A LEZIONE DALLO SCIACALLO COSI' LO SCIA STUDIAVA LA VIRTÙ'
A LEZIONE DALLO SCIACALLO COSI' LO SCIA' STUDIAVA LA VIRTU' A LEZIONE DALLO SCIACALLO COSI' LO SCIA' STUDIAVA LA VIRTU' GLI sciacalli sono sempre stati nella nostra immaginazione povere bestie affamate che si nutrono di carogne, un po' meno brutti e sgraziati delle iene, ma non molto più nobili. In altre culture, che forse ne hanno una conoscenza più diretta sembrano godere di una maggiore considerazione: nel Libro di Kalila e Dimna di Ibn Al-Muqaffà (a cura di A. Borruso e M. Cassarino) i due sciacalli del titolo sono due animali scaltri e «istruiti», attraverso il cui dialogo viene raccontata una serie di storie esemplari che mettono in luce come accortezza e saggezza, virtù indisgiungibili nel mondo orientale, trionfino sempre sulla mediocrità e pochezza degli altri. Sono storie di animali, o di uomini, o di animali e uomini mescolati nelle vicissitudini del¬ l'esistenza senza nessuna reale distinzione: tutte insieme contribuiscono ad esaltare le virtù fondamentali della vita, onestà, moderazione, saggezza e fedeltà al proprio sovrano. Ma che cos'è il Libro di Kalila e Dimna? E' la versione araba del sanscrito Panciatantra, compiuta da Ibn Al-Muqaffà, nella prima metà dell'VIII secolo, versione mediata attraverso quella persiana fatta dal medico Burzoe per ordine del re Cosroe nella seconda metà del VI secolo. Fu la fortunata versione persiana a far uscire dall'India il testo segreto del Panciatantra contenente i massimi principi della saggezza necessari al vivere civile e indispensabili soprattutto per il buon governo di un sovrano illuminato. Per soddisfare il desiderio del suo sovrano di conoscere la saggezza indiana e migliorare se stesso grazie a quegli insegnamenti, l'umile medico Burzoe andò in India, si mescolò alla folla che sostava sulla porta del palazzo reale, e con abilità e astuzia conquistò l'amicizia di chi aveva accesso a quei testi sacri, e a rischio della sua vita li copiò e li portò in Persia. Forse fu la prima impresa di spionaggio internazionale, intesa à consolidare il potere del re di Persia, ma con le armi di giustizia e saggezza. E' una giustizia che non sempre ci persuade quella del libro dei due sciacalli, ma non dimentichiamo che la nostra cultura è assai lontana da quella nel tempo e nello spazio. E inoltre la lettura delle storie che essi raccontano è quanto mai gradevole e divertente, anche in grazia di quel tanto di esotico che esse contengono e per la imprevedibilità dell'esito e della sua morale. Valga come esempio il racconto dell'eremita e del gioielliere, dove un ere¬ mita è un onesto privo di accortezza, il gioielliere un infido male informato, ma per fortuna le sorti della civile convivenza sono nelle mani - si fa per dire - dei tre animali protagonisti: una scimmia, una tigre e un serpente. Al di là della piacevolezza dei racconti, non si può trascurare l'importanza del libro, in particolare per quanto riguarda la narrativa europea, dal Firenzuola a La Fontaine, dove fu conosciuto soprattutto nella versione araba di Ibn Al-Muqaffà e nelle traduzioni che da quella furono tratte, come ampiamente informano i due curatori nell'introduzione. Laura Mancinelli Ibn Al-Muqaffà Libro di Kalila e Dimna Salerno pp. 263, L. 28.000
Persone citate: Borruso, Cassarino, La Fontaine, Laura Mancinelli
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