Marx è vivo e lotta fra i dannati di Calcutta di Pierluigi Battista

Marx è vivo e lotta fra i dannati di Calcutta A colloquio con Luciano Canfora: battaglie e antagonisti di un irriducibile intellettuale di sinistra Marx è vivo e lotta fra i dannati di Calcutta «Il comunismo resta il modello più plausibilefuori dell'Occidente» 1 ROMA L < FRATTATO da Mosca, m Karl Marx si è rintanato 1 | a Calcutta. Scacciato dal KJI niinre e dalla mente dei popoli che se ne stanno rannicchiati nella bambagia dell'Occidente metropolitano e ipervitaminizzato, il profeta di Treviri si aggira irrequieto nei «luoghi di disperazione senza fondo» dove vive, anzi sopravvive, la grande maggioranza degli abitanti del pianeta. Ce ne dà notizia il filologo classico Luciano Canfora in un libro dell'editore Dedalo che sarà in vendita tra qualche giorno e che si intitola, appunto, Marx vive a Calcutta. Ma attenzione a non interpretare questa rivelazione come l'ultima stravaganza di un comunista nostalgico, abbarbicato alle vestigia di una vicenda storica che oggi è precipitata nella rovina. Cinquantenne, docente all'Università di Bari, affiliato a Rifondazione comunista dopo molte esitazioni (anche se non esitò un attimo a definire un'«idiozia» la proposta di Occhetto di cambiare nome e simbolo al vecchio pei), Canfora detesta con tutte le sue forze il sentimentalismo di una «sinistra alla disperata ricerca del consenso». «Non è vero che il comunismo è morto», dice, e che Marx vive a Calcutta, tra i «dannati della terra». Ma non vuola^limentare fantasie terzomondiste ormai appassite: «Lungi da me il proposito di richiamare l'appagante immagine maoista della campagna che assedia la città. Voglio solo constatare che, se si guarda al mondo dagli altri continenti e non dai punti forti dell'Occidente, sembra chiaro che il comunismo autoritario-pianificatore resta tuttora, per non piccola parte del pianeta, il modello più plausibile». Comunista che però parla del comunismo come di un esperi¬ mento «autoritario-pianificatore», antichista che sforna in continuazione libri di storia contemporanea, accademico che si getta sull'attualità con avidità giornalistica, Canfora non fa nulla per smentire la sua immagine di intellettuale anomalo. Dirige la rivista Quaderni di storia, cura per Sellerio una collana di testi dell'antichità greco-romana (da Senofonte a Antonio Diogene, da Anacarsi lo Scita a Plutarco), partecipa al Seminario di antichistica dell'Istituto Gramsci, pubblica libri (come l'ultimo, uscito a gennaio da Laterza, dove si fanno le bucce nientemeno che a Tucidide). Ma con eguale passione, Canfora ha trasformato la sua casa in un attrezzatissimo centro di raccolta informazioni. Con cadenza pressoché quotidiana invade via fax le redazioni dei giornali con una quantità impressionante di recensioni, stroncature, messe a punto filologiche per «contrastare le manipolazioni della storiografia oggi all'offensiva». Le sue giornate cominciano con l'ascolto dei giornali radio. Tra un seminario e una lezione universitaria proseguono con la visione e sovente con la videoregistrazione dei telegiornali, pubblici e privati. Ogni giorno acquista l'odiatissimo Avanti! e ne sottolinea con acribia i passaggi a suo giudizio ideologicamente più indigeribili e meritevoli di stroncatura. E ogni giorno inzeppa i libri della sua biblioteca con ritagli-stampa scrupolosamente archiviati per tramortire, all'occorrenza, gli avversari con l'arma della citazione imbarazzante. Canfora è un togliattiano di ferro. Per eccesso di togliattismo nell'89 scrisse Togliatti ex dilemmi della politica per difendere il leader.comunista dall'accusa di aver abbandonato Gramsci al suo destino carcera¬ rio. Sollevò dubbi sull'autenticità di una lettera di Ruggero Grieco a Gramsci che costituisce uno dei principali supporti di quell'accusa e per la prima e unica volta dovette soccombere all'arma da lui usata con più destrezza: la filologia. Ma anche in questi giorni, dopo la pubblicazione della famigerata lettera del Migliore, si contano