Sull'obiezione c'è aria di crisi di Alberto Rapisarda

Sull'obiezione c'è aria di crisi Il presidente del Consiglio vuole approvare il decreto «anche da solo» Sull'obiezione c'è aria di crisi Andreotti al psi: vi mettete fuori dalla Costituzione Cangila tenta una mediazione per evitare la rottura ROMA. Io approvo il decreto sull'obiezione di coscienza a tutti i costi, anche da solo (ma con la de al seguito), ripete Andreotti a sera, alla trasmissione tv di Enzo Biagi: «A nessuno è lecito mettere nel nulla una votazione del Parlamento, per di più quasi unanime. Chi la pensa diversamente è fuori dalla Costituzione». E poi fa sapere che stamani alle 9 si potrebbe riunire il consiglio dei ministri. E' una risposta durissima e ultimativa agli alleati che per tutta la giornata gli avevano fatto capire che sono pronti a fare una crisi di governo pur di non far passare il decreto in consiglio dei ministri. Possibile? Non pare realistico. Eppure la de con Andreotti da una parte, e i tre alleati di governo dall'altro sembrano treni lanciati a gran velocità verso l'inevitàbile scontro frontale. Chi frenerà per primo? Andreotti, e con lui l'intera de, stanno puntando chiaremente alla collisione convinti che saranno gli altri a frenare, perché loro ne uscirebbero meglio di tutti. Alle loro spalle c'è l'interno mondo cattolico che preme e anche contratta l'appoggio elettorale in cambio della sopravvivenza di una legge fortissimanente voluta. Se psi, pli e psdi impedissero ad Andreotti il varo del decreto provocando una crisi di governo, la de non esiterebbe ad additarli ai parroci, alle mamme e ai giovani in età di leva come nemici dell'obiezione di coscienza. Ed è anche difficile impedire l'approvazione del decreto da parte del consiglio dei ministri. I democristiani sono infatti 16 contro 14 ministri alleati, ora che non ci sono più i repubblicani al governo. Questo semplice calcolo deve avere indotto, ieri pomeriggio, il segretario socialdemocratico, Cariglia, a tentare una mediazione con Andreotti per evitare la resa dei conti. Cariglia ha proposto di rinunciare al decreto e di presentare alle commissioni Difesa di Camera e Senato, in sede legislativa, la legge sull'obiezione di coscienza, con le necessarie modifiche. Aveva lasciato lo studio di Andreotti con qualche speranza («sta esaminando la possibilità»), ma le successive dichiarazioni del presidente del Consiglio in tv sono risultate una dichiarazione di guerra senza quartiere. E così Andreotti ha respinto, di fatto, anche le caute aperture dell'esecutivo socialista, che pareva disposto a discutere di un ritorno della legge in Parlamento, come suggerito da Cariglia. «Non capisco proprio perché si debba per forza giungere ad uno scontro» si chiedeva in serata il vicesegretario socialista, Di Donato. Ma i repubblicani notava¬ no, con una punta di sadismo: «Non c'è più spazio per soluzioni di compromesso che non facciano fare una pessima figura ad una delle parti». Perché la de questo scontro sull'obiezione di coscienza lo sta cercando sia per confermarsi la fiducia delle gerarchie cattoliche, sia per dire agli alleati che se scatenano ora una rissa in famiglia si presenteranno divisi agli elettori e, dopo, sarà difficile ritrovare la concordia perduta. Diversi erano stati i toni prima che si capisse con chiarezza che Andreotti non aveva esitazioni. «Trovo assolutamente insostenibile che ci sia la neces¬ sità e l'urgenza di questo decreto» aveva detto Craxi e Amato aggiungeva che era meglio riparlare di obiezione di coscienza nelle nuove Camere. Sì, rinviamo al nuovo Parlamento, conveniva il presidente del pli, Zanone. Altrimenti? «Crisi a Camere sciolte e a campagna elettorale aperta. Un caso davvero senza precedenti» spiegava il ministro liberale, Egidio Sterpa. I democristiani rispondevano con l'aria di chi non crede allo scontro inevitabile. «I socialisti hanno approvato il provvedimento in Parlamento e dovrebbero spiegare meglio la loro opposizione al decreto che recepisce i suggerimenti di Cossiga» rilevava seccamente Arnaldo Forlani. II forlaniano Casini avvisava che «una crisi sul decreto sarebbe atto dissennato», ammonendo che «la gente si chiederebbe come si faccia, poi, a chiedere la governabilità». Tradotto m chiaro, vuol dire che Craxi si potrebbe levare dalla testa la speranza di guidare il futuro governo. «Vogliono fare la crisi nella crisi? Sarebbe meraviglioso» diceva un euforico Piccoli. Il pds, messosi da canto, osserva la scena divertito e dice (Quercini): «Pare di assistere al teatrino dell'opera dei pupi». Alberto Rapisarda Andreotti. Se psi-pli-psdi dicono no, la de li additerebbe come i nemici dell'obiezione

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