CORDELLI : MA TUTTI ANDAVANO A CHIASSO

CORDELLI : MA TUTTI ANDAVANO A CHIASSO CORDELLI : MA TUTTI ANDAVANO A CHIASSO LA verità è che nella cultura di massa tutti parlano, questo è il vero senso della nostra società: non che ci sia stato a tutti concesso il diritto di parlare, ma che ogni parola sia uguale ad un'altra. E' la ragione per cui appare crescente la patetica tecnica dell'autoelezione, individuale o di gruppo. Quando Dario Bellezza si mise la corona d'alloro sulla testa (1981), c'era ancora, in quel gesto, un margine di normale e decente parodia. Poi si cominciò a.fare sul serio; ognuno s'è assiso sul suo pontificale soglio. Si cominciò con la filosofia cosiddetta gnostica, sempre più corrusca; poi vennero i soavi amici della natura e degli animali; poi gli arrampicatori stilistici - l'espressione è di Alfredo Giuliani - del «made in Italy» (ricordate il 1985?). Ora imprevedibilmente e di nuovo, la vecchia neoavanguardia. Alberto Arbasino, che non la finisce più di nominare il suo Fratelli d'Italia; o Edoardo Sanguineti, che sull'Unità ha definito Capriccio italiano un bel romanzo e ha scritto su Repubblica che II gioco dell'oca avrebbe influenzato l'ultimo Calvino: tutti, più giovani e meno giovani, impegnati nella furiosa battaglia del riserbo contro la parola o, all'opposto, del fregio migliore da esibire, il moderno contro l'antico, il cosmopolitismo contro le radici nazionali o le radici nazionali contro la presunzione d'internazionalità. In questo senso, che su un settimanale come Panorama sia concesso tanto spazio, Valerio Riva non è per nulla stupefacente, è anzi congruo. E' la seconda volta che Riva mi nomina, a dieci anni di distanza dalla prima. Tutte e due le volte, mi sembra, senza particolare simpatia. Gli rispondo per questo e, se non altro, con l'autorità del fallimento che mi attribuisce. Il non originale pensiero di Riva è che nel momento in cui si pubblica un libro è come se si entrasse in pista, per una gara. Vincerà la gara (così si desume dalle sue parole) chi avrà venduto più copie, vinto più premi, sarà stato più tradotto nel mondo. Non vi dico che questi non siano valori. Evidentemente lo sono. Lo credono anche persone raffinate come Angelo Guglielmi e Beniamino Placido, basterebbe chiederglielo e sono certo che confermerebbero. Ma il problema della letteratura, cioè della vita, è che il concetto stesso di valore è difficilmente riducibile. E' uno dei motivi per cui si scrive. Se davvero la verità si riducesse a ciò che dice Riva, il più grande scrittore italiano del Novecento per numero di copie vendute non sarebbe Eco ma Guareschi; per bibliografia critica Italo Calvino; e per traduzioni Alba De Cespedes. Tra l'altro Riva mente in modo deliberato. Se è vero che Eco è «conosciuto nel mondo» e che è meglio essere Eco che Cordelli o Arbasino, per citare un coetaneo di Eco credo non troppo familiare ai lettori non italiani, certamente non è vero che Sanguineti e Nanni Balestrini sono «conosciuti» quanto altri scrittori rubricati da Siciliano - come Lodoli, Tondelli, De Carlo, Tabucchi. Per non parlare di tutti quelli che hanno avuto il piacere di rileggersi in lingue diverse da quella in cui avevano scritto senza che i risvolti di copertina ritenessero urgente informarne i lettori italiani. Volgarità dunque, e menzogna; e niente altro. Ed è il mini- mo che ci si possa aspettare nella guerra di tutti contro tutti. Questa polemica su Romanzo e destini di Enzo Siciliano mi sembra la somma delle polemiche degli ultimi tempi. L'insensatezza vi è giunta al culmine. Non vi è posta in gioco, non vi è contenzioso. Solo fantasmi, recriminazioni, abiure. Arbasino, per esempio, parla di vittimismo. Ma a chi si riferisce, precisamente? Faccia dei nomi e citi le fonti. Giuliani dice che non ci si ricorda com'era l'Italia all'inizio degli Anni Sessanta. In effetti, di quel periodo ho personalmente altri ricordi che non quelli letterari. Ma so bene cos'era l'Italia letteraria dieci anni dopo, quando esordì in letteratura la mia generazione (Debenedetti, Paris, Orengo, Pascutto, Montefoschi) sotto il tallone di ferro della neoavanguardia. Citai Rilke e Hòlderlin (1969) ai «padri» dell'avanguardia e venni deriso. Il povero Antonio Porta, interrogato da me e Alfonso Berardinelli (1974) sulla nuova poesia, disse che dopo i Novissimi non s'e- ra scrìtto più niente di interessante. Riva si ascrive a merito d'aver introdotto in Italia non so che romanziere di successo. Ma quando tradussi Principessa Casamassima (1974), di Henry James non si parlava da almeno dieci anni; e quando tradussi Tra un atto e l'altro (1976), la bibliografia critica sulla Woolf era ferma perfino per il femminismo, multante o meno. Ma tutto ciò è in qualche modo significativo? In verità le gite a Chiasso le hanno fatte tutti, prima e dopo il '63. Questo è il «lavoro intellettuale» e niente di più; è la parte di noi che modestamente crede nella vivibilità del mondo, se non addirittura nella sua migliorabilità. Riguardo alla invivibilità, a causa della quale massimamente si scrive, e alla possibilità di solo peggiorare il mondo, per cui dallo scrivere si passa alle lodi (a sé) e agli insulti (agli altri), a me sembra interessante, come atomo di significato, come sintomo diciamo sociologico, che un libro che tutto è tranne che un pamphlet (mi riferisco ovviamente a Romanzo e destini] accenda un dibattito in cui l'interpretazione precede la lettura. Mi sembra più interessante che Berardinelli non trovi di meglio che eccepire, in una trasmissione radiofonica, che nell'elenco di Siciliano vi sia uno scrittore come Cordelli, di formazione avanguardistica - così confermando e ricreando divisioni che se hanno senso non lo hanno certamente a questo livello (spero di aver superato la mia «formazione»). Più interessante che persone di formazione avanguardistica e dunque, si presume, ideologica, si riducano agli insulti personali (nonostante, ad onore del vero, Guglielmi abbia da sempre avuto la tendenza a psicologizzare la realtà - lui che accusa sistematicamente gli altri di farlo). Più interessante ancora che Sebastiano Vassalli, che due mesi prima nella ristampa del suo Manuale di corpo aveva accusato i suoi padri Sanguineti, Manganelli e Balestrini d'essere poco meno che dei criminali, senza che nessuno duramente gli rispondesse, ora faccia di nuovo marcia indietro: una marcia indietro prudente, beninteso, perché pur facendo la guerra, l'essenziale è continuare a vendere, dunque non sporcarsi le mani e non confondersi con altri. Franco Cordelli

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