Quei nostri soldati schiavi dei nazisti; i segreti del decaffeinato

Quei nostri soldati schiavi dei nazisti; i segreti del decaffeinato AL GIORNALE Quei nostri soldati schiavi dei nazisti; i segreti del decaffeinato Deportati in 650 mila dopo l'8 settembre Dai resoconti dei mezzi di comunicazione sul rientro a Torino dei resti di 38 militari, deceduti nel 1943/45 in Germania ed in Urss, ho tratto l'impressione che la maggioranza non abbia potuto rendersi conto del fatto che ben 33 di quelle cassette, avvolte nel tricolore, indicavano il nome di internati militari in lager nazisti situati nel territorio della ex Repubblica Democratica Tedesca. Ciò anche se La Stampa del 30 gennaio ha indicato esattamente tale numero; in particolare 24 provenivano da Zeithain, 5 da Wasungen e 4 da Gerstungen. Premetto che gli oltre 650 mila militari italiani deportati in Germania dopo l'armistizio dell'8 settembre 1943, i quali, nella quasi totalità, rifiutarono di aderire alla Repubblica Sociale Italiana, vennero qualificati, con un ibrido giuridico, «internati militari» per cui furono privati dell'assistenza della Croce Rossa Internazionale e posti alla mercè della Germania nazista. Quasi tutti i militari i cui resti sono rientrati decedettero per la tubercolosi contratta a causa del lavoro pesante cui vennero inviati coattivamente, nella zona di Berlino, e del vitto scarsissimo; infatti la fame è stata la caratteristica precipua della vicenda dell'internamento. Nel reparto C di Zeithain, posti su castelli a due piani in baracche di legno fatiscenti, morirono circa 900 giovani militari, assistiti amorevolmente dal francescano padre Luca Ajroldi, che ne curò anche la sepoltura. Gli organi centrali della nostra Associazione hanno svolto un'azione costante, per decenni, allo scopo di ottenere il ritorno delle salme dai cimiteri dei lager della Germania Orientale; tale interessamento solo ora ha ottenuto risultati concreti in relazione al cambiamento politico avvenuto nei Paesi dell'Europa orientale. Ho ritenuto doveroso nei riguardi di questi «internati», morti per tenere fede al giuramento prestato e per non continuare la guerra a fianco della Germania nazista, e delle loro famiglie, fornire le suddette precisazioni, mentre ribadisco l'ammirazione degli ex internati torinesi per i Caduti in Urss. dott. Carlo Piovano presidente Sezione di Torino Associazione Nazionale ex Internati lo difendo Togliatti Ho letto con interesse dell'ennesimo crimine togliattiano. Sono il segretario cittadino del Partito della Rifondazione Comunista, i cui militanti sono di diversissime estrazioni e formazioni culturali, e sottolineo che la lettera è scritta a titolo personale. Cosa dice Togliatti nella nefanda missiva? Immagino che il passo destinato a inorridire sia questo: «Il fatto che per migliaia di famiglie (...) è il più efficace degli antidoti». Come è chiaro in ciò che scrive oltre, Togliatti non si adopera perché ciò avvenga («non sostengo affatto che i prigionieri si debbano assassinare»), né se lo augura per calcolo politico («tantopiù che possiamo ottenere certi risultati in altro modo»). Più semplicemente, nel constatare l'inevitabilità della tragedia che si consuma per «le durezze oggi che possono provocare la fine di molti di loro», fa ricorso all'ottimismo della volontà per riuscire a trovare in tanto male un qualcosa di buono: la rinascita e il riscatto della Nazione, dalla tragedia individuale dei nostri soldati. Certo vi è una certa brutalità nel dire di Togliatti, ma a chi è indirizzata? Non certo agli alpini, ma a quella Vandea di piccola e media borghesia moderata che al fascismo aveva detto di sì (o non aveva detto no), mandan- do così a morire i propri figli: è per colpa loro e di Mussolini, se gli alpini sono là, non certo di Togliatti e dei comunisti. Tutt'altro che cinismo dunque, se mai l'umanissimo risentimento di chi dice: «Chi è causa del suo mal pianga se stesso». E a chi rappresenta - e