Addio al Marciano nero

Addio al Marciano nero Addio al Marciano nero Una carriera super miliardaria stroncata dalla presunzione ROMA. Esattamente due anni fa, l'I 1 febbraio 1990 sul ring di Tokyo, per Mike Tyson la condanna sportiva, con la perdita del titolo mondiale dei pesi massimi a opera di James Buster Douglas. Ieri la condanna come uomo, dal verdetto dell'inflessibile giuria di Indianapolis. E' crollato così l'ultimo mito del pugilato mondiale. Tyson, in questi anni, era stato l'unico campione capace di tener viva la popolarità di uno sport professionistico troppo condizionato dagli interessi finanziari e troppo legato al nostalgico ricordo dei tempi di Mohammed Ali o addirittura di Sugar Ray Robinson. Tyson era sbocciato, come star del ring, dopo un periodo grigio, nel quale tutta una serie di mezze figure non aveva fatto che acuire il rimpianto per la boxe spumeggiante, ricca di estro e di inventiva, di Cassius Clay-Mohammed Ali. Questi era stato l'ultimo rappresentante, con Sugar Ray Léonard, di quel tipo di pugilato, con una componente predominante di intelligenza tattica, che si poteva ragionevolmente definire «nobile arte». Tutto l'opposto Tyson, che si è basato soltanto sulla violenza pura, grazie a un fisico massiccio e possente, una devastante potenza di pugno e una selvaggia aggressività, appoggiata da un quoziente di intelligenza decisamente basso. La ricetta giusta per suscitare grosse emozioni in un pubblico di bocca buona come quello statunitense e per fare di lui, per cinque anni, dal 1986 al 1990, il «numero uno» assoluto della boxe mondiale. Arrivato al titolo assoluto dei massimi nel novembre 1986, ad appena vent'anni, dopo ventisette vittorie consecutive, di cui venticinque per ko, Mike Tyson ha dominato in maniera dittatoriale la scena fino all' 11 febbraio di due anni fa. Il nero americano ha difeso la corona mondiale per nove volte, accumulando, per quanto sfruttato da un organizzatore senza scrupoli come l'ex galeotto Don King, un patrimonio di molti milioni di dollari. La ricchezza ha dato alla testa a un ignorante come Mike, offrendogli l'illusione di potersi permettere tutto e sollecitando ogni aspetto della sua carica di violenza. La sconfitta per ko alla decima ripresa contro un avversario sulla carta decisamente inferiore come Douglas fu conse> guenza diretta dell'imborghesimento del campione e della sua incapacità a districarsi in difficoltà nuove per lui, come il rappòrto (poi troncato) con una moglie che lo aveva sposato solo per i soldi e come le disavventure giudiziarie legate al temperamento troppo focoso e ai suoi non certo nobili istinti. Mike Tyson, tuttavia, dopo il tonfo di Tokyo era riuscito faticosamente a riprendersi e a riportarsi sulla rotta della cintura mondiale, finita nel frattempo sui fianchi di Evander Holyfield, facile vincitore su Douglas. Nel novembre scorso Mike avrebbe dovuto affrontare Holyfield per tentare di riprendersi il suo trofeo. Ma dapprima un infortunio a una spalla e poi la tegola della denuncia da parte della «miss» di Indianapolis, gli hanno fatto crollare ogni sogno di riscatto. L'ex campione del mondo avrà ventisei anni a giugno. Alla sentenza - che verrà pronunciata tra meno di un mese seguirà senz'altro un processo d'appello con una possibile revisione della pena. Ma è inutile farsi troppe illusioni, il suo tempo sul ring è finito, il «Marciano nero» ha chiuso in modo drammatico quella che era incominciata come una bella favola. Gianni Pignata

Luoghi citati: Indianapolis, Roma, Tokyo