DA QUESTO PONTE E' CADUTO TOGLIATTI di Luciano Genta

DA QUESTO PONTE E' CADUTO TOGLIATTI DA QUESTO PONTE E' CADUTO TOGLIATTI L'editrice di Camarlinghi: storia e programmi AFIRENZE BEIAMO scommesso sul cavallo giusto. Abbiamo puntato su Eltsin e i radicali della perestrojka, i sindaci di Mosca e San Pietroburgo, Popov e Sobciak, abbiamo pubblicato i libri di Cipko, Serbakov, Khasbulatov quando ancora questi radicali della perestrojka erano solo un gruppo di eretici : siamo diventati per foro amici fidati: quando tutto è cambiato, avevamo i rapporti giusti». Franco Camarlinghi, presidente e manager di «Ponte alle Grazie», spiega come e perché la piccola casa editrice fiorentina è riuscita ad assicurarsi in esclusiva la pubblicazione delle carte conservate nel Centro di documentazione di storia contemporanea a Mosca. Quell'ex archivio del pcus da cui è uscita l'ormai famigerata lettera di Togliatti sull'Armir. Quarantanove anni, studi irregolari in medicina e scienze politiche, Camarlinghi dall' 89 ha lasciato la militanza per l'editoria. Ex sessantottino, ex comunista, ex assessore alla Cultura nella giunta rossa (lo chiamavano il Nicolim di Palazzo Vecchio): «Dovevo diventare un rivoluzionario di professione, mi sono accorto che era meglio non farla la rivoluzione». Alcuni tentativi di dar vita a Firenze a una sinistra unitaria, «socialriformista» - i club Voltaire, il centro Calamandrei - si sono spenti sul nascere. Di qui, mentre con il Muro di Berlino cominciava il crollo del comunismo, la scelta di fare solo l'editore, per ricercare le radici di un sogno diventato tragedia, per studiare le nuove «grandi trasformazioni» all'orizzonte. Camarlinghi cominciò i suoi viaggi a Mosca sull'onda della glasnost: «Poteva e può andarci chiunque, senza aspettare di qui i diari di Raissa e Gorby». Adesso lui mostra il contratto firmato il 15 gennaio - con il suo nome in cirillico accanto a quello di Firsov, il direttore dell'ex Istituto del marxismo leninismo - che gli consente di consultare e pubblicare nei prossimi tre anni ì documenti segreti del Comintern fino al 1943: «Faremo tre volumi, sul modello degli Annali Feltrinelli». In autunno, un convegno di storici presenterà il primo: le relazioni dell'Ufficio Quadri del Comintern sui dirigenti comunisti italiani, vere e proprie schedature, con dettagliati ritratti bio-psicologici. Nel 93 il secondo riguarderà tutto il movimento antifascista negli Anni 30: con le prove che i comunisti avevano loro spie infiltrate in Giustizia e Libertà e nel partito socialista. Il terzo, nel '94, farà luce sulle vittime italiane delle purghe di Stalin. In questa settimana, bersagliato da riflettori e microfoni di tv e giornali, Camarlinghi ha rispolverato la destrezza del politico. Dice di volersi tenere al di fuori della bagarre; nega che gli stralci di quella lettera scritta da Togliatti su carta di riso, ritrovata e «attestata» da Franco Andreucci, siano «un saldo fine legislatura», come hanno insinuato quelle ragazzacce di «Avanzi». A marzo pubblicherà La segretaria russa, il diario di Nina Delnova Bocienina, che fu giorno per giorno accanto a Togliatti fino al suo rientro in Italia: si vedrà, dice Camarlinghi, che «per certi aspetti l'uomo era anche simpatico». D'altra parte pensa che quella cinica lettera Togliatti l'abbia scritta «per sicurezza, per garanzia personale»: sapeva di essere controllato lui per primo dai sicari di Stalin. Il che ovviamente «non giustifica nulla». Camarlinghi considera chiusi i suoi conti con il pei, vecchio e nuovo: nell'89 debuttò