siamo nel 1943 i comunisti, tutto quel che han¬ no passato, e ciò che sanno di dover passare, non possiamo concedere quell'atteggiamento? Lo si giudica forse ingeneroso? Ci vorrebbe proprio un bel coraggio! E questo è quanto per la lettera di Togliatti. Prendendola per buona, perché quel finale sul «divino Hegel» non convince, soprattutto tenendo presente che il destinatario della lettera non è un cultore di filosofia, cui sia familiare la locuzione, ma un operaio fonditore, Vincenzo Bianco, i cui studi filosofici sono limitati a quanto ha appreso alla scuola di partito di Mosca. Giuseppe Veronica, Novara Cos'ha fatto Anfuso per gli italiani? Ho letto la lettera di Clarissa Anfuso pubblicata il 6 febbraio su La Stampa. Ho avuto anch'io dei parenti combattenti durante l'ultimo conflitto mondiale: mio padre che ha combattuto nelle formazioni partigiane; uno zio internato in campo di concentramento in Germania; uno zio di mio padre fatto prigioniero dagli inglesi, in seguito alla disfatta di El Alamein; posso dire che nessuno dei tre abbia vissuto bene in quel periodo. Mi chiedo: se Togliatti ha sbagliato, Filippo Anfuso che cosa ha fatto per gli italiani? Dovremmo chiederlo a Carlo e Nello Rosselli o comunque ad altri antifascisti. A questa Italia, così strana, così violenta ma che resta sempre il mio Paese, io auguro che non si torni indietro. Massimo Fazzari Bussoleno (Torino) Basterebbe specificare «è innocuo» Sulle confezioni di caffè decaffeinato non si dichiara che il caffè non contiene tracce di so; stanze estranee al caffè oppure, ! contiene tracce di sostanze estranee ma assolutamente innocue. Qualche anno fa, alcuni noti clinici europei e americani j affermarono che le tracce clorurate contenute nei caffè decaffeinati, derivanti dal cloruro di metile o da altri solventi clorurati usati per decaffeinare il caffè, erano dannosi ed anche icancerogeni. Per tal motivo i sol:venu di decaffeinizzazione sono istaii sostituiti con solventi... ininocui. Su talune confezioni non è indicato il solvente usato mentre su altre confezioni sono indicati; solventi di pura fantasia. Si dichiara sulle confezioni:! questo caffè è decaffeinato con acqua (impossibile!), oppure, i questo caffè è decaffeinato con anidride carbonica, la stessa sostanza che rende l'acqua effervescente. Nel caso del caffè, l'anidride carbonica usata è liquida (ottenuta a 40-50 atm di pressione) e non gassosa e lascia nel caffè tracce dei vari carbonati metallici dai quali è stata estratto. Si dichiara ancora che la decaffeinazione avviene con vapore acqueo e oli di caffè (???). Ma se quanto si afferma sulle, confezioni è vero, perché i pro-^ dimori di decaffeinato non dichiarano sulle confezioni: il caffè non contiene tracce di sostanze estranee al caffè o tracce di sostanze dannose? Il consumatore ha diritto ad una corretta informazione. Giuseppe De Bellis chimico, Mestre (Venezia) I conventi accolgano anziani soli e senzatetto In materia di sofferenze degli anziani, voglio anch'io deplorare l'indifferenza, anzi l'assenza, delle autorità preposte là dove stazionano i miserabili. Questo avviene in città, ma gli anziani della montagna non si trovano in condizioni migliori, soffrono, in più, di una squallida solitudi ne. Dalle autorità civili non pos siamo attenderci molto in quanto manca la materia che li muo verebbe, il denaro, ma dai reti giosi ci si aspetterebbe di più. I conventi si svuotano per mancanza di vocazioni, perché non far posto ai senzatetto? Se < vero che siamo tutti fratelli dob biamo dimostrarlo coi fatti. Per gli anziani della montagna basterebbe l'assistenza domiciliare ben fatta che consiste nella distribuzione, in casa, di un pasto caldo giornaliero. Intanto si vede l'assistito e si provvede per eventuali necessità. Continuiamo a scrivere e a denunciare lo stato di decadenza affettiva in cui siamo caduti da poiché il denaro e lo «star troppo bene» ci hanno indurito il cuore. Maria Botta Bodrero, Bra