CALVINO VIGNETTISTA di Oreste Del Buono

CALVINO VIGNETTISTA CALVINO VIGNETTISTA Disegni e battute per il «Bertoldo» di Guareschi IL giornale, di quattro pagine grandi,, grandi come un quotidiano dei nostri giorni, s'intitola IZ Fogliaccio. E' il notiziario periodico semestrale del Club dei Ventitré che si propone di approfondire e diffondere la conoscenza di Giovannino Guareschi. La redazione è nella Sala delle damigiane a Roncole Verdi (Parma). Il direttore responsabile è Alberto Guareschi. Nell'ultimo numero, datato novembre 1991, pubblica il racconto Sa pipici de Zapula (La bambola di stracci) di Paola Alenati che ha vinto il Premio Giovannino Guareschi per una storia inedita sul «Mondo piccolo»; uno studio della psicologa Anna Grosso Rossetti sull'iter grafico di Giovannino Guareschi; un saggio di Mario Bertelloni sulla filmografia italiana degli anni della guerra civile da Tutti a casa di Luigi Comerìcini (I960) a Claretto di Pasquale Squitieri (1984); le notizie su Fra poco, l'ultimo bellissimo libro del poeta Roberto Rebora, compagno di Lager di Giovannino Guareschi, con un commòsso commento di Giovanni Lugaresi, presidente del Club dei Ventitré, e un'intera pagina dedicata al «Cestino», la rubrìca aperta alla collaborazione dei lettori del Bertoldo, il famoso giornale umoristico del tempo fascista. Appunto in questa pagina ho ritrovato le vignette di Italo Calvino. Di queste sue vignette seppi qualcosa da Italo Calvino durante un convegno dei giovani scrittori che si tenne a Roma nel 1962 o giù di lì. E fu una sorpresa, perché, pure avendo a mia volta intensamente collaborato al «Cestino», non vi avevo mai incontrato la firma di Italo Calvino. Lui, evidentemente già da piccolo consapevole del suo glorioso .futuro, per .sciocchezze del genere aveva usato un nome d'arte. «Mi son firmato Iago», mi confessò, e mi confessò pure che mi aveva invidiato una vincita di 25 lire per una «vignetta fuori gara», come venivano de finiti ì parti dei lettori che non stavano in cielo né in terra. Il «Cestino» nacque il 3 gennaio 1939 e morì il 10 settembre 1943, insieme con lo stesso Bertoldo. Lo curò e condusse quasi sempre Giovannino Guareschi, firmando «Sette» o «Giovannino», tranne per due puntate intermedie amministrate da «D.S.» (Dolce Segretaria) e le ul timo tre puntate curate e con dotte da Carletto Manzoni, perché Giovannino Guareschi era già militare e prossimo a es ser fatto prigioniero dei crucchi. Giovannino Guareschi era di manica larga e trattava i suoi giovani collaboratori con vera magnanimità. Perché, bisogna ammetterlo, proprio ragazzi non lo eravamo più e le nostre scemenze erano effettivamente scemenze. «Cominciamo quindi senz'altro la nostra solita rassegna che si apre oggi con la superba visione di questa Vignetta Pazza» aveva il coraggio di sostenere Giovannino Guareschi a proposito della prima parte del trittico calvinesco ritraente un ometto incavolato davanti a uno sportello di stazione ferroviaria, dietro il quale incombeva un solenne bigliettario, minacciosamente simile alla raffigurazione tradizionale del tempo. «Datemi un biglietto per Milano» diceva l'ometto, usando il «voi» littorio, prescritto al posto del «lei». «Che classe?» diceva l'omone. «1903, classe di ferro!» sbraitava l'ometto. La nostra classe, la classe di Italo e mia, purtroppo, era il 1923, una classe che nel dilemma retorico posto dal regime «burro o cannoni» avrebbe scelto il burro (potendo, magari l'olio, dato che eravamo