ben cinque suoi interventi in difesa del «compagno Ercoli». Frequenta con voracità gli archivi e ricorda con disappunto «gli arcigni funzionari del Gramsci che si interponevano tra me e quei preziosi fascicoli, sostenendo che soltanto Paolo Spriano poteva avere accesso a quelle sale. Adesso è tutt'altra musica, per fortuna». Legge tutto. Ma in ossequio alla sua figura di intellettuale anomalo preferisce i libri «del pensiero liberalconservatore o meglio ancora reazionario» alla maggior parte di quelli prodotti dalla cultura di sinistra, che giudica «mediocri, insipidi e ripetitivi». Oggi ritiene che gli attacchi più insidiosi alla sua parte politica provengano dalla cosiddetta «storiografia revisionista» di Renzo De Felice in Italia, di Ernst Nolte in Germania, di Frangois Furet in Francia. Perciò conosce a menadito i volumi di De Felice (note comprese) e assedia la Sansoni, la casa editrice che traduce in Italia le opere di Nolte, per sa- pere quando uscirà il prossimo libro dello storico tedesco. Pronto a ricominciare la battaglia. «Bisogna imparare dall'antagonista - spiega Canfora -; del pensiero di destra mi piace la libertà nello smascherare i concetti acquisiti, il suo essere un pensiero non consolatorio. Per esempio Nolte ha perfettamente ragione quando sostiene che il fascismo è stato una risposta al comunismo. Poi naturalmente aggiunge che il fascismo è stato una dolorosa necessità. Ma questo è un altro paio di maniche». Professor Canfora, vuole forse dire che il pensiero di sinistra nasconde la verità? «Voglio dire che la cultura di sinistra preferisce esorcizzare le posizioni spiacevoli e dunque si inibisce la possibilità di affrontare l'avversario con argomenti solidi anziché con astratte proclamazioni di bontà. E' più "buono" dire, che gli uomini sono tutti uguali. Molto più difficile ammettere che nella storia i riformatori sociali, robespierristi e leninisti, sono diventati dei persecutori per costruire l'uguaglianza. Persecutori a fin di bene, per così dire». Ma allora, professor Canfora, lei è d'accordo con i revisionisti? «No, ho già detto che sono gli antagonisti. Il che non impedisce loro di essere intelligenti e utilmente provocatori». E il comunismo? «Adesso va di moda agitare lo slogan della "morte del comunismo". Lo si dice dalle platee benestanti dell'Occidente ma Marx oggi continua a vivere, per le masse sterminate di "Lumpen" degli altri continenti, innanzitutto còme simbolo di riscatto». Hanno ammainato la bandiera rossa dal Cremlino, ma per Canfora la vicenda del comunismo assomiglia a quella dell'«utopia cristiana»: prima perseguitata, poi vincente, poi trasformata in una cosa completamente diversa da quella delle origini. Antichista, Canfora dice di voler ragionare soltanto «sulla scala dei millenni». E' l'epigono di quella illustre scuola di studiosi dell'antichità, da Concetto Marchesi a Santo Mazzarino, da Ranuccio Bianchi Bandinelli a Emilio Sereni, che vissero come inflessibili custodi della purezza comunista e che spesso sconfinarono nella giustificazione dei crimini staliniani riportando tutto alla «scala dei millenni»? «Mi rendo conto che l'evocazione della "scala dei millenni" può suonare come un indebito ridimensionamento delle tragedie di questo secolo e alimentare un certo cinismo verso la triste sorte dei singoli. Ma continuo a ritenere che il comunismo non possa essere abrogato per un decreto del Natale del 1991. La sinistra è stata travolta dalla diffusione del benessere e dall'agiatezza. Ma il mercato nei mondi dipendenti ha saputo creare solo isole insignificanti come Singapore o la Corea del Sud». Per questo Marx si è trasferito a Calcutta. Dove non sarà raggiunto da Canfora, perlomeno fino a che non potrà far libero uso, anche laggiù, di fax e videoregistratore. Pierluigi Battista «Nolte, De Felice, Furet? Utilmente provocatori, ma sono i nemici» p Nella foto grande, Luciano Canfora con un ritratto di Lenin alle spalle. A fianco, Karl Marx. In basso, gli storici «revisionisti» Ernst Nolte e Francois Furet