Ucciso da un esame all'occhio di F. Mil.
Ucciso da un esame all'occhio Ucciso da un esame all'occhio Campobasso, colpito da collasso dopo l'iniezione CAMPOBASSO. Chiusi nella loro casa di Teano, in provincia di Caserta, Angelo, Alfredo e Roberto De Monaco chiedono giustizia per la morte del padre, stroncato da uno choc anafilattico, un delicato esame agli occhi nella casa di cura «Villa Esther», a Boiano, in provincia di Campobasso. «E' stato un omicidio», denunciano i parenti. «Niente affatto: si è trattato di una tragica quanto imprevedibile fatalità», replicano i medici che avevano preso in cura il paziente, Antonio De Monaco, un idraulico di 50 anni affetto da diabete. Sarà il sostituto procuratore Fabio Laurenzi a chiarire questo nuovo, inquietante episodio che mette ancora una volta in discussione il mondo della sanità. Antonio De Monaco, ex emigrato in Libia rientrato in Italia nel '70, soffriva di gravi disturbi alla vista, conseguenza del diabete che lo affliggeva da anni. Si era recato alla «Villa Esther» per sottoporsi ad una fluoroangiografia, una ricognizione fotografica della retina che il medico esegue dopo aver iniettato nel paziente una sostanza colorante, la fluoresceina. Il collasso è sopraggiunto pochi minuti dopo l'endovenosa: l'uomo è impallidito e si è accasciato sul pavimento, morto all'istante. I carabinieri sono venuti a conoscenza della vicenda dopo la segnalazione del direttore sanitario della clinica. Il magistrato ha già ascoltato il dottor Giuseppe De Crocchio, che ha eseguito la fluoroangiografia sul paziente. «Mi sono messo subito a disposizione dell'autorità giudiziaria dice il medico -. Sono certo di non aver nulla da rimproverarmi. Sfido chiunque a trovare un testo di medicina in cui si afferma che la sostanza iniettata nel paziente, la fluorosceina, possa provocare reazioni allergiche. Il caso che si è verificato nella clinica di Boiano è unico al mondo, assolutamente imprevedibile». Ma i familiari di Antonio De Monaco sono del parere opposto. Il loro avvocato, Giampaolo D'Aiello, parla di grave negligenza del medico, e chiama in causa un testimone. «Il paziente si era recato nella casa di cura con un suo amico, Pietro Lepre, che doveva essere anch'egli sottoposto allo stesso esame - racconta il legale -. Per De Monaco quella non era la prima fluoroangiografia: ne aveva subita un'altra a Roma, e subito dopo si era sentito male. Era preoccupato, aveva informato il medico di quel precedente e gli aveva chiesto di stare molto attento. Il suo amico, Pietro Lepre, è pronto a testimoniare: il medico sapeva che l'iniezione era a rischio». L'inchiesta giudiziaria sulla morte di Antonio De Monaco è ancora alle prime battute. Il giudice Laurenzi ha nominato tre periti, i quali dovranno stabilire il grado di pericolosità della sostanza iniettata e le eventuali precauzioni da adottare durante esami di quel genere. Ma il nuovo capitolo della storia sempre più tormentata della sanità in Italia non finisce con la morte di Antonio De Monaco. -In provincia di Napoli si è verificato un episodio che mette ancora una volta al centro delle polemiche l'efficienza delle strutture sanitarie. Una donna di 75 anni, Carmela Sorrentino, ricoverata per acertamenti in seguito a disturbi gastro-intestinali, langue da venti giorni in un letto dell'ospedale civile di Torre Annunziata, iti attesa di una semplicist i un i ddiografia all'addome. Il motivo di tanto ritardo rasenta l'assurdo: l'ascensore del nosocomio è guasto, e la donna, che da anni ha subito l'amputazione di una gamba, non può recarsi da sola da un piano all'ai tro dell'edificio. Medici e infermieri si rifiutano di trasportare la paziente per le scale, [f. mil.]
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