Una colpa lunga 60 anni sullo «sbirro» della Ddr di Emanuele Novazio

Una colpa lunga 60 anni sullo «sbirro» della Ddr A giudizio per un attentato del '31 Una colpa lunga 60 anni sullo «sbirro» della Ddr L'ex capo della Stasi, in fin di vita non risponderà dei delitti del Muro BONN DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Erich Mielke, che per vent'anni fu l'uomo più potente della Ddr dopo Erich Honecker, è comparso ieri nell'aula 700 del tribunale di Berlino, accusato di un omicidio commesso ai tempi del nazismo. L'ex ministro responsabile della polizia politica, la Stasi, ha 84 anni ed è malato: le udienze non potranno durare più di due ore e mezzo, saranno al massimo due la settimana. In un'aula accanto trasformata in infermeria ci sarà sempre un medico. Ieri Mielke è arrivato appoggiandosi al bastone e a due poliziotti, direttamente dal carcere attraverso un tunnel: seduto dietro uno schermo antiproiettile, ha detto soltanto di volersene andar via e nient'altro, neanche il nome: «Sto troppo male, non ne posso più». Ma il processo continuerà e farà storia, in questo dopo-unità paradossale dove il passato conserva il potere straordinario di confondere il presente e renderlo più ambiguo. Con Mielke, infatti, non si parlerà dell'omicidio delle duecento «vittime del Muro», le persone uccise dalle guardie di frontiera mentre cercavano di fuggire all'Ovest. Davanti ai giudici, finora, sono finiti soltanto soldati semplici e sottufficiali. Non si parlerà neppure delle spie che proprio Mielke, per quasi trent'anni, ha pilotato nei centri strategici della politica e della finanza tedesco-occidentale e in quelli militari della Nato. Né si parlerà dei legami fra la «Stasi» e la Rote Armee Fraktion, il terrorismo tedesco nato alla fine degli Anni Sessanta e ancora attivo. Troppe lacune giuridiche impediscono, per ora, un processo che la procura di Berlino si sforza invano di istruire. Protagonista delle udienze sarà un passato remoto invece, fatti lontani sui quali graverà però il peso di un passato più vicino, che rischia di trasformare il processo al braccio destro di Erich Honecker in un processo a «tutto il resto». Anche per questo il dibattimento farà storia, perché riassume le difficili condizioni della giustizia pantedesca quando si tratta di guardare «al di dà del Muro». Per non poter parlare della Repubblica di Honecker, nell'aula 700 torneranno frammenti della Repubblica di Weimar: quando, il 9 agosto del '31, nella Bulowplatz di Berlino i poliziotti Paul Anlauf e Franz Lenck caddero vittime di un attentato, organizzato da Mielke per conto del partito comunista. Nessuno sarà chiamato al banco, perché dei fatti non esistono più testimoni: anche per questo i difensori, ieri, hanno chiesto l'archiviazione. Per decorrenza dei termini e soprattutto perchè il tribunale «si disonorerebbe se tenesse conto di un capo d'accusa emesso quando il diritto era stato pervertito dal nazismo e le confessioni erano ottenute a bastonate». Si continuerà, invece, perché secondo i giudici «nulla dimostra,che l'accusa sia stata lanciata da un tribunale fascista che non avrebbe rispettato le fondamenta dèi diritto». Lo stesso Mielke aveva ammesso le sue responsabilità, al tempo del processo che condannò i suoi complici, nel 1934: a Ber¬ lino comandava ormai da un anno Hitler, ma lui era al sicuro a Mosca, nella tana staliniana dove fino al '45 lavorò come funzionario del Comintern. Dell'attentato, citato anche nella biografia ufficiale dell'ex capo della Stasi, Mielke ha sempre parlato come di una «azione di rappresaglia per la morte di un militante comunista», ucciso dalla polizia. Lo stesso hanno fatto i suoi avvocati, ma tutto questo resterà forse il contorno. Ieri, prima dell'avvio del dibattimento, s'è avuta un'eco appena di quel che ha portato con sé l'imputato Mielke: quando, alla fine, l'avvocato Ollenschlaeger è stata picchiata da una tedesca dell'Est che aveva fatto condannare nella Ddr. E quando alcuni militanti di estrema sinistra hanno gridato «No alla caccia alle streghie comuniste», in appoggio a Mielke. Erano una decina: fuori del tribunale si sono accapigliati con un gruppo che vuole il processo, «almeno questo». Emanuele Novazio

Luoghi citati: Berlino, Ddr, Mosca, Weimar