Shakespeare fantasma del college di Mario Ciriello

Shakespeare fantasma del college Un'inchiesta rivela: ci si laurea in letteratura inglese senza conoscerlo Shakespeare fantasma del college Al suo posto si studia Angela Carter /vi LONDRA L ' HAKESPEARE è morV toi, annuncia il titolo di 1 | un giornale. Non è senhJ. I sazionalismo, è la verità, una tristissima verità. In quasi metà delle università, dei colleges e dei politecnici britannici si può oggi ottenere una laurea in letteratura inglese senza aver mai letto un verso di Shakespeare. E' la desolante scoperta fatta dal professor Tim Cook, del Kingston Polytechnic, durante una lunga e diligente indagine sugli studi classici negli istituti superiori. E il povero William Shakespeare non è l'unica vittima. Lo affiancano in questo cimitero Chaucer e Milton e l'oblio minaccia pure Jane Austen e le sorelle Bronté. Divampano adesso le proteste. Che sono tanto più veementi in quanto il professor Cook ha appreso che in molti degli atenei dove le opere di Shakespeare non sono obbligatorie si studiano invece i testi di autori femministi, angloamericani, come Margaret Atwood, Angela Carter, Alice Walker e Toni Morrison. Un intellettuale di prestigio quale A. N. Wilson (undici romanzi, tre biografie, un fiume di saggi, il tutto in 15 anni) ammonisce, dolente e furente: «Conoscere e amare Shakespeare arricchisce una persona, la rende più saggia, più benevola, più indulgente: e chi ha tali virtù non può cedere al femminismo né ad altri ismi. Shakespeare ci insegna ad accettare la stranezza, la dovizia e la varietà della vita e a giudicarla con la propria testa. Grazie a Shakespeare, insomma, si diviene più umani». A. N. Wilson, il quale manifesta le idee di molti altri letterati di ambo i sessi, non è antifemminista, tutt'altro, sostiene anzi che «la nostra percezione delle cose è ora diversa», in quanto il femminismo «ha trasformato il modo in cui tutti viviamo e valutiamo sia le relazioni sessuali sia quelle fra genitori e figli». «Da quando Virginia Woolf scrisse il suo classico femminista, A room of one's own, le persone intelligenti si rendono conto che anche la storia letteraria, così come gli altri rami della storia sociale e culturale, può essere riscritta». Ma qui non si è dinnanzi a un femminismo costruttivo. Il dossier di Tim Cook indica che «il pendolo ha oscillato in una direzione nociva e folle». Il dibattito continua ed è interessante. (Il satirista Auberon Waugh grida che i responsabili di questi «scandali culturali» dovrebbero essere «appesi, testa in giù, alla Torre di Londra e mostrati ai turisti»). C'è però un pericolo. Che la requisitoria attribuisca ogni colpa al femminismo e alla crescente influenza delle donne sui corsi universitari: il problema è più complesso, il male è più profondo. Come altre nazioni - esempio supremo l'America - l'Inghilterra non si è ancora liberata delle tossine più insidiose del cosiddetto «insegnamento moderno», un metodo che in meno di vent'anni ha devastato l'istruzione britannica. Si sono alleggeriti tutti i programmi; si è dichiarata guerra al «nozionismo» fino a creare un deserto di nozioni; si sono abbandonate le solide architetture dell'insegnamento tradizionale in favore di uno sperimentalismo febbrile e avventuroso. Risultato. Si è impoverita la cultura generale dei giovani, senza stimolarne la curiosità, senza aguzzarne la sete intellettuale. La foga di questa rivoluzione pedagogica è ora frenata e la tendenza generale - nel governo, tra i docenti, tra il pubblico - è per un ritorno al passato, ma è arduo riparare i danni, danni la cui gravità si manifesta soprattutto quando lo studente varca la soglia dell'università. Non sa il latino, perché l'insegnamento di questa lingua è ormai una rarità, è facoltativo quasi ovunque; non conosce l'Old English, l'anglosassone, abolito perché «inutile»; parla e scrive male anche l'inglese di oggi, perché troppi maestri hanno visto nell'ortografia una sterile perdita di tempo. Non ha letto ab- bastanza classici, la sua preparazione storica è insufficiente. C'è una frase che spiega tutto, nel testo di Tim Cook: «Gli studenti provengono da scuole che non gli danno né le informazioni né l'attrezzatura mentale per interpretare i difficili testi del passato». Come si vede, Tim Cook, che ha compiuto la sua inchiesta per una pubblicazione rivolta agli insegnanti universitari di inglese, non lancia i suoi strali contro le femministe, ma contro un bersaglio assai più vasto, le scuole elementari e secondarie. Quasi giustifica l'assenza di Shakespeare, Chaucer e Milton da molti programmi obbligatori, avverte che i giovani non li capirebbero. Ma non possono gli atenei spalancare le menti degli allievi? Certo, ma oggi c'è anche chi afferma che Shakespeare non è più relevant nella nostra epoca, ovvero non è più d'attualità, non è più valido, un anacronismo, insomma. L'idea che i grandi classici non siano più relevant ha messo radici qui e in America. E' un'idiozia che nega la continuità del pensiero e dei sentimenti, attraverso i secoli e i millenni. E poi proprio Shakespeare, la cui eterna modernità è confermata quotidianamente da nuove regie e interpretazioni, talvolta bizzarre, talvolta stravaganti, talvolta assurde. Se c'è un autore che dovrebbe essere obbligatorio questo è Shakespeare, nei suoi plays c'è tutto, amore e odio, umiltà e ambizione, viltà e coraggio, nobiltà e bassezza, c'è la vita intera, di ieri, di oggi, di domani. Il giudizio di Benedetto Croce su Shakespeare è limpido: «Non c'è bisogno di insistere nelle analisi... è uno dei poeti più chiari, più evidenti, più comprensibili, anche a uomini di scarsa ed elementare cultura». Mario Ciriello Shakespeare come Amleto in una caricatura di Levine (copyright «The N. Y. Review of Books», llpa e per l'Italia «La Stampa»). A sinistra, la scrittrice Angela Carter; a destra Alice Walker

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