La guerra libanese trasloca nel Caucaso

La guerra libanese trasloca nel Caucaso La guerra libanese trasloca nel Caucaso Mercenari hezbollah con gli azeri, maroniti con gli armeni MOSCA DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Da anni ormai si parla di una «libanizzazione» del Caucaso, ma mai come oggi questo paragone è stato così calzante. Nelle montagne del Nagornyj Karabakh, l'enclave armena assediata dagli azerbaigiani, si sono infatti trasferite negli ultimi tempi parecchie decine di miliziani libanesi, rimasti inattivi con la fine della guerra civile in patria. La settimana scorsa armeni e azeri si sono scambiati l'accusa di assoldare mercenari. Puntualmente smentite dai rappresentanti ufficiali, queste affermazioni sono state però confermate dal settimanale «Kommersant». «Secondo fonti informate, cittadini stranieri prendono parte al conflitto, peraltro da entrambe le parti», scrive il giornale. Una prova sarebbe «la morte di un negro delle formazioni armate armene, registrata una settimana fa dagli azerbaigiani». Gli armeni negano che l'uomo combattesse per loro, ma il giornale afferma che dalla loro parte si sono effettivamente schierati «mercenari stranieri, in particolare armeni e cristiani maroniti libanesi». Il numero sarebbe per ora limitato, circa 50 persone, perfettamente addestrati, però, a combattere in montagna e nelle città, grazie all'esperienza di 15 anni di conflitto. Il loro arrivo avrebbe dato nuovo impulso alle capacità militari delle forze di autodifesa armene, male armate e peggio rifornite. Ed anzi alcuni affermano che l'elicottero azero caduto 10 giorni fa nel Karabakh, sarebbe stato abbattuto proprio da questi «istruttori, per addestramento», usando un micidiale lanciamissili «Stinger», di produzione americana, mai prima usato nel Caucaso. Se gli armeni hanno chiesto aiuto ai propri connazionali e ad altri cristiani libanesi, comunque, gli azeri non sono stati da meno. Levon Melik-Shakhnazarjan, responsabile delle relazioni estere degli armeni del Karabakh, ha denunciato la presenza di stranieri, in particolare iraniani, nelle fila dell'esercito nazionale azerbaigiano. «In una serie di formazioni azere combattono rappresentanti del vicino Iran: membri del corpo delle Guardie della rivoluzione, equipaggiati di proprie armi. Il loro numero viene valutato dagli esperti nell'ordine dei. 100-150 uomini». Il giornale sottolinea che la frontiera tra Azerbaigian ed Iran di fatto non è più controllata, e che il passaggio di uo¬ mini armati, denaro e armi non presenta dunque difficoltà. Di più: già dall'inizio del 1990 l'Iran avrebbe iniziato a stabilire nelle Repubbliche asiatiche dell'ex Urss, soprattutto in Azerbaigian, una rete di cellule degli «Hezbollah», il cosiddetto «partito di Dio», distintosi in Libano come braccio della politica di Teheran, così come per il sequestro di numerosi ostaggi occidentali. Il ministro degli Esteri armeno, Raffy Ovanesjan, ha concluso ieri una visita ufficiale in Iran, dove ha sicuramente affrontato l'argomento dei mercenari. «Speriamo che con la mediazione dell'Iran si possa arrivare a ristabilire la pace», ha detto Ovanesian, menù e il suo omologo iraniano, Ali Akbar Velayati, ha affermato che Teheran «compirà il suo dovere, che consiste nello spegnere il fuoco della guerra tra i due Paesi vicini». Durante la guerra civile libanese, tuttavia, le milizie armene e maronite erano tra i più accesi nemici degli «Hezbollah» iraniani: il conflitto, spento nel Paese dei cedri, sembra si stia semplicemente spostando nel Caucaso. Fabio Squillante I Un plotone della milizia armena In assetto di guerra nel Nagorni Karabakh (FOTO EPA]

Persone citate: Ali Akbar Velayati, Melik