PIETROBURGO MAGICA di Ettore Lo Gatto

PIETROBURGO MAGICA PIETROBURGO MAGICA (i I sono dei saggi letteI rari che non riguardaI no le singole opere, un \ particolare autore o la prospettiva di un'epoca, ma esplorano la I geografia dell'anima. I Sono i più difficili da I scrivere perché richiedono una ricerca profonda ed estesa e notevoli qualità di stile, ma poi restano a lungo nella memoria del lettore. Qualche esempio? Il mito di Parigi di Giovanni Macchia, Il mito absburgico di Claudio Magris, Praga magica di Angelo Maria Ripellino e II mito di Pietroburgo di Ettore Lo Gatto. Il saggio dell'insigne slavista, scomparso ultranovantenne otto anni fa, uscì nel 1960 ed ora, in casuale coincidenza con il ritorno di Leningrado al nome originario, viene opportunamente riproposto nella Universale Economica Feltrinelli. Ma l'idea del libro era nata molto tempo prima, in occasione della prima visita di Lo Gatto a Leningrado nel 1929, suscitata dalla lettura di un saggio dello storico russo Anciferov, dal titolo suggestivo Realtà passata e mito di Pietroburgo (1924). La città, fondata da Pietro il Grande nel 1703 per creare un porto sul Baltico, crea il suo mito già nel '700 con la fortunata immagine di «finestra aperta sull'Europa», inventata da Algarotti nei Viaggi di Russia (1739), e poi riproposta da Puskin nel poema II cavaliere di bronzo (1833). E' un mito che si contrappone a quello di Mosca «terza Roma», nato nel '500 con Ivan IV il Terribile. La rivalità tra le due città dura nel tempo e s'identifica durante l'Ottocento nel contrasto ideologico tra occidentalisti e slavofili. La «Palmira del Nord», nata sulle paludi finniche, costruita da architetti italiani, tedeschi, francesi e olandesi, scopre la sua ambigua bellezza, né europea né asiatica, nella mescolanza di stili, dal gusto rococò e barocco di Rastrelli sotto la zarina Elisabetta a quello neoclassico di Quarenghi sotto Caterina II. Città illusoria, luogo adatto alla vita come miraggio e finzione, Pietroburgo trova la sua espressione letteraria più esemplare nella Prospettiva Nevskij di Gogol. La strada regina della capitale non è soltanto un luogo d'incontro ma «l'unico posto dove la gente non si mostra per necessità, dove non è spinta da quell'interesse mercantile che coinvolge» gli altri quartieri. «Città fastosa, città povera, spirito di schiavitù ed aspetto armonioso», così la definisce Puskin nel 1828 e questa contraddizione tra ricchezza e miseria, servitù e bellezza pare un'eredità del suo creatore, quel Pietro il Grande visto ora come incarnazione dell'Anticristo ora come «costruttore taumaturgo». Con Fisiologia di Pietroburgo (1844-45) di Nekrasov e Belinskij la città diventa formicaio e labirinto, galleria di personaggi miserabili o straccioni, suonatori d'organetto, venditrici di frittelle, strozzini e bambini mendicanti. A questo immenso serbatoio attingerà Dostoevskij per creare le sue storie di Povera gente, popolate da figure di sognatori, ubriachi e pazzi che vagano senza scopo per le strade. La città iperborea delle «notti bianche» diventa sotto la sua penna «la più prosaica e insieme la più fantastica città del mondo», come la definirà nel romanzo L'adolescente. Con l'inizio del '900 la città si frantuma in schegge fulminee di immagini nella poesia dei simbolisti, diventa un formicolante e allucinato tea*tro per le zingare, le prostitute e i diavoletti di Blok o per le stralunate marionette del romanzo Pietroburgo (1913) di Belyj. Il mutamento del nome - che diventerà Pietrogrado nel 1914 e, dopo la rivoluzione e il trasferimento della capitale a Mosca, Leningrado nel 1924 coincide con la fine del mito, un mito che lentamente trascolora, come «la luce grigioazzurra, vagamente artica - ha scritto Carlo Casalegno -, sembra spegnere i colori troppo vivi in una leggerezza di pastello». Come Praga, Vienna e Parigi, Pietroburgo è soprattutto un luogo letterario, uno spazio metafisico più che reale, dove le geometrie architettoniche dei palazzi celano un sottosuolo stregato, abitato dai fantasmi degli operai che ci hanno lasciato le ossa. Massimo Romano Ettore Lo Gatto Il mito di Pietroburgo Feltrinelli pp.285.L. 18.000