Così muore un feudatario dc
Così muore un feudatario dc IL CASO IL 24 GIUGNO DEL 1984 Così muore un feudatario dc Onori e voci ai funerali in piazza del Gesù OROMA UEL pareo con tante ancorette abbandonato sul ponte. Un pacco di giornali ingialliti dal sole. Un corrimano spezzato da un corpo che vola. Giù, nell'acqua fredda della baia di Paraggi. Mare leggermente increspato, vento a 2 nodi da sudovest. Era domenica 24 giugno 1984. Un giorno avevano chiesto a Bisaglia: «Le piace navigare contro vento?». La risposta quando si dice un presagio - era arrivata con un po' di enfasi: «Da morire». Anche così può finire un capo democristiano. Ma ora di quella morte si comincia a discutere. Non aveva mai imparato a nuotare, Toni. «La Val d'Aosta o la barca ■> scherzava - per me fa lo stesso». Ma anche a bordo del «Rosalù», un due alberi di 22 metri e 45 tonnellate, il senatore non si sentiva esattamente a suo agio. Quel pomeriggio, intomo alle 15 e 15, se ne stava disteso sulla tuga. Forse fu un'onda improvvisa, forse una brusca mutazione di rotta. Oggi l'onorevole Flaminio Piccoli sospetta qualcos'altro: di terribile. Fatto sta che uno degli uomini più importanti della politica italiana rovinò giù, prese una botta in volto e, una volta nell'acqua, probabilmente tra- monito, annegò. A rileggersi le cronache di quei giorni è stato «un drammatico, banale incidente». A sette anni e sette mesi, per la prima volta, vengono fuori sospetti e anche veleni. Prima se ne fa interprete il fratello sacerdote, quello stesso don Mario che concelebrò (con il cardinal Poletti) la funzione al Gesù, à Roma, e qualche ora dopo nel Duomo della natia Rovigo, tappezzata di manifesti che dicevano: «E' morto un amico». Ieri si è fatto vivo Flaminio Piccoli, che ha consolidata fama di dietrologo ma più di parecchi altri dice spesso quello che pensa. Ecco: «Non mi sorprendono le dichiarazioni di don Mario, anche a me tante circostanze della morte parvero strane...». Si chiede: «Fu davvero una disgrazia?» Rivela: «Di interrogativi ce ne ponemmo tanti». Sostiene di non avere «particolari elementi a sostegno dell'una o dell'altra tesi. Comunque mi pare che ormai è passato troppo tempo e c'è ben poco da accertare». Comunque, il giorno in cui «si dovesse pensare ad una ipotesi diversa da quella della disgrazia certamente non suggerirei di seguire una pista... politica». Dubbi. Debolissimi allora: il mare troppo calmo, il salto troppo lungo, la ferita troppo profon- da per essere causata dalla rotondità del corrimano protetto da un cordoncino di plastica. Oggi, però, don Mario ripete che sul «Rosalù» i marinai erano tre. E invece dalle cronache ne risultano solo due: Stefano Zolezzi e lo skipper Luciano Saporiti (che si tuffò per recuperare il corpo di Bisaglia dopo una lunga e laboriosa virata). Piccoli ricorda «che la salma fu trasportata a Roma in gran fretta. Se ne occupò Francesco Cossiga (allora presidente del Senato, ndr)». Vero, anche se occorre dire che lo fece su mandato di Pertini (e infatti sull'aereo militare che partì da Genova intorno a mezzanotte c'era Maccanico). Sempre Piccoli cre¬ de di rammentare che non venne eseguita l'autopsia. Anche questo è vero: all'ospedale di Santa Margherita il medico di guardia Gino Campodonico constatò diverse ecchimosi sul volto ma concluse che il decesso era avvenuto per sindrome da annegamento. Sul cadavere venne compiuta una «ricognizione esterna», non l'autopsia. Indagini affidate al sostituto procuratore di Chiavari Marcello D'Andrea. Giornalisti al lavoro solo un paio di giorni: distratti dall'elezione di Natta alla guida del pei e dalle amministrative in Sardegna, una settimana dopo il sorpasso comunista alle europee. E colpisce, oggi, che nessuno allora abbia indicato un qualche risvolto giallo. Un mormorio di sottofondo, quello sì, condito da allusioni e strizzatine d'occhio. Ma in politica (purtroppo) è del tutto normale. Nessuno straccio d'indizio, comunque. «Incidente» e stop. Nella de e nel Palazzo Bisaglia era certo un personaggio di peso: la quintessenza, il distillato, anche antropologico, del doroteismo. Capogruppo al Senato viveva una stagione felice, sul piano politico e su quello umano. Dopo i trionfi degli Anni Settanta, per la verità, qualche colpo l'aveva accusato. S'era dovuto dimettere da ministro per via dei casi petroli-Pecorelli (anche se formalmente aveva mollato per una questione di incompatibilità professionale). E si era opposto invano alla segreteria De Mita. Ma ancora giovane (55 anni) e poi intelligente, pragmatico e filo-socialista, in definitiva Bisaglia era l'uomo più spendibile più di Piccoli (con cui aveva rotto), più di Gava (con cui stava ricucendo) - di una de moderata e popolare. Al momento della morte guidava una «correntinai insediata soprattutto nel Veneto: «Correntina» che comunque, col suo 10 per cento, contava pur sempre quanto il pri. Prima o poi ne avrebbe fatto certamente buon uso. All'ultimo congresso era tornato in maggioranza. Una bella casa a piazza San Lorenzo in Lucina, una coppia di domestici di colore, la siesta tutti i pomeriggi, le cene, i salotti, la barca. Poi quella morte così strana e quella povera tomba (ancora provvisoria) nel cimitero di Rovigo. Di cui si sta occupando il ministro Pianetini. Più che un mistero e un giallo s'avverte un che di straordinario e di vertiginoso nella parabola di Toni Bisaglia. FWppo CeccaraHi Bisaglia con Forìani a Piazza del Gesù
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