quel tipo e colore, mentre Bogoncelli concludeva l'abbinamento con il Simmenthal (nel '56). L'innovazione dei calzettoni a righe orizzontali (tipo la Sampdoria calcistica) non ebbe invece successo, ma intanto si consolidava il fascino delle «scarpette rosse», che diventarono un simbolo. «Sarai una scarpetta rossa» diceva Rubini ai giovani, e il Simmenthal ingrossava le sue file. Pieri, Riminucci, Pagani, Gamba, Sardagna, Vittori furono campioni con quella divisa; 10 scudetti, 1 Coppa Italia, 1 titolo europeo ('66) e 2 Coppe delle Coppe furono invece il bottino del Simmenthal. Poi le scarpette rosse scomparvero quando il marchio Simmenthal lasciò spazio a quello Innocenti, imbevuto d'azzurro: un tuffo al cuore per i tifosi. Seguirono un periodo di oblio, quindi il lento recupero della tradizione, la scelta dei colori biancorossi, infine la festa di domani, protagoniste le nuove scarpette rosse. Sapranno svegliare (o risvegliare) lo spirito di un tempo? Cesare Rubini, un po' emozionato, dice che in Italia i giocatori marca Simmenthal ci sono eccome, e snocciola i nomi: Pittis, Brunamoiiti, Fucka e Abbio, il giovane più interessante del campionato. Per il play di Torino è più di un'investitura. Gabriele Tacchini