Una «tregua» piena di bombe

Una «tregua» piena di bombe Una «tregua» piena di bombe Tra Armata e croati crescono scontri e provocazioni ZAGABRIA NOSTRO SERVIZIO Non si può più parlare di provocazioni sporadiche, di qualche proiettile isolato. Le violazioni oramai quotidiane della tregua in Croazia stanno assumendo l'aspetto sempre più evidente di veri attacchi armati. Anche ieri il fuoco è stato riaperto lungo la gran parte dei fronti di battaglia. Dopo l'attacco delle truppe serbofederali a Osijek, in cui hanno perso la vita tre persone mentre altre dieci sono rimaste ferite, la tensione nella capitale della Slavonia cresce. «Anche se formalmente accettano l'arrivo dei Caschi blu, gli aggressori fanno di tutto per riaccendere il conflitto» dice il sindaco Zlatko Kramaric. Ripetute detonazioni provengono dalla vicina Vinkovci, ma anche da Djakovo dove le linee della difesa croata sono state attaccate dall'artiglieria. La situazione non è migliore nella Slavonia Occidentale. A Nova Gradiska le trattative tra l'esercito federale e la guardia croata si sono svolte anche ieri col sottofondo delle raffiche di mitragliatrice e delle ripetute esplosioni di granate di ogni calibro. E' stato concordato l'ennesimo «cessate-il-fuoco». La tregua è sempre più traballante anche in Dalmazia. Nella zona di Dubrovnik ieri mattina i militari hanno aperto il fuoco sull'isola di Kolocep, sparando con le armi della contraerea in direzione dell'Hotel Rose. Poco dopo un aereo militare ha sorvolato l'iso¬ la di Mljet, mentre sul monte Srd, alle spalle della città dalmata, si sono sentite esplosioni. Si è sparato anche nell'entroterra di Zara. Un elicottero militare, decollato dalla base di Zemunik, ha sorvolato a bassa quota le linee croate. L'imminente arrivo dei Caschi blu non lascia più spazio ai signori della guerra che hanno tentato di ostacolare in tutti i modi il piano di pace delle Nazioni Unite. In quest'ottica le ultime gravi violazioni della tregua appaiono come i loro tentativi in extremis di imporre la soluzione violenta. Ma anche i più irriducibili, come il leader della Krajina, Milan Babic, che ha mandato al segretario generale dell'Onu una lettera piena di minacce, dovranno affrontare la nuova realtà. Definitivamente scomunicato da Belgrado, Babic sta perdendo anche sul proprio terreno. A Knin la polizia militare avrebbe cominciato ad arrestare i suoi uomini, mentre l'esercito avrebbe messo posti di blocco su tutte le vie di accesso alla città. A Belgrado voci non confermate parlano di un putch militare nella Krajina. Di fronte a questo «fallimento totale della politica serba», 60 mila persone hanno già firmato la petizione per chiedere le dimissioni di Milosevic. L'iniziativa del partito democratico è appoggiata da tutta l'opposizione serba che reclama nuove elezioni al più presto. Ingrid Badurina

Persone citate: Babic, Ingrid Badurina, Milan Babic, Milosevic, Nova Gradiska, Zlatko Kramaric

Luoghi citati: Belgrado, Croazia, Dalmazia, Knin, Zagabria, Zara