con un pamphlet di Napoleone Colajanni. La resistibile ascesa di Achille Occhetto, óra ne annuncia un altro, sempre di Colajanni, I pentiti del socialismo. L'editore del Ponte alle Grazie respinge ogni accusa di speculazione elettorale e commerciale: «Ma chi può credere che la nostra sia un'impresa a scopo di lucro? Dei nostri Annali non venderemo certo decine di migliaia di copie. Abbiamo pagato 5000 dollari, convertiti in rubli, per ogni volume, più altri 5000 co-' me anticipo sul 9 per cento in diritti d'autore. E' una vergogna sostenere che ci siamo comprati gli archivi. I russi non hanno venduto un bel nulla: hanno solo deciso di aprire porte e fine¬ stre». Camarlinghi non si fermerà qui, spera in un prossimo accordo per acquisire i documenti del Cominform fino al '52. E poi indica altre numerose, ricche miniere in cui scavare, «ad esempio l'ex biblioteca Lenin è una riserva eccezionale di fonti letterarie, dall'800 in poi». Da Mosca ha portato «uno straordinario racconto» di Chaianoff, economista buchariniano vittima delle purghe: si intitola Utopia, una sorta di 1984 scritto negli Anni 30, uscirà a marzo. Ma sul Ponte alle Grazie non sventola solo bandiera russa. La casa editrice ha guardato fin dalle origini soprattutto a una «nicchia di pubblico colto, universitario», con un catalogo di saggistica storica e filosofica, dalle lezioni di Foucault al testo su Empirismo e nominalismo di Meinong, in prima traduzione italiana, dalla Sindrome di Stendhal della Magherim al Corpo del re ài Bertelli: titoli tra le 1500 e le 5000 copie, traguardo già raggiunto dal reportage di Dino Frescobaldi sulla Jugoslavia in frantumi, fresco di stampa. Si prepara una nuova collana, «I lari», diretta da Luca Canali, classici antichi e moderni dai Carmina priapea a Stato e Chiesa di Cavour, dal Valla (Della falsa donazione di Costantino) al Baretti (La Frusta letteraria). Fra le altre novità, un saggio di Garritalo su Blanchot, una Storia dell'America latina nel '900, un Itinerario della follia a Firenze dal Medioevo all'800. Dice Camarlinghi: «I titoli quando sono giusti pagano, per 1 editoria di cultura i margini economici esistono, anche se modesti. L'unico vero problema è che i grandi gruppi si prendono tutto lo spazio in libreria, rendono i piccoli quasi invisibili». A Ponte alle Grazie non si respira aria di «grande lamentazione», si dichiara un ricavo di quasi tre miliardi nel '91. Naturalmente, per questo budget, non bastano i saggi universitari e i pamphlet politici. Altre iniziative editoriali, dalle strenne illustrate alle pubblicazioni per l'edicola, come la Storia del Genoa scritta da Gianni Brera, rassicurano la proprietà, il gruppo industriale Metari e la marchesa Bona Frescobaldi. Al primo piano della casa editrice, in un salone scrigno di antiquariato, la signora dell'aristocrazia fiorentina discute, tranquilla e compassata, di un bel volume d'arte, mentre a pochi metri di distanza Camarlinghi si districa da un telefono all'altro per spiegare «i retroscena di Togliatti». Dalle finestre, scorre placido l'Arno e l'unico ricordo della vecchia Russia sono i giardini Demidoff, uno dei primi capitalisti quando ancora c'erano gli zar (la sua storia famigliare uscirà presto). Quasi quasi, il fiorentino Ponte alle Grazie, potrebbe adottare lo slogan «veniamo da lontano e andiamo lontano». Se non lo avesse inventato Togliatti, per un pei morto a nemmeno 70 anni. Luciano Genta Franco Camarlinghi (a destra) presidente di «Ponte alle Grazie» tra i cui proprietari figura Bona Frescobaldi (qui a fianco)