un ligure e un toscano), ma la libertà di risposta, di scelta, ovviamente, non fu concessa, come capita sempre con i dilemmi retorici. Il «Giovannino» che accudiva al «Cestino» commentava: «Conveniamone; la vignetta è pazza fino a un certo punto: anzi, se dovessi essere sincero, amico Iago, direi che è la più semplice, elementare, normale possibile. Ma a me ha fatto ridere». Si rideva con buona volontà in quei tempi in cui ci sarebbe stato i tanto poco da ridere perché, dopo aver tentennato un anno, l'Italia (Mussolini) aveva deciso di entrare in guerra, e le cose avevano cominciato subito ad andar male. Si tentava di ridere in tutti i modi. Le edicole pullulavano di fogli umoristici: il Bertoldo usciva due volte la settimana a Milano, e pure due volte usciva, mi pa re, il Marc'Aurelio a Roma. E a Roma usciva anche II Travaso delle idee, settimanale, come a Milano uscivano il Guerin me schino e II Settebello e a Firenze usciva il 420, eccetera. Insomma, c'era più di un foglio umoristico al giorno e i programmi di varietà affidati a comici famosi spadroneggiavano all'Eiar (la mamma della futura Rai), in teatro si affermava la rivista e al cinema furoreggiava, oltre ai film comici, l'avanspettacolo. Insomma, una gran smania di ridere ai lazzi di Macario, di Totò, dei fratelli De Rege e altri, come ai disegni e alle battute di Giovanni Mosca, Vittorio Metz, Giovannino Guareschi e tanti altri. Qualcosa di simile a quanto è accaduto nel 1991, come documentano le classifiche dei libri più venduti e dei film o dei programmi televisivi più visti e ascoltati. E ci sarebbe poco da ridere anche ai nostri tempi, con il Paese che va in malora e la coincidenza, forse, sarebbe da studiare meglio. Ma questa noterella è solo la segnalazione di un piccolo reperto, di una curiosità che riguarda un nostro grande scrittore. Alla confessione di Italo Calvino in quell'inverno (o autunno) del 1962 mi ero stupito, ma poi avevo sempre dimenticato di ricercare l'opera di Iago (o Jago, come viene indifferentemente scritto in questa o quella vignetta), ma quasi non esiste una collezione intera del Bertoldo nelle biblioteche pubbliche. Tanto per cominciare, perché era a sei pagine e le due di mezzo se le sono fregate tutte. Ora II Fogliaccio di Alberto Guareschi rimedia alla mia deplorevole pigrizia. Dice Giovannino Guareschi per la seconda parte del trittico Vignetta Radiofonica: «Amico Iago, abbiamo accusato il fiero colpo. Tuttavia non vacilliamo: mica siamo la Maginot, noi! Passiamo a presentarvi l'ultima vignetta della serie, ovvero la Vignetta Infame». La conclusione del «Cestino» è sempre simile. «Giovannino» è un maestro bonario, ma esigente: «In complesso sono contento di voi: cominciate a capire che i pezzi brevi si possono fare e benone. I disegnatori nicchiano un po': starei per dire che fanno leggermente schifo, in complesso. Ma non lo dico: io sono tanto buono, tanto ma tanto buono. A tutti: saluti cari. Anche questa volta ci siamo arrivati, in fondo. In gamba e teniamoci visti: faremo 4 chiacchiere da buoni amici». Il Bertoldo, ricorda Italo Calvino, «era un prodotto riuscito della nascente industria culturale milanese, puntando su ima linea di stilizzazione coerente e inconfondibile, sulla moder nità, rifinitura e leggerezza». Oreste del Buono LA 7I6NETTA INFAME Tre vignette di Calvino (firmate fogo) Le ripropone il figlio di Guareschi, -■Alberta, sul Fogliaccio

Luoghi citati: Firenze, Italia, Milano, Parma, Roma, Roncole Verdi